La politica difende il Capitano Ultimo
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La politica difende il Capitano Ultimo

Dopo la denuncia di Panorama ecco le reazioni alla mancata promozione del carabiniere noto per l'arresto di Totò Riina

di Enrico Fedocci

Il senatore Carlo Giovanardi ha anticipato che presenterà interrogazione parlamentare, l'onorevole Nino Germanà dell'Assemblea Regionale siciliana ha espresso solidarietà a capitano Ultimo e ha inviato al Comandante Generale dell'Arma una richiesta di spiegazioni sui motivi che hanno indotto il Comando Generale a non consentire al colonnello Sergio De Caprio di essere preso in considerazione per la promozione a generale, come avvenuto per tutti i suoi compagni di corso. Non si quietano le polemiche per la notizia pubblicata da Panorama sullo stop alla carriera dell'eroe antimafia. L'ufficiale, famoso per l'arresto di Totò Riina, ora vicecomandante del Noe, non può passare di grado per un cavillo. Non ha retto l'incarico di comandante provinciale e quindi è escluso dall'avanzamento di carriera. Eppure, se l'Arma lo avesse trasferito al Ros, Reparto in cui Ultimo ha lavorato per anni all'inizio della carriera, avrebbe maturato i titoli puramente formali per il passaggio di grado, poiché l'incarico è equipollente a quello di comandante provinciale. La parola quindi passa alla politica che vuole vederci chiaro: il senatore Giovanardi, Capogruppo del Nuovo Centrodestra in commissione Giustizia, sta preparando in queste ore il testo dell'interrogazione, i deputati siciliani ringraziano Ultimo per ciò che ha fatto per la loro regione. E il dibattito non si ferma.

LEGGI LA LETTERA AL GEN. GALLITELLI
Spett. Comandante Generale dell'Arma
Dei Carabinieri
Gen. C.A. Leonardo Gallitelli

Mi rivolgo a Lei da italiano, da cittadino siciliano prima ancora che da deputato della Regione, per chiederLe delucidazioni circa la mancata promozione del vice-comandante del Noe alla carica di Generale. Con estremo stupore ho appreso a mezzo stampa, appena qualche giorno fa, che il colonnello De Caprio non sarebbe munito dei requisiti necessari per essere ammesso all'avanzamento, poiché assenti dal suo curriculum i due anni trascorsi a capo del Comandando Provinciale, essenziali per ottenere il riconoscimento. Risulta agli atti che alcuni dei compagni di corso del Colonnello abbiano acquisito il nuovo status, altri invece non sono riusciti a conseguire l'obiettivo. La nota dolente afferisce all'estromissione a priori del De Caprio, il cui avanzamento non sarebbe mai stato neanche preso in considerazione per le ragioni curriculari di cui sopra.

E' evidente, Egregio Generale, che il cursus honorum del colonnello sia costellato di successi e di questi è nostro precipuo dovere rendergli merito in ogni modo possibile.

Se esistono eroi moderni, colui le cui gesta sono note non solo in ambiti istituzionali e ai componenti dell'Arma, ma all'Italia tutta che ne ha conosciuto lo spessore morale e professionale, il coraggio e l'integrità con cui ha portato avanti battaglie contro nemici dello Stato, rientra certamente tra questi. La nostra storia nazionale ha già assistito a numerose ingiustizie che non hanno consentito ad encomiabili personaggi di veder premiato il loro valore. Figure che per la legalità e la difesa del Paese hanno lottato e operato finanche pagando con la vita, contro mostri che si chiamano terrorismo, Cosa Nostra, delinquenza e macrocriminalità.

Non possiamo, con coscienza, lasciare che la vicenda si ripeta e che la meritocrazia venga scalzata dalla burocrazia. Che lo spessore di un professionista del calibro di De Caprio sia umiliata da graduatorie e protocolli.

Tanto più che, già da tempo, il Colonnello pare avesse fatto richiesta di essere trasferito nuovamente al Ros per poter proseguire la lotta contro i nemici dello Stato e questa autorizzazione, proprio dal Comando Generale dell'Arma, gli sarebbe stata negata. Laddove la richiesta avesse trovato accoglimento, Egli avrebbe potuto maturare quei diritti essenziali per la nomina a Generale che oggi gli si preclude.

Dunque, se è vero come è vero che le medaglie si conquistano sul campo, ritengo siamo tutti concordi nel sostenere Egli ne abbia cucite sul petto a sufficienza per poter ambire a quell'avanzamento che oggi gli è interdetto.
Nelle mie vesti di siciliano, da italiano fiero di eccellenze come De Caprio e non ultimo da rappresentante istituzionale di un'Isola che tanto ha beneficiato dei nobili servigi del Colonnello, ritengo mio dovere non soltanto richiederLe ulteriori chiarimenti a riguardo ma altresì sollecitarLa a considerazioni sul merito che non ritengo possano essere messe da parte.
on. Nino Germanà

Testo sottoscritto dagli onorevoli
Francesco Cascio(ex presidente dell'ARS )
Vincenzo Vinciullo
Vincenzo Fontana
Piero Alongi
Giuseppe Milazzo
Nino D'Asero

- Questo l'articolo di Panorama su Ultimo in edicola dal 16 gennaio

Quando a 24 anni d’età lui arrestava latitanti mafiosi nelle masserie della Sicilia, decapitava il vertice di Cosa nostra, dimostrava con la «Duomo connection» l’infiltrazione mafiosa nell’amministrazione comunale milanese, i suoi colleghi erano pressoché sconosciuti in piccoli reparti, oppure al Comando generale dell’Arma, seduti dietro a una scrivania. Tuttavia, molti di quegli stessi colleghi, compagni di corso all’Accademia militare, ora sono stati promossi al grado di generale. Lui, che ha appena concluso l’inchiesta sul traffico di rifiuti a Roma, no. Anzi, per dirla tutta, lui non è stato neanche valutato. Ma al colonnello Sergio De Caprio, alias capitano Ultimo, di far karriera (quella con la k, come direbbe lui) poco importa. Eppure, volendo non considerare la proverbiale umiltà dell’eroe antimafia, condannato a morte dalla Cupola per l’arresto di Totò Riina, dovrebbe fare notizia che un’amministrazione dello Stato come l’Arma dei carabinieri non abbia a cuore di valorizzare il vero erede del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e certamente uno tra i migliori investigatori che la Benemerita abbia avuto negli ultimi 30 anni.

De Caprio, che ha dovuto subire perfino l’onta di essere processato su iniziativa della Procura di Palermo per la mancata perquisizione del covo di Riina uscendo immacolato dal procedimento, non fa parte di alcun «cerchio magico» o di cordate all’interno dell’Arma. Lui preferisce la strada e le indagini fatte sul territorio. Buono in Parlamento per essere candidato a presidente della Repubblica (alla scorsa elezione ha preso nove voti), ma non per passare di grado.

Ma perché tra i compagni di corso del colonnello De Caprio alcuni sono stati promossi, altri magari non ci sono riusciti, ma lui non è stato neanche preso in considerazione? Un cavillo. Un cavillo secondo cui, per essere ammessi all’avanzamento, è necessario avere ricoperto per due anni l’incarico di comandante provinciale. Incarico che De Caprio avrebbe potuto ricoprire se fosse stato mandato in prima linea, in qualsiasi provincia della Sicilia o della Calabria, a combattere Cosa nostra. Niente da fare. Dopo essere stato trasferito 14 anni fa al Noe, Nucleo operativo ecologico, capitano Ultimo ha manifestato più volte il desiderio di tornare al Ros, il reparto in cui per anni ha seminato il panico tra gli uomini d’onore. Rimandandolo al Ros, l’Arma avrebbe fatto tornare un fuoriclasse della lotta alla mafia al suo lavoro, consentendogli al tempo stesso, con un incarico equipollente a quello di comandante provinciale, di maturare quei titoli del tutto formali che gli avrebbero aperto le porte della commissione d’avanzamento. Ma pare che in viale Romania da quest’orecchio non ci sentano, e neanche dall’altro, perché da investigatore navigato qual è, pur avendo una competenza d’indagine limitata ai reati ambientali e un reparto dieci volte inferiore alla struttura anticrimine dell’Arma, anche al Noe Capitano Ultimo è riuscito a portare a termine inchieste di grande importanza, come dimostra il recentissimo caso della discarica di Malagrotta.

Allora, che cosa è successo? L’Arma ama poco i personaggi che brillano di luce propria. Successe con Dalla Chiesa, che i vertici di allora avrebbero volentieri ridimensionato, ma che sfuggì di mano. Accade oggi con capitano Ultimo e accadde anche con l’ex comandante dei Ris di Parma Luciano Garofano, costretto ad andare in pensione anzitempo dopo un trasferimento che ne sviliva la professionalità. «Usi obbedir tacendo e tacendo morir» è il motto dell’Arma. Capitano Ultimo è tipo da «obbedir» e da «morir», ma non tacendo.

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