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Calcio

C'era una volta la Juventus (Allegri, tempo scaduto)

Umiliante sconfitta in Israele, addio Champions League. Agnelli: "Provo vergogna" ma conferma il tecnico. Per molto meno Lippi si dimise... - JUVE, QUANTO COSTA IL FALLIMENTO CHAMPIONS

Game over, per ora in Champions League ma più in generale in una stagione che oggi non si vede come possa essere raddrizzata. La Juventus non c'è più, non risponde agli stimoli che vengono da dentro e da fuori, non ha un'identità e nemmeno un'anima se la fotografia è quella rimandata dalla sfida di Haifa che per i bianconeri era da "dentro o fuori" e che è stata affrontata con il piglio di una passeggiata. Non esiste nessuna giustificazione possibile per lo spettacolo (pessimo) regalato in casa della 111° squadra del ranking europeo, non c'è niente cui potersi appellare compreso l'ennesimo infortunio di Di Maria che getta l'ennesima ombra sinistra su campagna acquisti e lavoro dello staff che si occupa della parte fisica dei calciatori.

Vedere Andrea Agnelli dire, ripetutamente, "mi vergogno di quanto sta accadendo" descrive la gravità del momento. Non solo tecnica ma complessiva, perché il club sta bruciando denaro da tre anni con una voracità mostruosa e non può (poteva) permettersi un altro fallimento sportivo. Che invece si è materializzato.

In questo quadro è inutile anche provare a costruire scenari utili per riprendere per i capelli una qualificazione agli ottavi di finale che era l'obiettivo minimo chiesto a Massimiliano Allegri e che, a 180 minuti dalla fine della prima fase, avrebbe del miracolistico. E sarebbe ampiamente immeritata, visto che il Benfica si è dimostrato di un altro livello e anche il Maccabi è stato superiore ai bianconeri. Tralasciando il PSG che oggi pratica uno sport diverso rispetto a quella che è stata una grande squadra e ora è un'accozzaglia disordinata di idee (poche), carattere (mancante) e compattezza (zero).

Al cospetto di un disastro simile, aggravato dall'inizio choc in campionato dove la vetta dista 10 punti dopo 9 giornate, e l'orizzonte primo pare quello della rincorsa disperata almeno al quarto posto che vale la prossima Champions League per evitare un bagno economico, mettere in fila responsabili ed errori è esercizio complesso e forse sterile. Maurizio Arrivabene, prima che la Juventus crollasse sotto i colpi del Maccabi, aveva steso l'ultima rete di protezione: "Bisogna evitare le scelte emozionali, analizzare i problemi uno alla volta e trovare soluzioni. Cercare a tutti i costi un colpevole sarebbe sbagliato per la società e per il futuro". Tentativo lodevole di non esporre il proprio tecnico oltre al fuoco della critica oltre quanto già sta avvenendo, il problema per chi decide alla Continassa è però che la discesa si è trasformata in picchiata travolgendo tutto e tutti.

Dunque è giusto che ad Allegri sia chiesto il conto dello sfascio. Non ci sono alibi o spiegazioni da esibire ma solo numeri da brivido. Quella di Haifa era la panchina numero 65 del nuovo corso del livornese: un anno e tre mesi nei quali la Juventus ha vinto la metà esatta delle partite che ha giocato (33) perdendone ben 17 tra le quali tutte quelle che contavano davvero per dare un senso alla passata stagione e soprattutto a questa.

Una povertà di risultati che scopre la povertà estetica e pragmatica di quanto visto in campo. I segnali c'erano stati già in estate ma non sono stati colti per tempo, gli errori si sono ripetuti inesorabilmente e allo stesso modo non si è quasi mai visto qualcosa che giustificasse il lavoro quotidiano alla Continassa. Cosa è questa Juventus? La risposta sincera è: nulla. La conclusione è che il tempo per chi l'ha allenata e in gran parte pensata, imponendo anche scelte di mercato in controtendenza con i piani sbandierati anche per supportare il disagio di bilancio, è scaduto.

Allegri si riscatterebbe compiendo il gesto del passo indietro, lasciando Andrea Agnelli, Maurizio Arrivabene, Pavel Nedved e Federico Cherubini (anch'essi colpevoli del disastro, ciascuno per suo ruolo e funzione) liberi di tracciare una nuova strada senza sulle spalle il peso di un contratto onerosissimo e sbagliato. La riflessione va fatta, però, a prescindere da quello che vorrà fare Allegri; che non ha più in mano la Juventus, ammesso che in questa stagione l'abbia mai veramente avuta.

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Giovanni Capuano