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Calcio

Capolinea Juventus, da dove ripartire

L'eliminazione dalla Champions League è un fallimento: Allegri primo responsabile, ma a fine stagione serve un progetto nuovo e più ampio che metta tutti in discussione

L'umiliante notte di Lisbona, l'eliminazione dalla seconda fase della Champions League come non accadeva dal 2013 e il filo che ancora lega la Juventus all'idea dell'Europa League altro non sono che una nuova tappa della via crucis bianconera di queste stagioni. C'è un filo rosso che lega gli imbarazzi con il Benfica ad altre notti degli ultimi due anni: un lento e inesorabile scivolamento verso il basso lasciandosi alle spalle la stagione degli scudetti in serie e dell'illusione di poter entrare stabilmente nell'élite europea. Guardare indietro con gli occhi di oggi, ripassare immagini e parole dell'estate dello sbarco di Cristiano Ronaldo, ripercorrere i piani di allora, il tentativo di consolidare il club e crescere, agganciare il treno delle multinazionali inglesi e spagnole e lasciarsi dietro per sempre i limiti del calcio italiano, provocano uno choc profondo nel mondo juventino.

Dal punto di vista tecnico il disastro di questa stagione ha molti padri, anche se Massimiliano Allegri ne è il responsabile numero uno essendo il responsabile del progetto tecnico. Cos'altro deve accadere perché la resa dei conti sia anticipata rispetto alla scadenza naturale di giugno? O perché sia lo stesso allenatore a prendere atto del fallimento facendo un passo indietro, o almeno il gesto di compierlo quel passo? Il piano è inclinato da mesi, pensare che così la Juventus possa almeno essere competitiva per il quarto posto e il ritorno in Champions League che è la condizione necessaria e indispensabile per non impattare pesantemente anche su quanto accadrà da luglio in poi, appare oggi una scommessa rischiosa.

CARO ALLEGRI, LE DIMISSIONI SI POSSONO DARE...

La Juventus semplicemente non c'è più, non per come è stata conosciuta in questi anni. E' un gruppo di lavoro che non risponde a stimoli interni o esterni, cui la sferzata imposta dal presidente Agnelli evocando la "vergogna" per Haifa ha prodotto il rimbalzino contro Torino ed Empoli prima di dissolversi non appena l'asticella si è alzata.

E' colpa di Allegri ma non solo. Se la squadra è costruita male (e anche se si sta dimostrando fisicamente fragile) la responsabilità è anche di chi l'ha pensata e costruita intorno al tecnico livornese. Quando si farà il bilancio, la riga andrà tirata tenendo conto del ruolo di tutti. E se la società è in mezzo a una bufera giudiziaria, se l'inchiesta sulle plusvalenze e gli stipendi costringe a un'affannosa difesa e se i conti non tornano da troppo tempo - per il Covid e non solo - la realtà è che il ripensamento dovrà essere complessivo e riguardare l'intero sistema Juventus e non solo una rifondazione tecnica.

Non sarà un lavoro semplice e nemmeno indolore. Troppi progetti si sono alternati dal 2018 a oggi in una società che ha avuto in meno di 1.500 giorni tre amministratori delegati, tre capi dell'area sportiva, tre allenatori (più uno bis) e ha visto lasciare tutte le figure apicali scelte dallo stesso Agnelli nelle settimane dell'addio a Beppe Marotta e alla vecchia Juventus. E che nello stesso lasso temporale ha bruciato quasi 600 milioni di euro e due aumenti di capitale da 700 complessivi. Troppa confusione, troppo tutto.

Il modello da cui ripartire c'è ed è a portata di mano: si chiama Milan. E' un modello di business diverso da quello della Juventus attuale, è ripartito azzerando tutto (vertici compresi), investendo sullo scouting, prendendo specialisti per ogni settore e difendendo le proprie scelte senza deflettere nemmeno nei momenti di difficoltà. Ha tagliato i costi e avviato una stagione di crescita dei ricavi progressiva ma basata su voci strutturali. Ha rinunciato a inseguire la via semplice delle plusvalenze (al di là di ogni vicenda che la magistratura approfondirà), fatto cadere il tabù della partenza di calciatori importanti a parametro zero, preparato per tempo la loro sostituzione. Ha ragionato da azienda, insomma, cosa che questa Juventus sembra aver smesso di fare da troppo tempo.

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Giovanni Capuano