Ci piaccia o no dobbiamo fare i conti con il fatto che il virus del Covid-19 potrebbe non essere l’ultimo a minacciare la specie umana. Se è arrivato all’uomo da una fonte animale, ci potrebbero essere molti altri virus simili pronti a fare lo stesso salto di specie. Ecco perché ricercatori dell’università della California hanno catalogato e classificato ben 887 virus presenti in specie selvatiche potenzialmente capaci, in certe condizioni, di passare all’uomo con un salto di specie (detto anche ‘spillover’ in inglese). Conoscere il rischio è il primo passo per prevedere.
Si sapeva già che buoni candidati per il salto di specie erano virus provenienti da specie a noi vicine dal punto di vista evolutivo: infatti, in questo caso, i patogeni possono mutare e adattarsi con più facilità alla nuova specie. Ma per stilare la loro classifica i ricercatori hanno valutato altri due fattori: le caratteristiche del virus e il contesto ambientale. I loro risultati sono stati pubblicati su Pnas e sono visualizzabili su un app chiamata Spillover, consultabile all’indirizzo https://spillover.global. Scopriamo che un Coronavirus da poco scoperto e non ancora ben conosciuto si chiama Predict_Cov-35, ha distribuzione semiglobale e fa parte dei primi 20 virus più a rischio di passare all’uomo.
La cosa interessante è che il virus del Covid-19 figura al secondo posto della classifica di rischio perché la probabilità di un secondo salto di specie all’uomo è molto alta. Figura al primo posto il virus della Febbre di Lassa, che provoca una febbre emorragica e che è comparso nel centro Africa nel 1969: anch’esso potrebbe rifare un salto di specie. Esempi di altri virus ad alto rischio di passare all’uomo sono anche il Coronavirus 229E del genus Alpha e il Rousettus del genus Betacoronavirus ora presenti nei pipistrelli. A questi si aggiungono numerosi coronavirus dei topi o dei macachi.
Si apprende anche che in America Latina sono presenti 20 specie di coronavirus (famiglia alla quale appartiene il virus del Covid-19) di cui 18 erano fino a poco tempo fa sconosciute, in Africa ci sono 65 Coronavirus di cui quelli da poco scoperti sono 42, e in Asia 102 di cui 55 nuovi. Nella app Spillover dei ricercatori si può cercare il grado di rischio di un virus con il suo nome scientifico oppure si può inserire il nome della propria regione e cercare quali virus presenti sono in grado di fare il salto di specie. O è possibile semplicemente consultare la classifica.
Con il sorgere dell’agricoltura, diecimila anni fa, i salti di specie si sono moltiplicati: la scabbia e il morbillo dai cani, il vaiolo e la tubercolosi dai bovini fino alla peste dai roditori e la stessa influenza dagli uccelli acquatici. Ma in tempi recenti la maggioranza delle malattie stanno arrivando da animali selvatici, per esempio diverse specie di pipistrelli hanno fatto da serbatoio a molti virus che sono passati all’uomo, anche attraverso altri animali come il maiale o il cammello che facevano da ospiti di amplificazione: esempi sono l’Hendra, il Nipah, probabilmente l’Ebola e i Coronavirus come il MERS-CoV emerso nel 2012, il SARS-CoV tra il 2002 e il 2004, e oggi il SARS CoV-2.
Un’ipotesi plausibile avvalorata da diversi studi è che vi sia un legame tra la maggiore frequenza di salti di specie e i danni ambientali che abbiamo inferto al nostra pianeta. Prima di tutto, la capacità dei virus di attaccare l’uomo è legata alla distruzione degli habitat naturali delle specie selvatiche. Distruggere gli habitat naturali, come i boschi, costringe le specie viventi a venire più a contatto fra loro e a vivere in spazi ristretti molto vicino all’uomo.uesta stretta convivenza rende più facile ai virus la diffusione da una specie animale a un’altra e, soprattutto, rende più probabile il salto di specie, il cosiddetto spillover, quel fenomeno per cui in seguito a una mutazione un virus passa dall’animale all’uomo.
Anche se non abbiamo prove nel dettaglio, possiamo immaginare che i cambiamenti climatici abbiano sconvolto le migrazioni delle specie animali in maniera tale da farle venire più in contatto, favorendo la trasmissione di nuovi patogeni da una specie a un’altra. Quando poi rubiamo l’habitat a queste stesse specie, o direttamente o tramite gli incendi e altre conseguenze del riscaldamento globale, diveniamo il serbatoio ideale dei virus, che hanno così a disposizione più di sette miliardi di individui per replicarsi e aumentare il loro successo evolutivo.
Una grande quantità di virus differenti trovati con il progetto Predict proviene da animali che vengono cacciati o che vivono intorno alle fattorie. Quattro dei gruppi principali (coronavirus, flavivirus, paramyxoviridae e virus dell’influenza) sono stati osservati con più frequenza durante la stagione autunnale. Alcuni modelli previsionali mostrano che di questi quattro gruppi sono i coronavirus quelli che hanno più probabilità di infettare altre specie. Inoltre, pipistrelli, seguiti da roditori e toporagni, sarebbero le specie più pericolose per l’uomo proprio per la loro capacità di ospitare virus con probabilità di salto di specie alta.
