Conclave: il papa americano
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Conclave: il papa americano

Compatto come mai prima, l’episcopato del Nuovo continente vuole giocarsi la partita per l’elezione del Pontefice

Sono già stati definiti i «legionari di Cristo» del Terzo millennio. Sono gli Araldi del Vangelo, movimento tradizionalista che, partito dal Brasile negli anni Novanta, sotto la protezione della Madonna di Fatima, ha colonizzato Nord America ed Europa e ha meritato una menzione speciale di Benedetto XVI nel suo ultimo libro-intervista con Peter Seewald, Luce del mondo, oltre a una visita del Pontefice in occasione del suo viaggio in Brasile nel 2007.

Senza clamori, e cercando di tenere ottimi rapporti con tutto l’establishment della curia vaticana, gli Araldi del Vangelo si sono fatti strada, grazie anche a potenti mezzi finanziari e a un fiorire di vocazioni per il loro ramo sacerdotale (la Società clericale Virgo Flos Carmeli): due aspetti a cui i cardinali sono sempre molto sensibili.

Nel conclave che si prepara a eleggere il successore di Joseph Ratzinger gli araldi puntano al ruolo di king maker, nascosti e potenti, più di tanti altri movimenti che pure hanno un peso riconosciuto (Comunione e liberazione, Focolari, Sant’Egidio, Neocatecumenali).

Uno dei papabili più in ascesa, il cardinale di San Paolo del Brasile Odilo Pedro Scherer, è fra gli entusiasti sostenitori del movimento: presenzia spesso alle loro ordinazioni sacerdotali, ha offerto loro spazio e visibilità nella cattedrale di San Paolo. Scherer, brasiliano di origine tedesca, membro della commissione di vigilanza dello Ior (l’Istituto per le opere di religione, comunemente definito come la banca vaticana), è il candidato di punta del cardinale Giovanni Battista Re. Il porporato bresciano avrà in mano la regia delle operazioni di voto nella Cappella Sistina perché il decano, Angelo Sodano, resterà fuori dal conclave avendo più di 80 anni. E Re non nasconde le proprie simpatie per Scherer, con il quale ha lavorato diversi anni presso la Congregazione per i vescovi. Sul brasiliano sarebbero pronti a convergere lo stesso Sodano e Tarcisio Bertone. Un candidato perfetto, almeno a prima vista: sudamericano, fedele alla tradizione come Ratzinger e gradito alla curia.

Non ci sarà da stupirsi, allora, se nelle prossime settimane in piazza San Pietro sembrerà di essere tornati al Medioevo, con dame e cavalieri che appaiono usciti dai libri di storia: gli araldi, infatti, sono soliti vestire un’uniforme bianca e marrone che ricorda fogge medioevali. Ma non tutto è così semplice: bisognerà fare i conti con un episcopato americano che è sempre più compatto da Nord a Sud e non ha alcuna intenzione di prestare il fianco ai giochi di curia.

È stata ormai superata la frattura tra l’episcopato del Nord e quello del Sud America, complice anche la crescita dei fedeli ispanici nella Chiesa cattolica statunitense, che presto saranno la metà dei fedeli degli Stati Uniti. Sempre più spesso i seminaristi Usa vanno a studiare in Messico, per imparare lo spagnolo. E i legami fra i porporati del Nord e del Sud sono ormai strettissimi, di vera e propria amicizia. I cardinali yankee più popolari al Sud sono il cappuccino Sean Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston, e Timothy Dolan, arcivescovo di New York, a cui si aggiunge il canadese Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, che è stato missionario in Colombia. I porporati latinos più apprezzati al Nord sono l’honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga e il peruviano Juan Luis Cipriani Thorne, che vengono invitati spesso anche nelle riunioni e nelle celebrazioni promosse dall’episcopato statunitense.

Il blocco dei 33 elettori americani rappresenta dunque il principale contrappeso al gruppo dei 38 «gattopardi» curiali, molti dei quali italiani, che in gran parte sognano che tutto cambi affinché nulla cambi nei Sacri palazzi.

Per questo gli americani non vedono di buon occhio la candidatura Scherer, che appare troppo legata ai «gattopardi», e puntano a una soluzione diversa, come quella del canadese Ouellet o del cappuccino O’Malley. Oppure, in terza battuta, sull’anziano gesuita Jorge Mario Bergoglio (arcivescovo di Buenos Aires, 76 anni). I rottamatori americani sentono che può essere arrivato il momento perché il pontificato attraversi l’oceano. È il primo «conclave atlantico» della storia e gli europei sono in affanno.

Gli araldi, nel frattempo, hanno intessuto buoni rapporti anche con il cardinale canadese Ouellet. Ma, allo stesso tempo, si sono fatti apprezzare pure dal cardinale sloveno Franc Rodé e dall’argentino Leonardo Sandri, definito il «più italiano dei curiali», che ha seguito l’iter dell’approvazione dello statuto degli araldi nel 2001, quando era sostituto alla segreteria di Stato.

Nel resto d’Europa gli araldi sono legati, fra gli altri, all’arcivescovo di Madrid, Antonio Maria Rouco Varela. L’appoggio di questi nuovi cavalieri della fede dunque è trasversale e si avverte in vista del conclave. Ma l’elezione del nuovo Pontefice potrebbe rivelarsi più complicata del previsto e i tempi si vanno allungando. Maradiaga e Cipriani, con l’appoggio degli yankee, hanno chiesto più trasparenza e pulizia nella Chiesa, insieme con una decisa riforma della curia. Vogliono sapere cosa c’è scritto nel rapporto di inchiesta dei tre cardinali incaricati dal Papa. Lo stesso hanno domandato l’arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn, e il tedesco Walter Kasper. I porporati giunti da lontano desiderano vedersi e discutere insieme. Così i «gattopardi» perdono terreno e sperano nell’aiuto degli araldi. Ma i cavalieri del Terzo millennio giocano in proprio. Il «conclave atlantico» è anche nelle loro mani.

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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