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Amministrative 2016: così Matteo Renzi le ha sottovalutate

Dalla scelta di candidati deboli all'alleanza con Verdini: ecco perché il prossimo 5 giugno Matteo Renzi rischia di perdere le città simbolo

In occasione di una delle ultime direzione nazionali del Pd, Matteo Renzi ha dedicato un rapidissimo passaggio alla partita delle amministrative ormai alle porte. Allora mancava poco più di un mese al 5 giugno, ma il premier-segretario si confuse e ne aggiunse uno in più. In platea, tra i membri della stessa direzione, sedeva quel giorno anche una candidata al consiglio comunale di Roma che, dopo aver fatto un salto sulla sedia, ha afferrato il telefonino e gli ha subito spedito un messaggino: “Guarda Matteo, che non si vota tra due mesi...”. Il segretario, che non si perde un sms nemmeno di notte, chiudendo il suo intervento rettificò all'istante: “Mi correggo sulla data delle elezioni amministrative, stai tranquilla Estella: so che manca poco”.

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La sottovalutazione del test elettorale

Il simpatico siparietto rivela un dato di fatto che, almeno fino agli ultimissimi giorni, ha in parte condizionato questa campagna elettorale: l'assenza, o meglio la sottovalutazione, nell'agenda mentale di Matteo Renzi del tema delle elezioni amministrative. Solo oggi che ha capito che l'esito del referendum costituzionale, cui tiene moltissimo e al quale ha condizionato il proprio destino politico, passa anche attraverso il risultato nelle città al voto, Matteo Renzi ha preso coscienza della reale situazione nelle tre città chiave, forse anche pentendosi di alcune scelte se sono fondati i retroscena che lo descrivono come piuttosto deluso da alcuni dei candidati indicati direttamente da lui.

La scelta dei candidati

A Milano Beppe Sala, lanciato sull'agone elettorale con troppa fretta e troppo presto, ha progressivamente perso terreno facendosi raggiungere dal candidato del centrodestra Stefano Parisi che oggi sembra avere tutte le carte in regola per capovolgere i sondaggi iniziali che prevedevano una vittoria pressoché scontata dell'ex patron di Expo.

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A Roma Roberto Giachetti sta invece, al contrario, riuscendo ad entrare psicologicamente in partita soltanto adesso. Partito piuttosto basso, per settimane i sondaggi hanno addirittura messo in dubbio la possibilità che il vicepresidente della Camera, lanciato dal palco dell'ultima Leopolda quando, a sua insaputa, fu proiettata alle sue spalle un'immagine del Campidoglio, potesse arrivare al ballottaggio.

Attualmente è dato in recupero ma non è detto che la sua candidatura non sconti il ritardo con cui Giachetti stesso ha metabolizzato il livello di difficoltà della campagna elettorale romana. Evidentemente sottovalutato anche dal premier che almeno finora, forse perché al contrario consapevole dell'alto rischio di sconfitta, si è tenuto piuttosto alla larga.

A Napoli Valeria Valente, invece, non è proprio mai stata nemmeno presa in considerazione come possibile vincitrice delle elezioni. Nel capoluogo partenopeo sembra infatti destinato a ottenere la riconferma il sindaco uscente Luigi De Magistris e l'unico degli sfidanti accreditato a mettergli i bastoni tra le ruote è l'azzurro Gianni Lettieri.

L'asse con Verdini

Renzi ha anche sottovalutato l'impatto che il matrimonio d'interesse contratto in Parlamento con la truppa verdiniana, che ha votato a favore di tutti gli ultimi provvedimenti e relative fiducie, avrebbe avuto sulla partita per le amministrative. In alcune città (Napoli, Grosseto, Caserta e Cosenza) l'alleanza è formalizzata. Altrove, per esempio a Roma, il tentativo di Verdini di “infiltrarsi” nella campagna elettorale a favore del Pd – all'epoca delle primarie dichiarando il proprio appoggio al candidato renziano Roberto Giachetti – è stato prontamente stoppato dalla stessa dirigenza locale e anche da Giachetti in persona preoccupati dal rischio, piuttosto concreto, di una fuga da parte dell'elettorato più di sinistra difficilmente rimpiazzabile dai voti di Verdini.

Gli esperti di numeri dicono che nei comuni dove l'ex consigliere di Silvio Berlusconi appoggia il centrosinistra, il suo apparto varrebbe circa il 7-8%. Non poco. Fatto sta a che in città come Roma e Milano, dove la resistenza contro lo spostamento al centro dell'asse del Pd a trazione renzista è più forte, si è preferito lasciar perdere, almeno pubblicamente. Anche perché in entrambe le città tutti gli sforzi sono concentrati nel recuperare voti a sinistra più che al centro, per l'appunto.

La resa dei conti al congresso

Non sarà un caso che nell'ultimo anno l'indice di fiducia nei confronti di Matteo Renzi sia passato dal 39 al 33%. Sempre piuttosto alto, tutto sommato, per un premier in carica già da oltre due anni. Tuttavia in progressivo calo. E i risultati delle amministrative rischiano di trasformarsi per lui in un incubo. Non solo perché da un eventuale en plein di sconfitte a Milano, Napoli e Roma i suoi avversari ne trarrebbero slancio per fomentare al massimo la campagna per il “no” al referendum costituzionale, ma anche perché il congresso nazionale che si svolgerà, come annunciato da Renzi stesso, già tra dicembre e gennaio, si trasformerebbe in una durissima resa dei conti.

Per lui e per tutti gli esponenti locali della sua corrente. Tanto che a Roma (il Pd romano, oggi commissariato, celebrerà il proprio congresso in contemporanea con quello nazionale), qualora Giachetti perdesse, molti dirigenti locali già prevedono “fiumi di sangue”.

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Maria Franco