Musica

Fabio Rovazzi dopo il boom di "Andiamo a comandare"

L'autore del tormentone dell'anno (non chiamatelo "cantante") si racconta e promette: "Non finisce mica qui"

"Cantante a chi?" Non gioca con le parole Fabio Rovazzi, quando gli si chiede definirsi, di dare un nome a quella forma di intrattenimento musicale che s’è inventato online e ne ha fatto una star. Tutto con un solo brano:Andiamo a comandare, il più cliccato (oltre settantaquattro milioni di views su Youtube), venduto (tre dischi di platino) ed ascoltato (9 milioni e mezzo di streaming su Spotify) del 2016.

Un boom pazzesco quanto contagioso: "Oh, ma è forte questo Rovazzi" declama Gianni Morandi su Facebook dimenandosi sulle note dell’hit dell’anno. Per non parlare dei due professori, uno di Como e l’altra di Pesaro che hanno tradotto il testo della canzone in latino («Imperatum adeamus») e greco («Erchometha egehesomenoi») per il diletto dei loro studenti.  

Tra giovani popstar afone che fingono di avere un’ugola da campioni e starlette che si esibiscono in playback, lei ha scelto la strada della franchezza indossando una t-shirt esplicita: Sì ma non so cantare...
La maglietta dice la verità: io non sono un cantante. Non lo sono nemmeno tecnicamente, nel senso che non so usare il diaframma. Sto prendendo lezioni in questi giorni. Mi sento più un comico musicale, un fan di Elio e le Storie Tese. Quest’estate, al Summer Festival, in mezzo  a tutti quei professionisti della voce, mi sentivo un pesce fuor d’acqua.

La sua hit recita: «Non mi fumo canne, sono anche astemio, io non faccio brutto». L’esatto opposto degli stereotipi da rapper
Questo aspetto ha colpito molto, ma non volevo fare il predicatore o passare per un bacchettone. Ci tenevo solo a sottolineare che divertimento non è sinonimo di droga o di sballo.

Alla luce di quel che è successo, sembra che lei abbia individuato al primo colpo la formula magica per far breccia nell’immaginario collettivo. Che cos’è che trasforma un pezzo elettronico di tre minuti e mezzo in un inno generazionale?
Nessuno si siede al computer e dice: adesso scrivo un tormentone. Così, non vai da nessuna parte. Vincono l’idea fulminante, l’intuizione e la spontaneità. Certo, gli ingredienti per far breccia sono sempre gli stessi: mini frasi che si stampano in testa, ritmo, una melodia martellante e un balletto curioso. Ma poi dipende da come li combini questi ingredienti.
In cucina è lo chef che fa la differenza. Sa qual è la strofa più gettonata della mia canzone? Quella in cui J-Ax mi urla: "Rovazzi, ma che cazzo fai?".

Da dove viene lo slogan Andiamo a comandare? Ha una valenza politica?  
No, non sono interessato alla politica e ancora meno a parlarne nelle interviste. Andiamo a comandare era uno slogan che girava nel web e su Facebook, ma ancora oggi nessuno sa esattamente come sia nato. A me, se parliamo di sensazioni a pelle, è sembrato subito fortissimo.

Più che una gavetta da musicista, lei ha un passato da videomaker. Che cosa ha fatto in quest’ambito?
Ho lavorato per molte aziende. Realizzavo gli script per i video che miravano a promuovere e a raccontare i loro prodotti: grosse banche, marche di scarpe. Ho fatto l’autore. Le mie fonti di ispirazione sono il linguaggio di Elio e Le Storie Tese, la comicità dei Monthy Phyton o quella dei Loonely Island, un trio di comici-cantanti americani che fanno parodie irresistibili.   

Chi era Fabio Rovazzi da adolescente?
Un incredibile secchione che viveva a Lambrate, un quartiere di Milano. Non ho mai avuto una compagnia, stavo molto per conto mio. Poi, è arrivata la passione per la tecnologia e mi sono messo
a lavorare in un negozio di elettronica. Ho frequentato per quattro anni il liceo artistico, fino a quando mi sono reso conto che il disegno non faceva per me e mi son messo a produrre video. Ho iniziato con le immagini che accompagnano le serate in discoteca. Guadagnavo intorno ai settanta euro per ogni clip.

Immagino sia conspaevole di avere tanti detrattori che non riescono a capacitarsi del suo successo.
Capisco che possa far girare le scatole assistere al boom di un non cantante che gira un video seduto su un trattore a Ibiza.  Detto questo, ci ho preso gusto e la mia avventura musicale non si fermerà qui. Sto lavorando ad altri brani molto divertenti. Chissà che cosa succederà...

UFFICIO STAMPA
ROVAZZI

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Gianni Poglio