Beppe Grillo
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Beppe Grillo, l'uomo che volle farsi Napoleone

Dopo essere stato l'anima ed il fondatore Grillo è ormai ai margini del Movimento 5 Stelle

Un leader del passato o un cialtrone? Beppe Grillo suscita sempre questo dilemma. Da cronista sono anni che lo seguo. Mi rammento soprattutto dell’estate 2012, la campagna elettorale siciliana. Iniziata con la traversata a nuoto dello stretto di Messina. Il voto dell’isola aveva regalato a Grillo un altro trionfo. La vittoria gli consentì di ritornare alla sua villa di Genova convinto di rendere ancora più ferreo il controllo sul Movimento che aveva fondato. Chi non obbediva ai suoi proclami venne cacciato.

Per sfottere Bersani & c. che si vantavano delle loro primarie, Grillo si inventò le Parlamentarie. Tutte condotte sul web e con modi così privati e aspri, da dittatore anarchico, che gli valsero l’accusa di comportarsi come un nuovo Mussolini. A me sembrava piuttosto un Napoleone redivivo e per di più di natura stellare. Ormai esistevano molti indizi per tracciarne un profilo realistico. E il primo dato che affiorava era quello di essere un ridicolo bufalibron.

È una vecchia parola di slang padano, soprattutto pavese. Indica un tizio che non sa un cavolo di niente, non ha mai aperto un libro, ma si è limitato a soffiare sulle pagine per farle scorrere e dare la sensazione di averle lette e meditate. Mi suggerisce questa immagine l’identikit di Grillo rivelato da lui medesimo.

Grillo era un presuntuoso al cubo tanto da presentarsi come il Grande sterminatore che stava ammazzando i partiti. Con una forza e una velocità da costringerlo a suggerire alla casta di suicidarsi con più lentezza: «Sono anni che dico che i partiti sono morti, ma adesso spariscono troppo rapidamente. Fate con calma, non esagerate a prendermi alla lettera».

La presunzione lo spingeva a dare di sé un ritratto surreale: «Sono vent’anni che giro il mondo, visitando laboratori, intervistando ingegneri, economisti, ricercatori, premi Nobel. Ho rubato conoscenze ai grandi della Terra. Mi sono fatto un culo così, anche se molti mi prendono per un cialtrone improvvisatore. E adesso i partiti pensano di metter su movimenti in quattro e quattr’otto!».

Ma Grillo, come accade a tanti attori di teatro, era un fantastico trasformista. Amava mutare personaggio e mostrarsi impaurito: «La liquidazione del sistema dei partiti è talmente veloce che domani rischiamo di svegliarci e di non trovare più nulla. E poi come si fa? Noi non siamo pronti a riempire un vuoto così vistoso».

Già, chi poteva colmare questo baratro e sostituirsi alla Casta in dissoluzione? Ecco una domanda che nessuno poneva a Grillo. Anche presentandogli qualche ipotesi. Un potere alieno? Le truppe della Nato? Una forza militare interna, per esempio i carabinieri? L’invasione di milioni di cinesi, già presenti sul territorio con nutrite avanguardie? La presunzione del Napoleone stellare emergeva nel descrivere come sarebbe diventato il Parlamento italiano bonificato da lui. Ne usciva un bordello terrificante. Rappresentanti di liste civiche. Movimenti di gente perbene. Esperti. Gli eletti delle Cinque stelle. I No-Tav. Quelli dell’acqua pubblica e dei beni comuni. I referendari. «Magari ci troveremo pure il povero Di Pietro, mi sa che stavolta non lo vuole nessuno».

Messa in guardaroba la divisa napoleonica, Grillo ritornava a spaventarsi. Non era nato il giorno prima e sapeva bene che con quell’Armata brancaleonica sarebbe stato impossibile governare un nazione complessa come l’Italia. Infatti dichiarava che si sarebbe ben guardato dall’andare a Palazzo Chigi. E di caricarsi della croce che tutti i capi di governo debbono portare. Scandiva: «L’ho detto e lo ripeto: io nel Palazzo non ci entro, non mi lascio ingabbiare. Preferisco restare un battitore libero, un franco tiratore. Ma troveremo persone competenti e oneste per fare il premier e i ministri».

La paura di cimentarsi come uomo di governo spingeva il Napoleone stellare a diventare banale: «I ministri devono essere esperti nelle loro materie. Ci vuole una selezione molto stringente». Se qualcuno gli chiedeva che cosa avrebbe deciso sull’euro, sulla politica estera, sul diritto di cittadinanza, sull’immigrazione, sulla bioetica, lui replicava: «Sono questioni troppo grandi perché possa decidere un non-leader. Faremo dei referendum popolari propositivi. In Svizzera decidono così da 200 anni».

Era assai più facile rifugiarsi nelle illusioni. Grillo ne possedeva un campionario senza limiti: «Destra e sinistra sono etichette preistoriche. Dobbiamo ricostruire un’identità, una comunità locale e nazionale. Se i cittadini, e non più i partiti, diventano lo Stato, anche nazionalizzare diviene una bella parola. In Italia ci sono un milione di volontari. Io ne vorrei 60 milioni. Il mio dentista, per qualche ora la settimana, dovrà operare gratis chi ha bisogno. Il razzismo in Italia non esiste. È solo un fenomeno mediatico».

Grillo era sempre pronto a ritornare allo stile che gli si adattava di più: superficiale, semplicione, da chiacchiere al bar. Il mitico taglio della spesa pubblica, si può realizzare in un batter d’occhio. L’Alta velocità ferroviaria non serve, è sufficiente cancellarla e si risparmiano 20 miliardi. Idem per i caccia bombardieri: aboliti, risparmio di 15 miliardi. Anche le province eliminate con un tratto di penna. Niente pensioni superiori ai 3 mila euro. I rifiuti delle grandi città? Meglio spedirli in Germania.

Il Napoleone stellare si concedeva un solo momento di sincerità: «Per salvare l’Italia la gente si dia da fare, partecipi, rompa i coglioni, s’impegni. E io sarei il nuovo Mussolini? Più democratico di me non c’è nessuno. Lo so benissimo che non posso salvare l’Italia: io getto le basi, faccio il rompighiaccio, dissodo il terreno. Poi ogni cittadino deve camminare con le sue gambe. Io il mio lavoro l’ho fatto. Ora tocca agli italiani».

E infatti molti italiani sembravano votarlo. I sondaggi davano i Cinquestelle al 30 per cento? Nessuno era in grado di saperlo. Neppure questo demagogo vestito da Napoleone, ma con la zucca vuota. Dannoso anche a se stesso. Già, che cosa prevedere? Inutile chiederlo a Casaleggio senior. Lui amava le profezie, ma a lunga distanza. Secondo un biografo di Grillo, Andrea Scanzi, il guru Gianroberto vedeva il futuro nel modo seguente: «Nel 2018 il mondo sarà diviso in due blocchi: a Ovest con internet e a Est con una dittatura orwelliana. Nel 2020 ci sarà la Terza guerra mondiale, durerà vent’anni e spazzerà via San Pietro, Notre-Dame e altri luoghi simbolici. Si useranno armi batteriologiche, il clima sarà stravolto e il mare si alzerà di 12 metri...».

Oggi vediamo un altro spettacolo. Prima o poi, il mondo di Grillo sparirà. E forse avremo nostalgia delle spacconate di Napoleone.

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Giampaolo Pansa