Conclave - il diario - 4 Marzo
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Conclave - il diario - 4 Marzo

Dal finto vescovo al "giallo" del cardinale vietnamita - tutto sulle dimissioni del Papa - i favoriti al Conclave -

La prima giornata delle congregazioni generali (la riunione di tutti i 207 cardinali che precede il conclave) si apre tra l’ilarità di fotoreporter e cameramen: un finto vescovo, vestito in modo approssimativo e accompagnato da due falsi preti, riesce a introdursi nella Città del Vaticano e cerca di farsi strada verso l’aula del Sinodo che ospiterà l’assemblea dei cardinali. Ma viene fermato dalle guardie svizzere e resta per un po’ in posa, sotto i flash dei fotografi.

I cardinali arrivano alla spicciolata, pochi minuti prima delle 9.30, in auto o a piedi e passano accanto alla ressa di giornalisti e telecamere, sembra di stare sulla Croisette del Festival di Cannes. I giornalisti e gli operatori dei media accreditati sono oltre 4.300. Alcuni cardinali si fermano a scambiare qualche parola con i cronisti. Ma i “papabili”, da Angelo Scola a Marc Ouellet, da Odilo Pedro Scherer a Peter Erdo preferiscono tirare dritto, senza fermarsi e forse, con questo gesto, tradiscono le loro ambizioni. Disarmante e solare il sorriso del filippino Luis Antonio Tagle, che i media vorrebbero papa; serio, come sempre, il cappuccino americano Sean Patrick O’Malley.

Giunti nell’aula del Sinodo i cardinali si siedono nei posti assegnati, trovano una cartella con il nome e “l’Ordo rituum conclavis”. Scambiano qualche parola tra loro, alcuni si abbracciano affettuosamente, altri hanno il volto teso, concentrato: l’honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga sfoglia con attenzione l’Ordo del conclave mentre Ouellet discute con l’arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo. I cardinali presenti sono 142, dei quali 103 elettori. Mancano all’appello 12 porporati votanti, tra questi il cinese John Tong Hon, atteso nelle prossime ore, e il vietnamita Jean-Baptiste Pham Minh Man del quale, al momento, non si hanno notizie. Ma il portavoce della Santa Sede, Federico Lombardi, assicura che non gli risultano problemi al riguardo.

Puntuale arriva la presidenza: il cardinale Angelo Sodano, con accanto il segretario del collegio dei cardinali, Lorenzo Baldisseri, e il camerlengo Tarcisio Bertone. Per i cardinali è disponibile la traduzione simultanea. Si comincia con una preghiera: “Veni sancte spiritu” e, a seguire, l’“Adsumus”. Quindi prende la parola il cardinale Sodano per una breve introduzione e alcune spiegazioni pratiche. Vengono eletti i tre assistenti del cardinale Bertone per la congregazione particolare, che si occuperà delle questioni pratiche e organizzative del conclave: sono i cardinali Giovanni Battista Re, Crescenzio Sepe e Franc Rodé.

Quindi si passa al giuramento di segretezza dei cardinali: Sodano legge la formula in latino ( “Nos Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinales ordinis Episcoporum, Presbyterorum et Diaconorum, promittimus, vovemus et iuramus nos universos et singulos ad amussim fideliterque observaturos esse cuncta, quae in Constitutione Apostolica « Universi Dominici Gregis » Summi Pontificis Ioannis Pauli II continentur atque secreto contecturos esse religiose omnia quae ad electionem Romani Pontificis quomodolibet pertinent, vel ex eorum natura, Sede Apostolica vacante, idem secretum postulent”) e i porporati, uno alla volta, si alzano, vanno al tavolo della presidenza, posano la mano sul Vangelo e pronunciano: “Et ego N. Cardinalis N. spondeo, voveo ac iuro. Sic me Deus adiuvet et haec Sancta Dei Evangelia, quae manu mea tango”).

Terminato il giuramento, alle 11.15 arriva il momento del “coffee-break”, con un buffet allestito presso l’Aula Paolo VI, sotto l’imponente Cristo crocifisso dello scultore Pericle Fazzini. Proseguono i discorsi e i conciliaboli tra i porporati. E’ più facile decidere il papa tra un cornetto e un cappuccino, piuttosto che seduti in aula. Alle 11.45, puntuali, tutti di nuovo in aula. E cominciano le prime schermaglie: intervengono 13 cardinali. I discorsi sono segreti ma, a quanto trapela, uno dei problemi principali che traspare sullo sfondo, è quello della data dell’inizio del conclave. I curiali e gli italiani puntano a far presto, i cardinali che arrivano da fuori e vogliono capire meglio cosa è accaduto nei mesi scorsi in Vaticano, chiedono più tempo. Alle 12.30 tutti a casa per il pranzo.

I porporati lasciano il Vaticano, a piedi o in auto, qualcuno si ferma a parlare con cronisti: l’obbligo dei segreto vale infatti per gli interventi in aula, ma non per le riflessioni personali. Il sudafricano Wilfrid Fox Napier e l’arcivescovo di Siviglia, Carlo Amgo Vallejo sono tra i più loquaci. Alle 14, al pontificio collegio nordamericano, situato in uno dei punti più belli e panoramici del colle del Gianicolo, i cardinali statunitensi, Francis George di Chicago e William Wuerl di Washington tengono un’affollatissima conferenza stampa. Sono arrivati a Roma con una squadra di portavoce, capeggiati da una suora, Mary Ann Walsh e sembra che non abbiano voglia di lesinare interviste e di far sentire la propria voce. Un giornalista chiede: “Quanto durerà il conclave?”. Risponde George: “Occorre del tempo per formare il consenso su un nome. La Chiesa ha bisogno di tempo”. Alla richiesta se Sodano, decano del collegio di cardinali, in questo conclave giocherà il ruolo avuto da Ratzinger otto anni fa, la risposta di Wuerl è tagliente: “Sono diversi. Ratzinger è un teologo, un grande studioso; Sodano è un diplomatico, è molto preciso ed esperto dal punto di vista organizzativo. Abbiamo iniziato e finito in orario”.

Nel pomeriggio, alle 17, si tiene la seconda congregazione generale: i cardinali ascoltano la meditazione preparata dal predicatore della Casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa. Ma in serata in “conclave” prosegue a cena, nelle case private e negli istituti religiosi, ma anche in qualche ristorante di Borgo Pio, accanto a san Pietro. Intanto, alle 19.30 una ressa di fotografi attende l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schoenborn, allievo di Ratzinger, presso la basilica di san Bartolomeo all’isola Tiberina dedicata ai martiri e ai testimoni della fede del XX e XXI secolo. E’ una celebrazione organizzata dalla comunità di sant’Egidio per la consegna di una reliquia (una piccola croce) della beata suor Maria Restituta Kafka, uccisa nel 1943 dai nazisti.    

Accolto come una star tra microfoni, telecamere e flash dei fotografi (qualche cronista, nella confusione generale, finisce anche a terra), il cardinale di Vienna preferisce non dire neanche una parola. Conclude però l’omelia, in italiano, con una frase significativa: “I martiri vanno sempre via da soli, come Gesù, per indicare una strada e un modello di vita”. Forse una velata, ma non troppo, allusione a Benedetto XVI, il suo maestro.

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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