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(Ansa)
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Da Israele all'Italia, storie di bambini contesi

La Rubrica - Lessico Familiare

Di chi è questo bambino?

Immaginate di appartenere alla schiera, sempre più folta, delle coppie che ricorrono alla fecondazione in vitro per coronare il sogno di diventare genitori.

Vi recate, pieni di speranza, nella clinica preposta e vi sottoponete a tutto l’iter richiesto fino all’impianto dell’ovulo fecondato.

L’ecografica vi dice che siete finalmente incinta (e non c’è avverbio più dolce per chi ha dovuto subìre la frustrazione lacerante di non riuscire a concepire naturalmente un figlio) senonché, dai primi test biologici, emerge che quel bambino non è geneticamente compatibile con i futuri genitori (mamma e papà). E quindi? Errore fu.

Se poi il fatale scambio accade in Israele le cose si complicano terribilmente.

Già perché nello Stato ebraico la maternità surrogata, con gli ovuli di altra donna, è legale solo se i genitori biologici esprimono il proprio consenso. Altrimenti il figlio è di questi ultimi.

La clinica degli ‘errori’ (o degli orrori), vicino a Tel Aviv, è una delle più grandi e moltissime sono le coppie che quotidianamente si sottopongono a fecondazione. I vertici di questa clinica, temendo una causa plurimilionaria che faccia letteralmente saltare per aria l’intera struttura, si è precipitata davanti ai Giudici affinché ordinassero alla futura mamma test genetici, istituendo contemporaneamente una commissione interna per cercare di capire a chi appartenga il bambino, chi fossero insomma gli inconsapevoli donatori.

Ad oggi ancora non si sono trovati ma la partoriente non è affatto salva perché si è creato il classico caso non regolato dalla legge, un vulnus che obbligherà i giudici a prendere una posizione e stabilire di chi è il nascituro.

I più, stuzzicati dal luogo in cui la vicenda avviene, hanno evocato l’immagine biblica di re Salomone che, come narra il Libro dei Re, di fronte alle due mamme che reclamavano il medesimo figlio, ha issato la spada ordinando di tagliare in due il pargolo e di consegnarne metà a ciascuna.

A quel punto una delle donne, sconvolta, si gettava in lacrime ai piedi di Salomone implorando di salvare il bambino e di consegnarlo all’altra donna, così dimostrando di essere la vera madre.

Parabola, questa, non replicabile oggi dacché i giudici israeliani non hanno spadoni ma dovranno far capo alla legge e decidere dando priorità all’identità biologica del feto o al legame creatosi con la gravidanza.

A seconda che la lancetta si orienti sull’uno o sull’altro elemento, quella che verrà indicata sarà la madre legalmente idonea a crescere il bambino.

Non chiedetemi per chi parteggio perché, nell’uno o nell’altro caso, una delle due coppie genitoriali si sentirà derubata di un figlio e non vorrei proprio immedesimarmi in loro o nei giudici che dovranno assumere la decisione.

L’unica speranza è che non si trovino i ‘proprietari’ dell’ovulo erroneamente impiantato alla donna sbagliata e che quest’ultima possa tenerlo e amarlo in barba all’identità biologica, come peraltro ha dichiarato di voler fare (e non vi è dubbio che ormai lo senta ‘suo’).

Un caso analogo potrebbe accadere in Italia?

Ma Signori, siamo nel Belpaese, ovvio che sì, ed infatti la cronaca ne registra plurimi, senonché lo stato dei nostri ospedali è tale che mai è sorta una vera e propria contesa del figlio in questione (visto che- a quanto pare - i genitori biologici non sono mai stati trovati nei casi che ho letto negli archivi di stampa), solo cause risarcitorie contro le strutture ospedaliere (di cui ignoro l’esito), intentate dai genitori che hanno portato a termine la gravidanza.

Quando e se accadrà è verosimile che la famosa lancetta di cui ho accennato sopra si orienti verso la partoriente perché da tempo è stato attribuito una sorta di privilegio al c.d. favor legitimitatis, ossia al legame tra la famiglia che cresce il figlio, rispetto al favor veritatis, ossia all’identità biologica.

In questo senso è intervenuta la Legge n. 154/2013 disponendo che, trascorsi cinque anni dalla nascita, i padri non possano chiedere il disconoscimento del figlio non loro, anche se scoprissero di essere stati traditi o affetti da impotenza a generare.

Ma ora vediamo un po' come la risolveranno in Israele questa ‘grana’ e poi vedremo.

Un tempo si diceva, che con la crescita dei figli si amplificavano i problemi in funzione dell’età di questi.

Così è anche con il progresso scientifico: più questo si evolve, più complesse diventando le questioni che la legge è chiamata ad affrontare.

info: missagliadevellis.com

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Daniela Missaglia

Avvocato matrimonialista e cassazionista, è specializzata in Diritto di famiglia e in Diritto della persona. Grazie alla sua pluridecennale esperienza è spesso ospite in trasmissioni televisive sulle reti Rai e Mediaset. Per i suoi pareri legali interviene anche su giornali e network radiofonici. Info: https://www.missagliadevellis.com/daniela-missaglia

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