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(Ansa)
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In-Giustizia di Stato

Un deputato scrive al Ministro Bonafede riproponendo il tema lanciato da Panorama anni fa, quello del risarcimento dell'ingiusta imputazione

Enrico Costa, deputato di Azione, rilancia un'iniziativa di legge che nasce da una copertina di Panorama. Il 10 febbraio 2016, quella copertina sosteneva: «Se lo Stato ti assolve, deve pagarti l'avvocato». È un istituto giuridico che si chiama «risarcimento dell'ingiusta imputazione», ed esiste in moltissimi Paesi europei. In Italia non è così. È per questo se, nel nostro Paese, chi viene imputato di un reato e ne viene assolto, di solito dopo tanti anni e anche se con formula piena, deve comunque pagare gli avvocati di tasca sua.



Di quella proposta, nella scorsa legislatura, s'era impadronito Gabriele Albertini, che in Senato aveva raccolto oltre 130 firme sulla sua proposta di legge, che era stata discussa con fatica in commissione Giustizia ma non era mai riuscita ad arrivare all'aula. Ora Costa ci sta riprovando. Ecco la lettera aperta che ieri ha scritto al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.

Gentile ministro della Giustizia,

insieme ai colleghi di Azione e di +Europa ho presentato un emendamento alla legge di bilancio che confido possa essere accolto del Governo e da un'ampia base parlamentare.

Sono ottimista, perché si tratta di un'idea di buonsenso, sganciata da ogni profilo ideologico. Proponiamo che nel processo penale, in caso di proscioglimento o di assoluzione con formula piena, le spese legali non restino a carico dell'imputato, ma siano ristorate - entro certi limiti - dallo Stato. Da quello Stato che ha esercitato la propria pretesa punitiva, sottoponendo la persona al lungo, defatigante e spesso umiliante calvario delle indagini e del processo. Oggi, chi riesce a dimostrare la propria assoluta estraneità al reato o l'insussistenza di qualunque fatto di rilevanza penale, non solo deve sopportare il peso del processo (che di per se è una pena), ma anche quello delle spese necessarie per difendersi. E questo non è giusto.

E non è considerato giusto in 28 (ventotto!) Stati in cui sono previste, pur con accezioni diverse, forme di ristoro delle spese legali a beneficio del soggetto assolto con una formula ampiamente liberatoria (Albania, Austria, Bosnia- Erzegovina, Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Moldavia, Monaco, Montenegro, Norvegia, Polonia, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Turchia e Ungheria). Nel processo civile il pagamento delle spese di giustizia segue la regola della soccombenza. Nel vigente sistema penale, prevedere la rifusione delle spese processuali per l'imputato assolto con formula piena, sarebbe rispettoso di princìpi fondamentali sanciti dalla Costituzione.

Il principio enunciato dell'articolo 2, in base al quale la Repubblica riconosce e garantisce a ciascuno i propri diritti, senza ostacolarli o «farli pagare» indebitamente. L'articolo 24, che definisce il diritto di agire e difendersi in giudizio un diritto fondamentale, un tratto caratterizzante della nostra forma di Stato, il quale non può tollerare di essere «tassato» o condizionato in maniera irragionevole.

L'articolo 27, che collega la pena a un accertamento di colpevolezza, il quale mostra con ogni evidenza i suoi limiti laddove l'imputato, pur scagionato con formula piena, si trovi di fatto sanzionato, perché costretto a pagare un'ingente somma pecuniaria che, per entità, di poco differirebbe da multe o ammende. L'articolo 111, relativo ai diritti e alle situazioni giuridiche che nel complesso delineano il giusto processo e precludono la persistente vigenza di questo «privilegio della parte pubblica». Questa eccezionalità del processo penale appare del tutto priva di ragionevolezza e quindi in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione.

Non si comprende, infatti, perché la parte pubblica, ove soccombente, non possa essere chiamata a rifondere le spese processuali, almeno nel caso di assoluzione con una formula ampiamente liberatoria.

Come potrà osservare, signor ministro, si tratta di una proposta di equità, costituzionalmente fondata, senza accenti ideologici, presentata da forze politiche di opposizione in chiave costruttiva. Siamo certi che potrà prenderla in considerazione. Sarebbe un gesto molto significativo

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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