Lucio Dalla: perché "4/3/1943" è un capolavoro senza tempo
Musica

Lucio Dalla: perché "4/3/1943" è un capolavoro senza tempo

Il brano, classificato terzo a Sanremo nel 1971, ha come titolo la data di nascita del cantautore, che oggi avrebbe compiuto 76 anni.

Marzo è un mese che non può lasciare indifferenti i numerosi fan di Lucio Dalla.

Il 1 marzo 2012, sette anni fa, ci lasciava il grande cantautore bolognese, stroncato da un infarto a Montreux, la città del jazz, dove si era esibito la sera precedente.

Oggi, 4 marzo 2019, Dalla avrebbe compiuto 76 anni, età in cui diverse pantere grigie del rock (si pensi ai glimmer twins Mick Jagger e Keith Richards o a Paul McCartney) sono ancora in piena attività.

Impossibile dimenticare la data di nascita di Lucio grazie a 4/3/1943, probabilmente una delle  più belle canzoni italiane di sempre.

Con essa Dalla, allora ventottenne, arrivò terzo a Sanremo nel 1971, inaugurando un nuovo corso della sua carriera, vincendo inoltre il premio del miglior testo assegnato da una giuria presieduta da Mario Soldati.

Ad accompagnarlo sul palco c’era l’Equipe 84, che in seguito incise una sua versione del brano.

Il testo e il significato della canzone

Il testo è di Paola Pallottino, figlia del più grande etruscologo italiano, che all'epoca era operatrice nel mondo della pubblicità e poetessa dilettante, divenuta poi docente di Storia dell'illustrazione al DAMS di Bologna.

4-3-1943 racconta la storia di una ragazza di sedici anni che rimane incinta di un soldato alleato che poi morirà in guerra. Anche la ragazza, che crescerà da sola il figlio, avrà vita breve. A ricordare la sua storia è lo stesso figlio, chiamato ancora in età adulta Gesù bambino (il titolo originale della canzone).

Il brano ha avuto tre versioni: quella originale, quella di Sanremo censurata e quella registrata sul leggendario Banana Republic del 1979, realizzato con De Gregori.

La censura

Nel testo originale l'epilogo della storia era "e anche adesso che bestemmio e bevo vino, per ladri e puttane sono Gesù Bambino".

Dopo una breve trattativa con i dirigenti della Rai il verso fu trasformato in "e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino".

Anche il titolo Gesùbambino, giudicato irrispettoso, fu cambiato all’improvviso prendendo spunto dalla data di nascita di Lucio, pur non essendo una canzone autobiografica.

Le altre versioni

4/3/1943 fu interpretata in francese, nello stesso anno, da Dalida, con un testo firmato da Pierre Delanoë.

La versione più famosa è però quella di Chico Buarque de Hollanda, intitolata Minha história, che ascoltò la canzone direttamente da Dalla, la memorizzò a orecchio e ne scrisse un testo in portoghese.

Molto bella anche la versione che ne fece Maria Bethania. Da noi ebbe un buon successo la cover dell’Equipe 84, che accompagnò Lucio proprio sul palco di Sanremo 1971.

Lo stile della canzone

Il brano non è il tipico motivo sanremese, ma presenta le caratteristiche di una ballata popolare da cantastorie, con quattro strofe uguali, introdotte da un orecchiabile refrain di violino suonato da Renzo Fontanella.

L’arrangiamento è merito di Ruggero Cini.

Lucio ha sottolineato che 4/3/1943 era l'unica canzone ancora in grado di commuoverlo mentre la cantava.

La copertina 

La copertina del 45 giri, pubblicato dalla Rca, raffigura il porto di Manfredonia in bianco e nero, il luogo dove Lucio aveva trascorso le sue vacanze estive da bambino e da adolescente.

Una suggestiva foto in bianco e nero, con una freccia che indica il palazzo presso il quale il cantautore alloggiava con sua madre in quelle indimenticabili estati.

Il lato B

Sul lato B è inciso Il fiume e la città, con testo di Sergio Bardotti e musiche di Armando Franceschini e Dalla.

La canzone era già stata pubblicata l'anno prima nell'album Terra di Gaibola.

Il testo completo

Dice che era un bell'uomo e veniva
Veniva dal mare
Parlava un'altra lingua
Però sapeva amare
E quel giorno lui prese a mia madre
Sopra un bel prato
L'ora più dolce prima d'essere ammazzato
Così lei restò sola nella stanza
La stanza sul porto
Con l'unico vestito ogni giorno più corto
E benché non sapesse il nome
E neppure il paese
M'aspettò come un dono d'amore fino dal primo mese
Compiva sedici anni quel giorno la mia mamma
Le strofe di taverna
Le cantò a ninna nanna
E stringendomi al petto che sapeva
Sapeva di mare
Giocava a far la donna con il bimbo da fasciare
E forse fu per gioco o forse per amore
Che mi volle chiamare come nostro Signore
Della sua breve vita è il ricord, il ricordo più grosso
È tutto in questo nome
Che io mi porto addosso
E ancora adesso che gioco a carte
E bevo vino
Per la gente del porto mi chiamo Gesù bambino
E ancora adesso che gioco a carte
E bevo vino
Per la gente del porto mi chiamo Gesù bambino
E ancora adesso che gioco a carte
E bevo vino
Per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino

TIZIANA FABI/AFP/Getty Images
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Gabriele Antonucci