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Io che vaccino tutti i miei pazienti (a domicilio)

Io che vaccino tutti i miei pazienti (a domicilio)

Marcello Pili è un medico di base di Ostia che ha convinto quasi 1.600 assistiti, uno per uno e compresi i più scettici, a proteggersi contro il coronavirus. Anche con mezzi di fortuna: per esempio, collegando il frigo che conteneva le dosi alla presa elettrica della sua motocicletta.


È l’entusiasmo travolgente e contagioso di Marcello Pili che rende particolare la sua esperienza di medico di famiglia o di «medico di campagna» come gli piace definirsi. Un vaccinatore folle, potremmo chiamarlo, che ha convinto uno per uno i pazienti riottosi e con la sua moto Bmw Gs 1250 ha percorso forse 3 mila chilometri per recuperare dosi e iniettarle a domicilio. Pili, 48 anni, romano, medico da 22, esercita a Ostia in uno studio con sette medici in quella che la burocrazia chiama Ucp, Unità di cure primarie.

Perché «medico di campagna»?

Semplice: sono il medico vicino al paziente, del quale lui si fida. Di pazienti ne ho più di 1.600, mi chiamano a qualunque ora e questo rapporto è stato fondamentale nella campagna vaccinale perché molti sono disorientati dalle tante informazioni: anche persone stimabili dal punto di vista scientifico spesso non chiariscono le idee al paziente.

Il compito del medico di base, quindi, è anche quello di rassicurare?

Dobbiamo far capire che i vaccini sono sicuri e che ti mettono al riparo dalle forme gravi della malattia, il mio compito è quello di curare il paziente e quindi anche di prevenire le malattie. La medicina di prossimità è indispensabile: l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato, ci ha fatto i complimenti, però non ha investito su di noi.

Altrove si comportano diversamente?

Nella Regione Piemonte è stato fatto un accordo con i medici di famiglia per svolgere un lavoro in tal senso. Ogni regione dovrebbe stipularli perché l’ultima fase della campagna vaccinale è la più complicata dovendo sensibilizzare la popolazione più restia. Il paziente incerto non va in un hub a chiedere informazioni.

Tutti i suoi pazienti sono vaccinati?

Gli ultracinquantenni e gli oltre 450 che hanno più di 75 anni sono vaccinati. Ho solo due irriducibili con più di 60 anni, i contrari non arrivano all’1 per cento. Ora sto vaccinando i ragazzi tra i 12 e i 18 anni: spesso devo convincere i genitori, ma i giovani sono disponibilissimi, qualche volta più informati dei genitori.

Quali sono stati i dubbi più frequenti?

Informazioni sui vaccini: sono normali o qualcosa di diverso dal classico vaccino antinfluenzale? E lì bisognava spiegare ai pazienti che il vaccino è sicuro, la sperimentazione non era su di loro e la produzione è stata veloce perché tutto il mondo si è messo all’opera.

È vero che ogni giorno recuperava in ospedale le dosi avanzate?

Sono andato fino a quattro volte al giorno all’ospedale Grassi di Ostia a prendere le dosi inutilizzate. Un esempio: a fine giornata da un hub ne tornavano indietro tre, mi telefonavano chiedendomi se volevo ritirarle e andavo in moto a recuperarle dopo aver avvertito i pazienti che sarei passato a vaccinarli. Capisco che non possa valere per tutti, ma alla fine di giugno avevo quasi ultimato i miei pazienti. Un giorno, tra studio e abitazioni, ho vaccinato quasi 200 persone.

Come faceva a non interrompere la catena del freddo?

Collegavo il contenitore frigo alla presa elettrica della mia Bmw che per fortuna ha una batteria che lo consente…

Aumentano i no vax estremisti, con violenze e minacce sempre più frequenti. Qual è la sua esperienza?

Dopo le prime notizie sulla mia attività ho ricevuto minacce di tutti i tipi, anche sui social network. L’ho segnalato alla Polizia postale, ma non ho tempo di presentare una denuncia ogni volta. Le sto archiviando e poi vedremo.

Dopo qualche mese, qual è stata la reazione degli scettici che lei ha convinto?

Mi dicono: «Meno male che mi ha vaccinato, il mio vicino di casa non l’ha fatto e ora è in rianimazione». Mi hanno anche chiesto se potevo vaccinare loro parenti che non erano miei pazienti, persone i cui medici evidentemente non erano stati così attenti: l’ho fatto. Nel nostro studio siamo in sette, oltre 10 mila pazienti in tutto e abbiamo vaccinato a tappeto aiutandoci reciprocamente.

Che cosa pensa della terza dose e dell’obbligatorietà o meno del vaccino?

Su categorie a rischio, soggetti fragili e personale sanitario credo che la terza dose vada fatta e la vaccinazione dev’essere obbligatoria per tutti i sanitari – medici, infermieri e operatori – sia per il tipo di lavoro che per non dare un pessimo esempio. Ho qualche dubbio sull’obbligo per tutti.

Meglio convincere che obbligare?

Bisogna far capire alle persone che il vaccino è nel loro interesse e per questo il ruolo del medico di famiglia deve essere messo a sistema in ogni regione. C’è anche un problema di costi: un medico prende 6,16 euro per ogni vaccino anti Covid-19 inoculato, come per quello antinfluenzale. Gli hub non sono più sostenibili da un punto di vista economico e dopo la fase emergenziale bisogna tornare alle strutture esistenti: si risparmia e si riesce ad arrivare alla fascia di popolazione più restia.

Qual è il suo bilancio dopo un anno e mezzo di pandemia?

All’inizio la mia categoria non ha avuto una buona immagine, ma noi ci siamo sempre stati: ho appena visto il mio primo malato Covid diagnosticato il 4 marzo 2020 a casa sua. Se la campagna vaccinale continuerà bene, recupereremo anche l’orgoglio del ruolo. Basti pensare alle zone rurali: senza medico di famiglia come si può vaccinare?

Ascoltando Pili ci si convince che saranno i «medici di campagna» a salvarci. Anche senza moto.

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