Berlusconi e la giustizia, un ventennio di errori
ANSA/DANIEL DAL ZENNARO
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Berlusconi e la giustizia, un ventennio di errori

Le polemiche di oggi sono l'emblema di quanto accaduto dal '94. Ecco perché serve la riforma della giustizia

Si può essere berlusconiani o antiberlusconiani, parteggiare per gli uni o per gli altri, imbracciare una sentenza giudiziaria come se fosse un’arma contundente, tutto è lecito. E’ la democrazia, bellezza. E le prossime elezioni europee potrebbero avere pesanti contraccolpi sullo scenario nazionale. Renzi sa bene che l’unico alleato delle riforme si chiama Silvio Berlusconi, non certo Beppe Grillo. E se Forza Italia dovesse diventare il terzo partito, le prospettive del percorso di riforme e la stessa tenuta del governo sarebbero in pericolo.

Ma torniamo alle sentenze che diventano armi. Ecco, siete liberi di pensare che Berlusconi sia un incallito evasore fiscale, d’accordo. Ciò non toglie che la vicenda berlusconiana - e la storia con la giusta distanza temporale ne darà conto - rappresenta un tassello di un mosaico ben più ampio.

Quando Berlusconi cita il ‘colpo di stato’ del ‘92-‘93 (Tangentopoli) e l’avviso di garanzia spettacolarmente consegnatogli alla vigilia di un importante summit internazionale nel ’94, l’ex premier riporta verità storiche inconfutabili. Allora si può ritenere che siano tutte strane coincidenze, oppure si può provare ad articolare un giudizio ben più complesso. Che attiene, anzitutto, al cortocircuito tra politica e magistratura in Italia. Sono stati scritti fior di libri sull’inchiesta di Mani Pulite, sul passaggio per via giudiziaria alla Seconda Repubblica, sulla figura di un uomo di Stato chiamato Bettino Craxi che diventò, suo malgrado, il perfetto capro espiatorio per cambiare tutto affinché  nulla cambiasse. E nulla cambiò, il finanziamento illecito proseguì fino a riempire la cronaca recente di casi più o meno folcloristici. Tangentopoli rase al suolo una classe politica, colpì mortalmente il Partito Socialista italiano, in misura più lieve la Democrazia Cristiana e lasciò praticamente immune il Partito Comunista italiano. Come se l’ ‘oro di Mosca’ non fosse mai esistito. Poi, nel ’94 contro la ‘gioiosa macchina da guerra’ occhettiana scese in campo l’amico di Craxi, l’imprenditore Silvio Berlusconi. 

Dal giorno successivo alla discesa in campo in età già matura (Berlusconi aveva 58 anni nel ‘94), cominciano i guai giudiziari. Vent’anni di processi e inchieste portano ad una sola, unica, condanna giudiziaria nel 2013. E’ quella che conoscete, per un reato fiscale che ammette l’accesso ai benefici penitenziari. Prima di questa condanna, Berlusconi è un cittadino incensurato, casellario giudiziario intonso. Sono queste le ragioni, incensuratezza ed età avanzata, a fondamento della decisione dei magistrati per l’affidamento in prova, nel rispetto della normativa vigente. Non è un soggetto socialmente pericoloso, ha 77 anni e un solo anno di pena da scontare. Eppure si scatenano le polemiche, Eugenio Scalfari scrive su Repubblica di ‘provare vergogna’ a vivere in un Paese dove all’ex premier è concesso un simile trattamento. Sulla rivista di Magistratura Democratica un giudice in pensione critica i colleghi parlando di una ‘presa in giro’ che lede ‘il profondo sentimento popolare’. Come se i magistrati dovessero decidere in base agli umori dell’opinione pubblica.

E’ impressionante quale concezione del diritto alberghi in certi settori della magistratura. E desta ancora più impressione, anzi allarme, il fatto che non vi sia alcun meccanismo per controllare e sanzionare chi devia dai propri compiti istituzionali. Pensate alla sentenza di 187 pagine firmata dal gup del tribunale di Bari Marrone che ha condannato con rito abbreviato ad un anno di reclusione uno sconosciuto avvocato implicato nella storia delle escort di Tarantini. In quelle pagine si leggono giudizi moralistici sui costumi privati di persone che non sono neanche imputate. ‘Nottate boccaccesche’ in quel di Arcore, ‘sconcertante il quadro della vita privata’ di Berlusconi, ‘materiale probatorio, nel suo contenuto di oscenità e bassezze’, ‘la considerazione delle donne come semplici oggetti’… Anziché soffermarsi sulle responsabilità penali dell’imputato sconosciuto, il magistrato si preoccupa di farci sapere che egli predilige morigeratezza e sobrietà nelle amicizie femminili e nelle distrazioni notturne. E dire che noi, poveri illusi, pensavamo che in Italia libertinaggio e impudicizia non fossero reati penali da cui difendersi nei tribunali, ma tutt’al più peccati per cui giustificarsi davanti a Dio.

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Annalisa Chirico

Annalisa Chirico è nata nel 1986. Scrive per Panorama e cura il blog Politicamente scorretta. Ha scritto per le pagine politiche de "Il Giornale". Ha pubblicato "Segreto di Stato – Il caso Nicolò Pollari" (Mondadori, pref. Edward Luttwak, 2013) e "Condannati Preventivi" (Rubbettino, pref. Vittorio Feltri, 2012), pamphlet denuncia contro l’abuso della carcerazione preventiva in Italia. E' dottoranda in Political Theory a alla Luiss Guido Carli di Roma, dove ha conseguito un master in European Studies. Negli ultimi anni si è dedicata, anche per mezzo della scrittura, alla battaglia per una giustizia giusta, contro gli eccessi del sistema carcerario, a favore di un femminismo libertario e moderno.

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