Sembra assurdo, folle, pazzesco. Il neonazista impenitente Anders Breivik è il diavolo in persona agli occhi di qualsiasi persona normale.
Il 22 luglio 2011 fece esplodere una bomba nel centro di Oslo, uccidendo 8 persone. Poi andò in barca all’isola di Utoka dove si teneva un raduno di giovani progressisti e li massacrò meticolosamente inseguendoli fin sugli scogli: ne ammazzò 69. Una mattanza che neanche durante il processo lo indusse a un barlume di rimorso.
Il suo unico rimprovero a se stesso fu di non essere riuscito a ucciderne di più. Breivik è stato poi condannato a 21 anni di galera.
Fatti i conti, 3 mesi per ogni omicidio. E questo a molti già parve inaccettabile.
Fra l’altro, Breivik è “detenuto” in trentuno metri quadrati con palestra, servizi e televisore. Ma per cinque anni, lo stragista neo-nazi è stato tenuto in isolamento.
E questo, secondo i giudici di Oslo che hanno applicato l’art. 3 della Convenzione dei diritti dell’uomo, è un trattamento disumano. E come tale, merita un risarcimento: 35mila euro più 151mila di spese processuali.
I diritti dell’assassino

22 luglio 2013. Corone di fiori sul molo di Utvika, in Norvegia, di fronte all’isola di Utøya a Tyrifjorden, Buskerud, nel secondo anniversario degli attentati terroristici del 22 Luglio 2011, attuati contro il governo e contro la popolazione civile della Norvegia: in un campo politico estivo dell’organizzazione giovanile del Partito laburista norvegese, sull’isola di Utøya a Tyrifjorden, Buskerud e al quartier generale del governo a Oslo. Per entrambi gli attentati è stato condannato il norvegese Anders Breivik, anti-multiculturalista, fondamentalista cristiano, con ideologie di estrema destra, che sta scontando 21 anni di carcere.
I diritti dell’assassino

22 luglio 2013. Dei ragazzi lasciano dei fiori davanti alla Cattedrale di Oslo, in Norvegia, in memoria delle vittime degli attentati terroristici del 22 Luglio 2011, attuati contro il governo e contro la popolazione civile della Norvegia: in un campo politico estivo dell’organizzazione giovanile del Partito laburista norvegese, sull’isola di Utøya a Tyrifjorden, Buskerud e al quartier generale del governo a Oslo. Per entrambi gli attentati è stato condannato il norvegese Anders Breivik, anti-multiculturalista, fondamentalista cristiano, con ideologie di estrema destra, che sta scontando 21 anni di carcere.
I diritti dell’assassino

UTOYA, NORWAY – JULY 25: Police walk towards the wooded area on Utoya island, following Friday’s twin extremist attacks, on July 25, 2011 in Utoya, Norway. Anders Behring Breivik, 32, claimed that he has ‘two more cells’ working with him as he appeared in court today following a bomb blast at a government building in Oslo and a shooting massacre on nearby Utoya Island that killed at least 76 people in all. The death toll was originally reported as 93. Breivik has been detained for eight weeks, four of which in full isolation. (Photo by Jeff J Mitchell/Getty Images)
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Erna Solberg (a sinistra), leader del partito conservatore, consola Siv Jensen, leader del partito xenofobo Progress Party, in occasione di una messa per le vittime della strage di Utoya, realizzata da Anders Breivik (Credits: ODD ANDERSEN/AFP/Getty Images)
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Norvegia, tribunale della prigione di Skien: Anders Behring Breivik, responsabile della morte di 77 persone, in aula. 15 marzo 2016
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Norvegia, tribunale della prigione di Skien: Anders Behring Breivik, responsabile della morte di 77 persone, in tribunale tra gli avvocati Mona Danielsen e Oystein Storrvik, 15 marzo 2016
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Norvegia, tribunale della prigione di Skien: Anders Behring Breivik, responsabile della morte di 77 persone, fa il saluto nazista al suo ingresso in aula, 15 marzo 2016
I diritti dell’assassino

Norvegia, tribunale della prigione di Skien: Anders Behring Breivik, responsabile della morte di 77 persone, fa il saluto nazista al suo ingresso in aula, 15 marzo 2016
I diritti dell’assassino

Norvegia, tribunale della prigione di Skien: Anders Behring Breivik, responsabile della morte di 77 persone, fa il saluto nazista al suo ingresso in aula, 15 marzo 2016
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Norvegia, tribunale della prigione di Skien: il giudice Helen Andenaes Sekulic al processo contro Behring Breivik, 15 marzo 2015
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Norvegia, tribunale della prigione di Skien: Anders Behring Breivik saluta l’avvocato Marius Emberland, rappresentante del governo al processo, 15 marzo 2016.
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Oslo, Norvegia, 24 agosto 2012. La giudice Wenche Arntzen durante la lettura del verdetto del processo contro
Anders Behring Breivikpresso la Courthouse di Oslo.
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24 agosto 2012. Anders Behring Breivik, il terrorista norvegese responsabile degli attentati del 22 luglio 2011 in Norvegia che hanno provocato la morte di 77 persone, al suo arrivo nell’aula di tribunale, nel giorno in cui sarà condannato a 21 anni di carcere, la pena massima prevista dalla legge norvegese dove è sotto processo.
Dalla Norvegia, una lezione di civiltà
Qualcuno potrà dire (ha detto) che siamo nel campo del surreale assoluto, dello scollamento fra la realtà e un mondo onirico nel quale vigono solo princìpi astratti, che questo “trattamento” (soltanto 21 anni di pena, più le condizioni “norvegesi” di carcerazione, infine la sentenza sulla disumanità dell’isolamento) è una mastodontica offesa alle famiglie delle 77 vittime.
Tuttavia, non c’è dubbio: dalla Norvegia arriva un’altra lezione di civiltà.
I magistrati hanno avuto il coraggio di giudicare sulla base degli elementi di fatto e giuridici, non considerando il profilo e la proiezione pubblica di Breivik.
In Norvegia non c’è pena di morte, come non c’è ergastolo, una misura che contraddice il principio per cui qualsiasi reo possa emendarsi.
Rispetto ai paesi nei quali l’ergastolo esiste ma non c’è certezza di pena, si tratta di una posizione rispettabile e coerente.
E non c’è dubbio che si possa essere disumani (anzi, la tentazione di esserlo è ancora più forte) o comunque difensivi e quindi limitativi, rispetto a chi ha il diavolo in corpo. A chi non si è pentito e ha le mani lorde del sangue di decine di ragazzini. Ma non per questo si è meno disumani. E il diritto occidentale impone che la disumanità venga sempre punita.
La decisione dei magistrati di Oslo è quindi impeccabile.
Fa rabbrividire, dice qualcuno. Ma è il verdetto di un paese forte, anche idealmente, non il verdetto della sottomissione molle al carnefice trattato “con i guanti”.