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Mignini, il pm che accusò Amanda: "Quante cose potrei dire oggi..."

Dopo la sentenza della Cassazione che annulla l'assoluzione per Knox e Sollecito, riparte il processo d'appello per l'omicidio di Meredith - il sondaggio - la fotostoria - il processo di Perugia: scheda - il video della scena del crimine -

La soddisfazione trapela dalla voce più che dalle dichiarazioni che, per ordine del procuratore generale, deve astenersi dal rilasciare.

Ma per Giuliano Mignini, pubblico ministero nel processo di primo grado per l'omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, avvenuto nella villetta di via della Pergola a Perugia nella notte tra il 1 e il 2 novembre del 2007, la decisione dei giudici della Cassazione di annullare l'assoluzione in appello di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, segna un punto importante a favore della tesi accusatoria da lui sempre sostenuta e che aveva trovato conferma nella condanna in primo grado a 26 anni per l'americana e a 25 per il suo fidanzatino pugliese di allora.

Come potrà andare a finire questa volta, se il nuovo processo d'appello confermerà la condanna o meno non può dirlo, "devo trattenermi", anche se di commenti, confessa lui stesso, avrebbe molta voglia di farne tanti.

Oltre a confermare in via definitiva la condanna a 3 anni, già interamente scontata, a carico di Amanda per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, i giudici di Cassazione hanno infatti annullato, su ricorso presentato dal Pg, la sentenza con cui il 3 ottobre del 2011 la Corte d'assise d'appello di Perugia aveva assolto i due imputati “perché il fatto non sussiste”.

Il processo di secondo grado è dunque da rifare.

“E' chiaro ed evidente che questa decisione non possa non soddisfarmi molto” commenta Mignini, oggi applicato alla procura generale dove sarà trasferito, quasi sicuramente, come sostituto su sua stessa domanda.

Anche se non mi occuperò più direttamente di questo caso, la mia attenzione – aggiunge – resterà alta”.

Probabilmente anche per motivi personali, oltre che professionali, visto che fu proprio lui che, parlando in aula davanti ai giudici d'appello, Amanda Knox accusò di averle, di fatto, estorto, dopo il suo arresto, false dichiarazioni. "Tutto ciò che ho detto – riferì la studentessa di Seattle - l’ho fatto perché messa sotto pressione. Le dichiarazioni sono state prese contro la mia volontà. Ho detto ciò che ha suggerito il pm”.

Sollecitato a commentare oggi le accuse di allora, Giuliano Mignini preferisce glissare “non c'è motivo di dire nulla, ma credo che tutti possano immaginare cosa stia pensando in questo momento”.

Nelle motivazioni della sentenza di condanna di primo grado i giudici parlarono di “movente erotico, sessuale, violento” accogliendo i risultati delle perizie sul Dna trovato su un coltello e sul gancetto del reggiseno di Mez. Perizie che furono messe in discussione in appello al punto da indurre i giudici di secondo grado a scrivere nelle motivazioni dell'assoluzione che i “mattoni” su cui si era basata la condanna “sono venuti meno” e a parlare di "insussistenza materiale" degli indizi, dalle tracce di Dna all'arma del delitto.

Adesso tutto ripartirà proprio da quelle tracce.

Probabilmente sì – spiega Mignini – anche se bisogna aspettare, anche in questo caso, per quale motivo la Cassazione ha annullato la sentenza d'appello: se è stata annullata l'ordinanza iniziale di riapertura del dibattimento, allora crolla tutto quanto, anche le perizie d'appello che questa volta si svolgerà a Firenze”.

Da magistrato Mignini non può dire molto di più di questo, ma da uomo non nasconde di essere d'accordo con gran parte dell'opinione pubblica che ancora aspetta di sapere chi altro partecipò all'assassinio di Meredith visto che Rudy Guede è stato condannato a 16 anni in via definitiva per “omicidio in concorso”.

Come aspettano di saperlo i genitori e i fratelli di Mez, ai quali Giuliano Mignini dice oggi di sentirsi “molto vicino”.

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Claudia Daconto