Bambini sottratti ai genitori: il dramma della famiglia Barli
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Bambini sottratti ai genitori: il dramma della famiglia Barli

Per una vecchia relazione degli assistenti sociali, una coppia di Pistoia precipita in un incubo di cui non vede la fine

Al Bottegone di Pistoia, frazione a pochi passi da Collodi, il paese di Pinocchio, va in scena da mesi un dramma. Vittime: due bambini di sette e tre anni. E la parte di Mangiafuoco la interpretano, a turno, gli assistenti sociali del Comune e i giudici del Tribunale dei minori di Firenze. Lo stesso che per anni ha affidato decine di minori alla comunità il Forteto, dove subivano ogni tipo di abuso, fisico e psicologico.

Il 2 aprile scorso i due bambini, di sette e tre anni, sono stati prelevati dalle loro scuole all’insaputa dei genitori e portati in un istituto religioso nel centro di Firenze. Dal 2 aprile scorso, e per sette mesi, mamma e papà, Catiuscia e Stefano, possono vederli soltanto un’ora a settimana, alla presenza di un operatore. Dalla primavera fanno ventotto ore trascorse insieme. E questo nonostante i genitori non siano mai stati nemmeno sospettati di atteggiamenti violenti. Anzi, gli si contesta un amore incapace di dire no.

La relazione degli assistenti sociali

All’origine del provvedimento, disposto dal Tribunale dei Minori di Firenze, una relazione degli assistenti sociali del comune di Pistoia del 2012. Nella quale veniva rappresentato uno scenario raccapricciante. Con cani, gatti e criceti liberi di defecare in casa, bambini malvestiti, pannolini sporchi di feci stipati sotto al letto, sanitari del bagno incrostati di escrementi. Ad aggravare la situazione, la precarietà economica del padre, venditore ambulante. In base a quella relazione il Tribunale avrebbe dovuto disporre immediatamente un allontanamento dei bambini, a serio rischio igienico e sanitario. Invece quella relazione giace per ben due anni in cancelleria. I bambini crescono, gli animali vengono dati via, la casa ripulita. Il frigorifero è sempre pieno, gli armadi scoppiano dei vestiti dei bambini, le prime pagelle scolastiche raccontano doti e capacità che ogni genitore auspica si sviluppino nei propri figli. Ma ecco che, proprio quando la situazione sembra finalmente normalizzarsi, quella famosa relazione viene ripescata. E ad aprile scatta l’ordine di trarre in salvo i bambini. A nulla valgono le disperate proteste del papà, che arriva ad arrampicarsi sul battistero di Pistoia per chiedere aiuto.

Nessun accertamento

A luglio l’udienza al tribunale. Dove si scopre che nessun ulteriore accertamento fu effettuato sull’effettiva condizione dei bambini. Di più. Il curatore speciale dei minori, l’avvocato Maria Carmela Napolitano, non può partecipare all’udienza e viene sostituita. Ma quando viene chiamata a comporre e depositare una relazione, crede che i bambini siano in comunità da due anni, da quando cioè il problema venne posto dagli assistenti sociali. E a Panorama.it, che la contattò telefonicamente, continuava a dirsi certa della circostanza, nonostante ormai i giornali e le tv toscane avessero raccontato a più riprese il dramma della famiglia Barli. Nessun peso, poi, viene dato alle relazioni e alle testimonianze degli insegnanti e degli educatori dei minori, che parlano di “bambini allegri e vivaci” e “curati e puliti”. Il 22 luglio scorso il Tribunale (presidente Laura Laera, relatore Maria Serena Favilli, giudici onorari Daniela Valzania e Mario Puccioni) sentenzia “l’immediato affidamento dei minori a idonea famiglia” e prescrive ai genitori di svolgere “colloqui psicologici finalizzati alla ricostruzione di adeguata responsabilità genitoriale”. Ma i bambini restano in comunità, perché la famiglia affidataria non si trova (o non si cerca).

La relazione dello psichiatra

Stefano e Catiuscia, intanto, non si arrendono. Frequentano un corso di genitorialità, arrivando a totalizzare trentadue lezioni seguite, che gli hanno permesso di ottenere una relazione, depositata oggi al Tribunale da uno psichiatra della Asl di Pistoia, totalmente positiva. I Barli, per il consulente tecnico, sono perfettamente in grado di fare i genitori. Dello stesso tenore la relazione depositata dallo psichiatra infantile che, sempre su disposizione del tribunale, ha visitato i bambini. Che vogliono solo tornare a casa. Il perito ribadisce l’importanza di “preservare il rapporto con i genitori”.

Lieto fine quindi? No, perché gli assistenti sociali del comune di Pistoia non comunicano con il Tribunale, che a sua volta non comunica coi suoi periti. Risultato: giovedì 5 ottobre i Barli vengono convocati in Comune. Per comunicargli che è stata finalmente trovata la famiglia affidataria e che l’inserimento avverrà al più presto. “Volete collaborare con questa famiglia?”, viene chiesto loro. Coincidenza. I due binari paralleli della giustizia e del comune, si incontrano, per poi divergere, proprio quando potrebbero unirsi per risolvere la vicenda. E non è tutto.

Una violenza irreparabile

Il sindaco di Pistoia, Samuele Bertinelli, alla stampa ha affermato di avere a cuore la vicenda e di “seguire la famiglia nel principale interesse di tutta la famiglia e, su tutti, dei due bambini”. Tanto a cuore che lunedì 10 ottobre è fissato lo sfratto esecutivo della famiglia Barli dall’alloggio popolare che occupano da decenni. Il motivo? Burocratico. I Barli continuano a pagare, in base alle loro possibilità, l’affitto, ma non hanno presentato in tempo la domanda di subentro nella titolarità dell’affitto all’anziana madre, nel frattempo deceduta. Si dice che sorvolare su quel cavillo esporrebbe il comune a denunce da parte di altre famiglie in attesa di una casa popolare. Ma non si dice, per esempio, che lo stesso comune di Pistoia, per i due bambini, paga alla comunità religiosa che li ospita circa 160 euro al giorno. E dal 2 aprile il conto ha ormai superato i trentamila euro. Se quella somma l’avessero avuta Stefano e Catiuscia, ai loro bambini sarebbe stata risparmiata questa violenza forse irreparabile.

Giorgio Sturlese Tosi

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Giorgio Sturlese Tosi

Giornalista. Fiorentino trapiantato a Milano, studi in Giurisprudenza, ex  poliziotto, ex pugile dilettante. Ho collaborato con varie testate (Panorama,  Mediaset, L'Espresso, QN) e scritto due libri per la Rizzoli ("Una vita da  infiltrato" e "In difesa della giustizia", con Piero Luigi Vigna). Nel 2006 mi  hanno assegnato il Premio cronista dell'anno.

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