L’intervento militare in Afghanistan è servito o no?
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L’intervento militare in Afghanistan è servito o no?

I pro e i contro dell'intervento della Nato in Afghanistan

Perché l’intervento militare non è servito

Fin troppo facile concentrarsi sui mille errori fatti e sui problemi per predire il disastro. Facile ma ingiusto. Quest’anno si sono in realtà visti risultati incoraggianti: le forze afghane tengono meglio il campo: non sconfiggono i talebani, ma non cedono sotto ai loro attacchi. La stessa galassia dei combattenti islamisti sembra sempre meno coesa e alcune sue parti pronte all’accordo con Kabul. La nuova legge elettorale sembra dare maggiori garanzie per le prossime elezioni presidenziali (così da evitare il disastro delle elezioni precedenti). E anche dopo il 2014, con la fine dell’Isaf, la Nato non svanirà dal paese, continuando a garantire aiuti economici e militari. Certo, la situazione rimane instabile e pericolosa. L’atteggiamento del Pakistan è estremamente ambiguo; così come ambiguo e spesso meschino è il comportamento di politici e capi tribali afghani. Ma vi è un punto fermo: il paese si è trasformato durante questa decade e nessuno accetterebbe un ritorno a prima del 2001. È forse questo il pilastro più forte su cui contare.

Riccardo Redaelli, docente all’Università Cattolica di Milano

Perché l’intervento militare non è servito

Anche se fragile, l’Afghanistan è molto migliore del 2001. Basti pensare ai 7 milioni di studenti, per un terzo ragazze, alle organizzazioni impegnate nei settori sociale, culturale, produttivo e nella ricostruzione, al dibattito politico e alla libertà di informazione e critica. Però, se dopo 12 anni di intervento militare internazionale, rimane ancora senza vere risposte la domanda su cosa succederà dopo il 2014, ciò significa che la priorità all’intervento armato non ha dato i risultati sperati. Occorreva decisamente rispondere alle aspettative della popolazione: combattere la povertà, l’ingiustizia, la cultura dell’impunità, l’opprimente corruzione in ogni ambito pubblico, oltre a sostenere uno sviluppo diffuso. E bisognava mettersi per tempo all’ascolto delle ragioni altrui, sapendo che non vi è alternativa al dialogo politico con i talebani. Non è stato fatto in modo adeguato. Sarà difficile, ora, recuperare il tempo perduto, mentre cala l’interesse internazionale, Italia compresa.

Nino Sergi, presidente dell’ong Intersos

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