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(Ansa)
Calcio

La Figc dichiara guerra ai «furbetti» del protocollo Covid

La Figc indaga sul caso Lazio. Che cosa rischiano i club che dovessero essere scoperti a non rispettare le norme

Tolleranza zero contro i furbetti del protocollo, per evitare che la gestione di un'emergenza come quella della pandemia Covid-19 possa trasformarsi in una zona d'ombra. E' quello che la Figc ha promesso nello scorso mese di giugno, mettendolo anche nero su bianco e dettando un sistema sanzionatorio durissimo in caso di inosservanza dei protocolli scritti per consentire alla Serie A di tornare in campo, concludere la scorsa stagione e avviare quella nuova. Perché in ballo, oltre alla regolarità della competizione, ci sono anche la tenuta complessiva del sistema economico che ruota attorno al pallone e la salute degli addetti ai lavori (calciatori ma non solo).

La nota è stata emessa l'8 giugno a firma del presidente Gabriele Gravina e ribadito il 1° settembre alla viglia del via della nuova stagione. Due paginette esplosive se incrociate con gli articoli del Codice di giustizia sportiva perché il tariffario è pesante e lascia spazio a poche attenuanti, nel caso in cui a una società fosse addebitata (provandola) una condotta illecita. Si va dalla classica ammenda fino alla cancellazione dal campionato con retrocessione in una serie minore, ma il punto è che lo spettro delle possibili sanzioni è molto meno vario rispetto al solito e, soprattutto, ancorato alla valutazione oggettiva di quale risultato abbia prodotto il comportamento scorretto.

Le ipotesi formulate dalla Federcalcio sono principalmente tre. La prima è quella che la violazione del protocollo abbia genericamente messo a rischio la salute di giocatori, staff, arbitri e in generale della comunità di addetti ai lavori che ruota intorno a una partita di calcio. Si rischiano un'ammenda semplice, un'ammenda con diffida e una penalizzazione in classifica. La gravità della violazione è valutata proprio ragionando sul livello di rischio cui si sono esposte le categorie sopra elencate.

Se, però, dalla mancata applicazione corretta del protocollo scaturisce la positività al Covid di un componente del gruppo squadra, ecco che il rischio che si materializza - leggendo le carte della Figc - è quello della retrocessione diretta nella serie minore. Che diventa esclusione dal campionato di competenza con assegnazione a una categoria inferiore a scelta del Consiglio Figc qualora la violazione sia stata fatta "al fine di alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione sportiva". Che si traduce, scrive la Figc, nel cercare di garantire a una squadra un vantaggio in classifica ed incidere sull'esito sportivo del torneo.

Norme e sanzioni che si applicano al club ma che allargano lo spettro di soggetti coinvolti. E' il presupposto che vale in assoluto per tutto il Codice sportivo e che viene chiarito nell'articolo 2 dove si precisa che le norme sportive riguardano società, dirigenti, atleti, tecnici, ufficiali di gara e ogni altra persona che svolga attività e anche a coloro che "svolgano nell'interesse delle società". Non necessariamente tesserati.

Un tariffario pesantissimo, scritto in un momento storico in cui il calcio stava premendo per poter tornare in campo e aveva la necessità di rassicurare Governo e opinione pubblica sulla capacità di auto regolamentarsi e di ricominciare ad allenarsi e giocare senza mettere a rischio la salute dei suoi protagonisti, pur essendo sport di contatto. In questi mesi la Procura della Figc ha fatto spesso visita nei ritiri delle società per verificare l'applicazione delle norme. A parte il caos di Juventus-Napoli, ma in quel caso il 3-0 a tavolino con punto di penalizzazione è scattato per la mancata presentazione in campo dei partenopei, non si sono mai rilevati casi di aperta violazione delle regole e dei protocolli.

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Giovanni Capuano