L'apice di Grillo, la paura di Bersani
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L'apice di Grillo, la paura di Bersani

Grillo e Bersani sono convinti che il M5S crescerà ancora. Ma sbagliano - I grillini eletti - Lo speciale elezioni 2013

Come si rivolgerà Beppe Grillo al presidente Napolitano? Gli dirà: “Boom, eccomi qui”? Si presenterà ai cancelli del Quirinale incappucciato, vestito di bianco, in qualche uniforme da miliardario eccentrico tipica delle star dello spettacolo, dei guru del web, in un frac irridente o da uomo normale? Quale linguaggio userà, quello dei “vaffa” elettorali, delle “facce di culo” post-elettorali? E come si rivolgeranno a lui gli interlocutori istituzionali, sapendo di poter essere ripresi da una sofisticata candid camera o messi alla berlina da iniziative di brutale trasparenza e prevedibile trasgressione del galateo di Palazzo?

Va riconosciuto che qualcosa Grillo comincia a dirlo anche in politichese, sia pure in risposta alle domande dei giornalisti. No al governo dei partiti, per esempio. No al “governo tecnico”. Ha infilato addirittura un elogio al presidente Napolitano, che è stato letto e apprezzato sul Colle. Intanto i grillini si presentano in Rete con messaggi del tipo “ciao mi chiamo X, mi piace la natura, mi piacciono i gatti, vorrei far parte della Commissione Ambiente”. O: “Ciao, sono pacifista, mi sento adatto alla Commissione Difesa”.

Accanto a gente laureata o titolata, a professori e professionisti, c’è una sana rappresentanza di cittadini comuni: impiegati, operai, tecnici, disoccupati, giovani, attivisti di vario colore, madri di famiglia. Fascisti e comunisti. Antisemiti, antieuropei, anticapitalisti. Agnostici. Vegetariani. E qualche normale.

Ma Grillo è proprio sicuro che se tornassimo alle urne avrebbe più voti? Molti lo credono. Nel Pd c’è una fifa blu di formare un governo che comprenda il Pdl (mentre sarebbe una scelta di responsabilità nazionale alla britannica o alla tedesca) solo perché il Movimento 5 Stelle eroderebbe altro consenso e alle prossime (vicine) elezioni diventerebbe il partito di maggioranza non più relativa, ma assoluta.

Nulla di più sbagliato. Io ero convinto prima del voto (l’ho scritto) che il M5S e Grillo fossero sottovalutati e snobbati e avrebbero fatto un grande risultato. Che non avesse senso ironizzare. Ma oggi credo che una larga percentuale di quel voto sia stata il frutto di una deliberata e corale volontà di protesta, di rottura. Un segnale chiaro e forte ai partiti tradizionali. Un modo per dire basta e far ripartire il sistema. Un reset. Non, quindi, una vera adesione a un programma limitato, centrato sui temi ambientali e sulla moralità pubblica (sacrosanta) ma privo di respiro e dimensione di governo in un contesto europeo e internazionale. Quando si parte con la volontà di cambiare il mondo dichiarata da Grillo alla Bbc, si può arrivare a perdere di vista i problemi tangibili e quelli dietro l’angolo. I profeti di solito non governano, sono loro stessi a non volerlo, e se governano finisce male. Per tutti. In certi momenti dicono le cose giuste e si rivelano indispensabili, tutto qui.

La prossima volta che si andrà al voto, parecchi di quelli che hanno votato Grillo solo per randellare i partiti non torneranno a votarlo. Rimetteranno letteralmente la testa a partito, perché una seria e coerente attività di effettivo governo è necessaria tanto quanto l’opera di pulizia e rinnovamento.

L’errore di Bersani in queste ore è quello di inseguire le utopie visionarie di Grillo per preservare il suo clan e questo Pd. Incapaci dell’unica cosa che il voto a Grillo avrebbe dovuto insegnare (l’urgenza di un ricambio generazionale e di un profondo rinnovamento), i dirigenti del Pd mostrano il fiato corto e una cultura istituzionale e nazionale che fa tragicamente acqua. Al contrario, il Pdl e Berlusconi stanno dando prova di serietà costruttiva. Sarà anche facile nella posizione di “secondi”, ma è così. Gli italiani vogliono sentir parlare di moralità, rinnovamento e, più di tutto, meno tasse. Il Pd invece parla di conflitto d’interessi, riciclo e governo monocolore a guida Bersani con il “sostegno esterno” di quanti più grillini sarà possibile “scoutare”.

Se continua così, alle prossime elezioni stravince Berlusconi (o chi per lui).

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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