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Ansa
Calcio

Bentornato Milan! E' di nuovo Champions League

Impresa dei rossoneri che ritrovano l'Europa che conta dopo 2.630 giorni. Il progetto di Elliott, i meriti di Pioli e un successo che può accelerare la scalata verso lo scudetto

Segnarsi la data sul calendario: 11 marzo 2014. L'ultima volta del Milan in Champions League. L'attesa è finita. Il Diavolo torna nell'Europa che conta e lo fa dalla porta principale, chiudendo nelle prime quattro del campionato una stagione a lungo sorprendente e che solo nella seconda parte si è complicata, fino ad arrivare a rischiare la beffa. Sono passati 2.630 giorni da quell'11 marzo. In panchina c'era Seedorf ed era ancora il Milan di Berlusconi e dei due amministratori delegati, quello guidato da Allegri (ultimo tecnico rossonero scudettato) fino a metà anno e poi consegnato all'olandese che sarebbe durato lo spazio di un girone.

E dopo quel Milan, altri Milan; sempre incapaci di rimettere piede nella coppa che per sette volte nella sua storia è stata alzata al cielo e che adesso torna a far parte del presente e non solo del passato. I Milan di Yonghong Li, Fassone e Mirabelli, delle illusioni trasformate in delusioni. I Milan di Inzaghi, Mihajlovic, Brocchi, Montella, Gattuso e Giampaolo fino a quello di Stefano Pioli che ha avuto il merito di restituire una forma al progetto di Elliott e dei suoi uomini, bruciati dai milioni spesi senza costrutto e dalle scelte sbagliate di dirigenti a loro volta avvicendati in un tourbillon dalla scarsa funzionalità.

Ora il Milan cancella tutto. Il ritorno in Champions League è una sfida vinta, non una scommessa. Perché se nessuno poteva mettere in conto con certezza di riuscire a tenersi dietro squadre sulla carta meglio strutturate, è anche vero che la crescita della rosa è stata costante e dal ritorno in campo post lockdown in poi i risultati si sono visti. Sarebbe stata una beffa non completare l'opera dopo aver girato in testa a metà campionato, essersi anche un po' illusi di poter essere competitivi per lo scudetto, aver pagato un prezzo alto alla sfortuna e uno prevedibile all'inesperienza.

Il Milan torna in Champions League dopo sette stagioni e sono stati come sette anni di traversata nel deserto. Da quell'11 marzo 2014 ha raccolto pochissimo: un quinto posto con Gattuso nel 2019, tre volte sesti e altri ancora a scendere fino al decimo firmato da Pippo Inzaghi. Sette anni con tre apparizioni in Europa League, due ottavi di finale e una bruciante eliminazione nel girone con il punto più basso nella notte del ko in casa dell'Olympiacos, quella del "c'era troppo rumore, l'arbitro doveva fermare il gioco" firmato da Leonardo. Tutto cancellato.

Ripercorrere quei sette anni non è accanimento. E' la ragione per cui il Milan deve essere orgoglioso di quanto ha fatto in questa annata lunga e difficile, in cui ha saputo tenere alta la testa sempre, anche nei momenti bui. Ha superato la maledizione di San Siro (70 giorni senza vittorie in casa), i problemi e le assenze del totem Ibrahimovic, le turbolenze dei rinnovi di Donnarumma e Calhanoglu, le sconfitte brucianti contro Inter, Atalanta, Lazio e Juventus. Ha vissuto notti gloriose, espugnato lo Stadium nel momento decisivo, conquistato record in trasferta. E' stata squadra e per questo ha coronato con merito la sua rincorsa.

Il ritorno in Champions League consegna ai dirigenti rossoneri un tesoretto da 80-90 milioni di euro. In tempi di pandemia è benzina per alimentare il progetto e la crescita, non denaro da bruciare sull'altare dei sogni. La politica del contenimento dei costi è già stata concretizzata, il margine per crescere esiste. L'equilibrio dei conti, con i ricavi europei, non è così lontano e il futuro appare molto più roseo di quanto non fosse 18 mesi fa. La Champions League è stato l'acceleratore verso la vittoria per la Juventus a inizio ciclo e per l'Inter di Suning. Potrà esserlo anche per il Milan.

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Giovanni Capuano