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(Ansa)
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Il Papa in Ucraina, l'unica tregua possibile anche per un solo giorno

I mille dubbi del Pontefice sul viaggio in Ucraina tra diplomazia, voglia di pace e richieste d'aiuto che faticano a rimanere inascoltate

Si parla tanto del possibile viaggio del Papa in Ucraina. Se ne parla da settimane ed è stata per diversi giorni molto più che una ipotesi, che però oggi pare tramontata. All’inizio le difficoltà erano legate alla totale mancanza di sicurezza. Erano i giorni in cui a Kiev risuonavano di continuo le sirene, giorni di bombe e missili sulla capitale che sembrava sull’orlo della capitolazione. Poi però le cose sono cambiate. Le forze russe, forse per la resistenza ucraina mal calcolata o forse per altri piani bellici, hanno arretrato, dirigendosi verso est, verso il Donbass e Mariupol.

Kiev è diventata luogo molto più sicuro al punto che diversi leader europei hanno compiuto visite e sono riusciti ad incontrare il presidente Zelensky. Primo tra tutti Boris Johnson, poi la Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, infine il premier spagnolo Sanchez ed in ultimo ieri il presidente del parlamento europeo Michel.

Viaggi svolti nella quasi totale sicurezza, senza bombe, missili, fughe dell’ultimo momento. Quindi il tema sicurezza ormai è sdoganato.

C’è poi una corrente secondo cui ci sarebbero regole e norme interne al Vaticano che renderebbero complicato organizzare la trasferta. Sarà, ma la cosa non crediamo sia in grado di fermare Papa Francesco, un Pontefice che come pochi se vuole fare una cosa la fa, punto.

Pochi giorni fa ci ha però pensato lo stesso Papa a spiegare il no. «Che senso avrebbe andare in Ucraina se alla fine questo comportasse non la fine della guerra ma solo la sospensione dei combattimenti per un giorno?». A questo poi vanno aggiunte le conseguenze non certo positive delle frasi arrivate da Kiev contro la decisione di Bergoglio di affidare durante la Via Crucis del Venerdì Santo, la croce ad una donna russa e ad una ucraina, insieme. Inoltre, si dice in Vaticano, andare a Kiev sarebbe uno schiacciarsi sulle posizioni ucraine e questo potrebbe mettere a repentaglio il già difficile lavoro diplomatico con la chiesa di Mosca.

Ragionamento che non fa una piega. Francesco vuole chiede e lavora con forza la Pace e la pace non ha le ore contate, non va a tempo. La Pace è per sempre, ovunque, va persino oltre il concetto della tregua che è stata utilizzata (con alterne fortune) in Ucraina in diverse situazioni.

Poi però c’è stata Mariupol, l’assedio all’acciaieria Azovstal dove si sono rifugiati quel che resta dei soldati ucraini ma anche centinaia di civili. Ed abbiamo visto i loro video; bambini che da un mese vivono, anzi, sopravvivono sottoterra nell’unico luogo sicuro di una città distrutta da una bomba atomica non unica e non caduta in un solo unico istante ma divisa in giorni e giorni di bombardamenti aerei e di artiglieria senza sosta con armi convenzionali. Una città di 500 mila abitanti che non c’è più, come Aleppo, come Grozny.

Quei bambini, nei loro filmati, raccontano di sognare il ritorno alla vita, all’aria aperta. E questo ci ha fatto vacillare, forse ha fatto vacillare anche il Vaticano. Cosa sarebbe per loro quell’unico giorno di tregua, di libertà all’aria aperta, per l’arrivo del Papa. Sarebbe un regalo incredibile e magari anche l’occasione per poterli mettere in fuga lontano da lì, in altre città o in nazioni vicine come già successo a 5 milioni di ucraini.

Certo, un giorno senza armi non darebbe la Pace (scritto volutamente in maiuscolo) ma potrebbe mettere in salvo migliaia di persone a Mariupol ed in altre città dove i civili non hanno via di fuga. E forse anche a questo starebbe pensando Papa Francesco

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Andrea Soglio