Quante volte, ascoltando in streaming le nuove uscite discografiche del venerdì mattina, abbiamo avuto l’impressione di aver sentito lo stesso brano più volte, con leggere variazioni sul tema e con ospiti diversi? Un’impressione avallata dal fatto che, nel pop mainstream italiano, troviamo quasi sempre gli stessi autori e gli stessi produttori, che prestano la loro opera a una moltitudine di cantanti, non sempre con una personalità artistica così delineata da spiccare rispetto alla concorrenza.
Chi sfugge completamente a questo meccanismo del deja vu è Venerus (nome d’arte di Andrea Venerus), milanese, classe 1992, artista poliedrico, cosmopolita e raffinato, un cantautore e polistrumentista che è riuscito a guadagnarsi sul campo, grazie al suo folgorante album d’esordio Magica Musica del 2021 (nonostante la distribuzione di una delle più importanti major al mondo), la libertà artistica di fare quello che vuole, infischiandosene dei trend oggi più in voga nel mercato musicale.
In un momento in cui gli album sono sempre più delle playlist con brani a sé stanti e con uno sfoggio barocco di ospiti, con sonorità sintetiche e fin troppo “ripulite”, Il Segreto è un disco di moderno cantautorato, con una sua ispirazione complessiva (pur non essendo propriamente un concept album), senza alcun ospite, tutto suonato in presa diretta da una band affiatata e senza abbellimenti realizzati in postproduzione al computer. Un lavoro perfettamente imperfetto, realizzato senza metronomo o successivi edit, che trasuda amore per la musica suonata degli anni Sessanta e Settanta, senza confini di genere, quasi un inno alla libertà creativa, mentre la discografia utilizza troppo spesso gli stessi loop e vuole che tutto sia facilmente incasellabile in compartimenti ben delineati. In un’epoca in cui le canzoni sono troppo spesso tappeti sonori creati con gli stessi meccanismi industriali del fast food per essere consumate entro pochi minuti, le canzoni del nuovo album di Venerus sono piatti gourmet cucinati con attenzione maniacale a ogni dettaglio, destinati a durare e a crescere nel tempo. Ascoltando l’album, che si apre con l’intensaIstruzioni, si ha davvero l’impressione, per il calore e l’intimità che trasmette, di trovarsi all’interno del magazzino di Bovisa (quartiere della periferia Nord di Milano) trasformato in studio casalingo da Venerus, la cui voce soulful, affinata in tanti anni di attività live a Londra, è il comune denominatore di brani musicalmente assai diversi tra loro. Il rumore di sottofondo di un treno, di passi e di risate rende tutto molto più reale e vissuto, quasi come se fosse una esibizione di amici intorno a un falò. «L’album ha una forte componente comunitaria, tanto che potrei dire che è stato suonato dalla band dei Venerus!», sottolinea ironicamente l’artista milanese nell’incontro con la stampa. «Nel disco si parla molto di comunità, nel senso dei miei amici musicisti: anche se le canzoni le ho scritte io, c’è un forte elemento di condivisione che attraversa tutti e dieci i brani. In questo senso l’esperienza dei live mi ha aiutato molto: nei concerti, insieme ai componenti della mia band, ci siamo accorti di quanto fosse più congeniale improvvisare ed eliminare dalla performance tutta la parte digitale. Lavorando in questo modo ogni concerto è unico e irripetibile. Magari un pezzo lo suoni una volta veloce, l’altra lenta: un’altra ancora, ti prendi bene e il pezzo dura dieci minuti in più. Così mi sono detto: perché non fare un intero disco in questo modo?». Un’intuizione sviluppata insieme al produttore e amico di lunga data Filippo Cimatti, che da un lato gli ha dato massima libertà artistica e dall’altro lo ha aiutato a trovare una sintesi alle sue intuizioni. «Filippo è il migliore amico, viveva in America, ora è in Italia da un anno e mezzo: è simile a me, ma anche l’opposto su alcune cose», sottolinea Venerus. «Mi ha proposto un ‘metodo di lavoro’, che io per un periodo rivendicavo di non avere. Avere delle regole non è stato semplice all’inizio, anche solo per una questione di mia difesa personale. Questa scelta ha rotto la barriera del dover scrivere da solo e mi ha fatto superare un blocco. Lavorare in gruppo non toglie nulla alla propria intimità. Tutto il progetto si muove su questo equilibrio. Sono io, ma c’è anche una band, ci sono diversi collaboratori».
Dopo un brano lento, Istruzioni, quasi un intimo gospel bianco che si interroga sul funzionamento delle relazioni umane, i ritmi diventano sostenuti con la sorprendente Sai che c’è, che ha quasi una ritmica drum ‘n’ bass anni Novanta, mentre i cori e le chitarre si rincorrono attraverso un testo onirico, che racconta un viaggio, fra realtà e fantasia, dopo che due sguardi si incrociano casualmente. Sola, che racconta il punto di vista di una ragazza che si trova in un locale notturno, si muove in un ambito rock-blues, con continui stop and go e improvvisi trick, mentre Sai che c’è torna in un alveo cantautorale, pur con un ritmo cadenzato e svisate bluesy di chitarra, con un testo ricco di sensualità. Il tuo cane (descritto da Venerus come il suo brano preferito) si ispira apertamente nel titolo al celebre brano di Iggy Pop e The Stooges, anche se le intenzioni artistiche sono assai diverse: un vero e proprio inno di devozione alla persona amata, che parte lento e sospeso, per poi diventare quasi un grintoso pezzo grunge alla Soundgarden (con tanto di citazione di Battiato quando canta «sarò la tua cura in ogni gioia e nel dolore»).
Venerus ha confessato alla stampa di essersi ispirato, nel processo creativo, al documentario Get Back dei Beatles e di essere partito in ogni brano dalla stesura del testo, per poi occuparsi della musica: l’influenza dei Fab Four, soprattutto quelli psichedelici di fine anni Sessanta, si avverte molto nel brano Non imparo mai, nel quale ripete quasi come un mantra che «continuo a fare le stesse cazzate, non imparo mai» e che «”Ma ormai hai fatto 30 anni, quando pensi di crescere?” A essere sincero non lo so e non me ne frega niente». Binari è un’intensa break up song, dal sapore blues, che ha una suggestiva coda strumentale di pianoforte e cori eterei, realizzati dallo stesso Venerus utilizzando l’elio. Pensieri in musica è una breve e delicata piano ballad di un minuto e mezzo, che porta al pezzo più ballabile e pop dell’album, Resta qui, un brano fresco e estivo con la cassa in quattro che è stato scelto saggiamente come singolo di lancio di un progetto tutt’altro che commerciale, assai lontano dall’urban di Magica Musica. Il brano di chiusura dell’album, Fantasia, è quasi il manifesto della poetica senza compromessi e senza confini di genere di Venerus: un invito a coltivare il potere dell’immaginazione, anche e soprattutto quando siamo adulti, come ultimo argine al declino e al nichilismo nel quale siamo costantemente immersi: «Ho costruito il mio castello sopra le nuvole/Ora non voglio aprire gli occhi, non voglio smettere/Ed ho sentito la mia voce cantare qualsiasi melodia/Ma nessuna è così dolce come la fantasia». La canzone è stata realizzata nel modo più semplice possibile: quattro persone in tondo che suonano insieme con due microfoni. Forse è proprio per questo che Fantasia riesce a toccare le corde più profonde dell’ascoltare, portandolo naturalmente a premere di nuovo play per immergersi per un’altra mezz’ora nel mondo magico e fuori dal tempo di Venerus. «La condizione umana che più crea una sospensione è quella del segreto», ha spiegato l’artista milanese. «Il segreto come promessa, il segreto come ricetta, il segreto come origine di una meraviglia. In un mondo che va verso l’intelligenza artificiale, questo album è il manifesto di una musica umana».
