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(Ansa)
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Che cosa c’è di buono (e cosa no) nella riforma della scuola

È stato pubblicato il documento che traccia le linee guida della scuola che verrà per infanzia, primaria e medie. Ecco un primo bilancio che, provando a scansare le polemiche, cerca quel che c’è di buono perché, tanto o poco che sia, nelle nostre aule si dovrà partire da lì.

153 pagine di documento ministeriale pubblicato – come si legge – per il dibattito pubblico. Questo è quanto il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha dato in pasto all’opinione pubblica in queste ore, scatenando dispute che non cesseranno a breve. Andando controcorrente e investendo due cents su ciò da cui bisognerà partire per impostare didattica, programmazione e la futura scelta dei manuali, ecco gli assi portanti su cui muoversi.

Le premesse sono alte: diverse citazioni da Omero, dal mondo latino e dalla Bibbia, sia nel testo che in nota, e alcune parole chiave per ribadire alcuni concetti quali la necessità di un patto tra scuola e famiglia, il rispetto dei ruoli nell’educazione, l’importanza del docente inteso come maestro – in attesa di riconoscimenti altri rispetto alle buone intenzioni e alle belle parole - la relazione come elemento decisivo nella quotidianità scolastica. Sempre nella prima parte, il documento – che si presenta generalmente come un saggio critico orientato e con un’impronta identitaria chiara più che come il consueto materiale ministeriale e istituzionaledi cui prendere atto il documentoinveste sulla cura del Pianeta, sulla scrittura a mano,sull’apertura con riserva alla tecnologia dell’intelligenza artificiale, sull’importanza dell’inclusione che deve proseguire il suo percorso pedagogico, educativo e culturale.

Si passa poi all’analisi specifica dei livelli scolastici: infanzia, primaria e secondaria di primo grado (le medie, insomma) entrando nello specifico tra obiettivi, discipline insegnate, metodologie, indicazioni di programma.

Di buono c’è dopo quindici anni si torna a parlare della scuola che si fa in aula.

Di meno buono c’è che questo documento è già stato semplificato e ridotto alla polemica di giornata.

Di buono c’è che tutto questo materiale sarà ora sottoposto a una fase di consultazione.

Di meno buono c’è che le linee guida come queste dovrebbero essere accompagnate da una riforma più ampia che al momento manca: pensando alla lingua inglese, per fare un esempio, è evidente che parallelamente alla riforma di obiettivi e traguardi, dovranno aumentare - e sensibilmente - le ore dedicate a questa disciplina fin dalla scuola primaria.

Di buono c’è che pare passata l’infatuazione per la tecnologia intesa come elemento unico in grado di parlare alle generazioni sui banchi.

Di meno buono c’è quella pagina 69, dedicata alla Storia, che risulta acuminata, spigolosa, poco argomentata, divisiva, mentre la scuola deve fare proprio l’opposto.

Di buono c’è che alcune buone pratiche, come lo studio a memoria, sono svincolate da ciò che si condanna col termine “nozionismo e non vengono messe alla berlina, restando invece a disposizione dei docenti. Lo stesso dicasi per la scrittura a mano, un fondamento della scuola italiana sempre meno coltivato per abbandono e incuria, e così per l’attenzione al corsivo, che sta finendo male ancora più in fretta di quanto accade alla scrittura con carta e penna.

Di meno buono c’è l’ormai noto inserimento del latino, non obbligatorio, certo, ma sfuocato in un ciclo di studi che invece deve restare ancorato al realismo che guarda alla costituzione delle fondamenta, senza anticipare complessità altre e specificità che avranno modo di essere trattate da chi in seguito vorrà e potrà.

Di buono ci sono diversi spunti applicativi che risulteranno utili quando si tratterà di portare in classe maggiore interdisciplinarietà, un’educazione civica meno aliena rispetto alle altre discipline, il dialogo tra le materie, anche tra le più distanti.

Ci saranno gli entusiasti di un certo rigore promesso e richiesto: saranno rimotivati e rincuorati. Ci sarà chi penserà che non ci siamo proprio, ma poiché “anche in un naufragio si deve mangiare”, anche in questo caso toccheràa ogni singolo docente mettersi al lavoro nella propria aula, in cattedra, coi suoi. E come sempre, chiudendo la porta della propria aula, si darà vita alla scuola più vera, quella fatta di cuore edemozioni, testa e saperi, occhi e dialogo prima che di linee guida e polemiche annesse.

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Marcello Bramati