Che cosa succede con Ingroia in Guatemala
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Che cosa succede con Ingroia in Guatemala

Prima sì, poi no, poi la conferma ufficiale: i retroscena della sofferta decisione del magistrato palermitano. Che ripercorre le orme di Caselli con il caso Andreotti.

Nino Di Matteo, Lia Sava, Francesco Del Bene e Paolo Guido non sono più dei ragazzini, ma si sentono lo stesso orfani. Più o meno come quei pm che Gian Carlo Caselli, nell’aprile del ’99, lasciò alla vigilia della sentenza Andreotti. Antonio Ingroia va a caccia di crimini rimasti impuniti nella guerra civile del Guatemala e i colleghi del suo pool dovranno così continuare da soli le inchieste sulla trattativa Stato-mafia, su Marcello Dell’Utri, sul presidente del Senato, Renato Schifani, affrontando anche il conflitto di attribuzioni sollevato dal presidente della Repubblica. Sotto sotto temono anche la questione di competenza territoriale, che potrebbe scippare loro la madre di tutte le indagini: perché la trattativa vede pur sempre le stragi come punto di arrivo e di partenza. E Palermo sulle stragi non può indagare.

Di Matteo si è già occupato di quei fatti quando era pm a Caltanissetta e seguì i primi due processi Borsellino. Abituata agli attacchi anche Sava, che, appena atterrata a Palermo dalla natia Bari, ebbe il battesimo del fuoco col suicidio del giudice sardo Luigi Lombardini, coinvolto nel sequestro di Silvia Melis. Tipo tosto anche Guido, cosentino, che non ha firmato la conclusione delle indagini sulla trattativa. Nonostante le pressioni e la fretta di Ingroia, che voleva chiudere tutto prima dell’annuncio della sua partenza per il Guatemala.

La relativa calma che il procuratore aggiunto manifestava fino ad alcuni mesi fa (e che fu «intercettata» dalle anticipazioni di Panorama) e poi l’improvvisa accelerazione del trasferimento sono state dettate dai tempi dell’agenda politica. È in vista della sua discesa in campo che Ingroia ha fretta di andare e di tornare: con ogni probabilità, infatti, a primavera si candiderà alle politiche, dopo l’esperienza con l’Onu, che lo «depurerà» dalle scorie palermitane e gli frutterà uno stipendio mensile oscillante fra 15 e 20 mila dollari. Ma il Csm si è spaccato sull’autorizzazione al collocamento fuori ruolo.

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Riccardo Arena