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Acqua: ecco perché il mondo ha sete

Aumento della popolazione, inquinamento, cambiamento climatico sono le cause dell'emergenza. Forse la soluzione va cercata nella natura

Perché c'è bisogno di dedicare ogni anno una giornata mondiale all'acqua? Perché ce n’è sempre meno, ne servirebbe invece sempre di più, e oltre due miliardi di abitanti del pianeta non hanno un accesso sicuro all’acqua potabile. Tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile individuati dalle Nazioni Unite, il numero sei consiste nell’assicurare la disponibilità e la gestione sostenibile dell'acqua e degli impianti igienici a tutti entro il 2030. Ci sono progressi nella giusta direzione, ma moltissimo va ancora fatto e il cambiamento climatico rappresenta una sfida ulteriore con la quale tocca fare i conti.

Il problema numero uno è la scarsità

Oltre due miliardi di persone nel mondo vivono in paesi che si trovano in una situazione di stress idrico. Vuol dire che il rapporto tra l'acqua dolce totale prelevata e le risorse totali di acqua dolce rinnovabile supera la soglia del 25%. L'Africa settentrionale e l'Asia occidentale hanno livelli di stress idrico superiori al 60 per cento, il che indica la forte probabilità di una futura scarsità d'acqua.

Secondo UN Water, che coordina il lavoro delle Nazioni Unite sul tema, nel 2030 il 47% della popolazione mondiale vivrà in zone con elevato stress idrico. L'OCSE afferma che l'uso di acqua è cresciuto a più del doppio del tasso di incremento della popolazione e prevede che la domanda di acqua aumenterà del 55% a livello globale entro il 2050, a causa della produzione industriale, della produzione di elettricità e dell'aumento della domanda nel settore agricolo.

Con lo scenario attuale dei cambiamenti climatici, entro il 2030, la scarsità d'acqua in alcuni luoghi aridi e semi-aridi obbligherà a spostarsi tra i 24 milioni e i 700 milioni di persone. Occorrono buone pratiche alle quali ispirarsi. Per esempio in Israele, dove il problema della scarsità d'acqua è molto importante, si riesce a coltivare nel deserto e l'85% delle acque reflue domestiche viene purificato e riutilizzato per l'agricoltura.

Le cause dell'emergenza

La quantità d'acqua dolce a disposizione degli abitanti del pianeta sta diminuendo. Le cause sono diverse. L'inquinamento che deriva dall'impiego di pesticidi, fertilizzanti e dai rifiuti umani e industriali. L'agricoltura, che utilizza il 70% dell'acqua dolce accessibile del pianeta, sprecandone più della metà con sistemi di irrigazione inefficienti e scelte poco oculate in termini di colture. L'uso sprecone di acqua in agricoltura sta prosciugando fiumi, laghi e falde sotterranee e molti dei paesi dove si producono grandi quantità di cibo stanno per raggiungere il limite delle loro risorse idriche.

Poi c'è l'aumento della popolazione, un fattore in grado di peggiorare l'impatto dei due precedenti, ma che ha a sua volta un ruolo nell'aumento dei consumi. La popolazione mondiale è raddoppiata in 50 anni. Questa rapida crescita, accompagnata da sviluppo economico e industrializzazione, ha trasformato gli ecosistemi acquatici in tutto il mondo. Oggi il 41% della popolazione mondiale vive in bacini fluviali che sono in una situazione di stress idrico. Ogni nuovo abitante della Terra ha bisogno di cibo, riparo e abbigliamento, il che determina una maggiore pressione sull'acqua dolce attraverso la produzione di materie prime e di energia.

I cambiamenti climatici sono destinati a ridurre la disponibilità d'acqua in alcune zone, ma l'effetto più evidente che avranno sarà quello di far aumentare la variabilità. L'alternarsi di precipitazioni e periodi secchi non sarà più facilmente prevedibile il che aumenterà l'incertezza rispetto all'approvvigionamento d'acqua oltre a causare danni e disagi nelle popolazioni colpite da eventi estremi.

Consumi intelligenti per far fronte alla crisi

I consumi di acqua dolce sono triplicati negli ultimi 50 anni. E' stato calcolato che la domanda aumenta di 64 miliardi di metri cubi all'anno. La popolazione mondiale cresce di circa 80 milioni di persone l'anno. I cambiamenti negli stili di vita e nelle abitudini alimentari degli ultimi anni richiedono un maggiore consumo di acqua pro capite.

Se vogliamo avere un ruolo nella realizzazione del risparmio idrico, dobbiamo operare dei cambiamenti nelle nostre abitudini per far sì di diminuire il nostro impatto su una risorsa già scarsa come l'acqua dolce. Secondo waterfootprint.org, un network che ha come scopo l'uso intelligente ed equo dell'acqua dolce, per produrre 1 kg di carne bovina sono necessari 15.415 litri di acqua, rispetto ai 1.608 litri per 1 kg di pane. Tutto ciò che usiamo, indossiamo, compriamo, vendiamo e mangiamo richiede acqua per essere prodotto. Se diventassimo maggiormente consapevoli di quanta acqua "costano" le nostre scelte e i nostri comportamenti, saremmo più invogliati a risparmiarla.

La nostra impronta idrica

L'impronta idrica misura proprio questo, la quantità di acqua utilizzata per produrre ciascuno dei beni e servizi che usiamo. Può essere misurata per un singolo processo, come la coltivazione del riso, per un prodotto, come un paio di jeans, per il carburante che mettiamo nella nostra auto o per un'intera multinazionale. L'impronta idrica può anche dirci quanta acqua viene consumata da un particolare paese - o globalmente - in uno specifico bacino idrografico o da una falda acquifera.

L'impronta idrica cinese è di circa 1070 metri cubi all'anno pro capite. Il Giappone ha un'impronta di 1380 metri cubi all'anno pro capite, circa il 77% della sua impronta idrica totale è fuori dai confini del paese. L'impronta idrica dei cittadini statunitensi è di 2840 metri cubi all'anno pro capite. Circa il 20% di questa impronta idrica è esterna, la parte più grande si trova nel bacino del fiume Yangtze, in Cina. L'impronta idrica globale dell'umanità nel periodo 1996-2005 è stata di 9087 miliardi di metri cubi all'anno.

Soluzioni basate sulla natura

Il tema della Giornata mondiale dell'acqua per quest'anno è La natura per l'acqua. "Quando trascuriamo i nostri ecosistemi, rendiamo più difficile fornire a tutti l'acqua di cui abbiamo bisogno per sopravvivere e prosperare. Le soluzioni basate sulla natura hanno il potenziale per risolvere molte delle nostre sfide idriche. Dobbiamo fare molto di più con l'infrastruttura "verde" e armonizzarla con l'infrastruttura "grigia" laddove possibile", si legge nel sito dedicato all'evento.

Cosa significa? "Piantare nuove foreste, ricollegare i fiumi alle pianure alluvionali e ripristinare le zone umide" per riequilibrare il ciclo dell'acqua. Le soluzioni sono molteplici e spaziano in vari campi. L'inquinamento dovuto all'agricoltura, per esempio, può essere drasticamente ridotto ricorrendo a soluzioni naturali come l'agricoltura di conservazione, che protegge il suolo dall'erosione, e a zone ripariali, strisce di terra lungo i corsi d'acqua in cui piantare alberi e arbusti.

L'infrastruttura verde è quell'insieme di sistemi naturali o semi-naturali che può dare benefici equivalenti o simili all'infrastruttura grigia, costruita dall'uomo. I benefici di questo approccio vanno oltre i servizi relativi all'acqua. Ad esempio, costruire zone umide da utilizzare per il trattamento delle acque reflue può fornire biomassa per la produzione di energia, migliorare la biodiversità e creare spazi ricreativi. Serve ancora molta ricerca e ovviamente la volontà politica per implementare azioni di questo tipo.

Quello che è certo è che con lo scenario business as usual, cioè senza fare niente per cambiare le cose, quella idrica potrebbe diventare nel giro di pochi decenni l'emergenza numero uno da affrontare per gli abitanti del pianeta e dar luogo a migrazioni e guerre. 

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Marta Buonadonna