Alessandro Cattelan
Ufficio Stampa
Televisione

Il flop di Cattelan schiacciato dalla pallavolo (ma non solo)

Non bastano i super ospiti, il battage pubblicitario e le alte aspettative: Da Grande è stato battuto sia da Italia-Slovenia, la finale degli Europei di pallavolo maschile, che da Scherzi a Parte. Doveva portare pubblico nuovo, invece i giovani hanno guardato altro

Lo sgambetto è stato di quelli clamorosi: l'Italvolley ha fatto floppare il nuovo show di Alessandro Cattelan che, preceduto da grandi aspettative, ha prodotto domenica sera un risultato più che modesto. Prima di tutto i freddi numeri: 3.408.000 telespettatori e 15,84% di share per Italia-Slovenia, la finale degli Europei di pallavolo maschile trasmessa da Rai3, contro i 2.376.000 telespettatori e il 12,67% di share di Da Grande, su Rai1. Insomma, il debutto in Rai di Cattelan è stato di quelli che più tiepidini non si può. Ma davvero la «colpa» è tutta del volley, che pure ha sottratto pubblico e scompaginato i piani di chi aveva scommesso su Cattelan-traghettatore di pubblico nuovo su Rai1?

Le cose in realtà sono un po' più complesse di come appaiono e tocca sganciarsi dalla logica dei processi alle intenzioni e dei dati usati come clava (per altro sempre con due pesi e due misure), come sta accadendo da ieri sui social. «La verità è che i numeri del volley non se li aspettava nessuno. Erano tutti terrorizzati da Juventus-Milan su Dazn e invece lo sgambetto glie lo abbiamo involontariamente fatto noi in casa», racconta a Panorama.it un dirigente Rai. Il paradosso dei numeri: sabato sera Rai3 sprofondava verso dati da prefisso telefonico con lo show Ricomincio da RaiTre (1,9% di share), la sera dopo la rete diretta da Franco Di Mare volava oltre il 15%. Del resto, è un'annata d'oro per lo sport in tv e dopo gli Europei di calcio, le Olimpiadi, le Paralimpiadi e il trionfo del volley femminile, il pubblico continua ad aver voglia di epopee sportive di cui godere (possibilmente in chiaro, gratis e senza intoppi tecnologici). Soprattutto il pubblico più giovane, tanto che nella fascia tra i 15-34 anni lo share ha toccato il 16.5%, abbassando notevolmente la media anagrafica di Rai3. Insomma, una parte del potenziale bacino dello show di Cattelan stava altrove, su Rai3 e probabilmente su Dazn (i dati degli ascolti li forniranno mercoledì), ma anche su Canale5 visto che nella fascia 15-34enni Cattelan si è fermato al 9.3% ed è stato quasi doppiato da Enrico Papi con Scherzi a parte al 17.5%.

«L'offerta sportiva particolarmente forte ha condizionato il tutto e il programma ha dimostrato poca capacità di attrarre pubblico maschile», osserva il dirigente Rai. Pubblico maschile, giovane e istruito che invece la Rai si aspettava da Da Grande. Che paradossalmente è invece andato forte sul pubblico femminile di Rai1 (over 55), con qualche punta sulle ragazze tra i 15 e 19 anni, mentre sul target commerciale (quello che interessa agli investitori) Scherzi a parte ha portato a casa il 15.1% contro il 10% di Cattelan. Se la missione era dunque quella di portare «pubblico diverso e più giovane» sull'ammiraglia Rai, il tentativo è riuscito solo in minima parte. È andata meglio sul fronte del rinnovamento del linguaggio, sicuramente contemporaneo, anche se viene facile immaginarsi le facce stranite di buona parte del pubblico davanti al tv mentre Cattelan e i suoi ospiti citavano il fenomeno dei Bts o discutevano (seppure ironicamente) di appropriazione culturale o analizzavano l'uso di Instagram. Insomma, va bene rompere i «codici linguistici» ma sempre avendo chiaro a che pubblico si sta parlando. Poi che Cattelan sia un fuoriclasse, tra i pochi volti su cui scommettere per il presente e il futuro della tv, è indubbio. Pecca un po' di autoreferenzialità (soprattutto nei monologhi) ma sa comunque ironizzare sull'etichetta di «giovane promessa» che gli hanno affibbiato (ha 41 anni e fa tv da venti), sa tenere la scena e sopratutto testa a ospiti molto più famosi di lui, rompe la liturgia e va oltre il compitino del bravo conduttore alla «signore e signori, buonasera». Al netto degli ascolti, cos'ha funzionato e cosa no in Da Grande? Tra i momenti sì, l'omaggio a Raffaella Carrà fatto da Elodie (è stato Amadeus il primo a intuire il potenziale televisivo da performer della cantante), lo sketch-quiz con Cattelan e Marco Mengoni, l'incontro con Paolo Bonolis (per quanto chiuso in gran fretta per dare la pubblicità). Non ha funzionato invece l'ospitata de Il Volo - l'intenzione sulla carta era buona, ma venti minuti sono sembrati trecento – e nemmeno l'intervista a Luca Argentero, che è parsa davvero un segmento alla EPCC. «Cattelan fa Cattelan», hanno scritto in molti sui social: ma è un merito o un demerito? Il problema di Da Grande non è che tanto fosse o meno una copia monstre ad alto budget del late show che Cattelan conduceva di Sky Uno e nemmeno che Cattelan faccia sé stesso (ha una sua identità televisiva ed è fedele a quella, per fortuna), quanto che allo show sia mancato il «racconto» che dava il senso all'evento. «Abbiamo un po' rosicato per l'Italia: la pallavolo ci ha un po' segato le gambe, ma cosa devi fare? In questi casi devi mettere l'orgoglio italiano davanti a tutto. Io sono un grande tifoso della pallavolo italiana, quindi sono anche un po' contento contro il mio stesso interesse di quello che hanno fatto», ha ammesso Cattelan commentando gli ascolti bassi. Vedremo se domenica prossima, senza l'incognita volley, farà meglio.

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Francesco Canino