L’impressione, ascoltando i dati e le voci emerse alla 9ª Digital Health Conference, è quella di un settore che ha smesso di parlare al futuro e vuole costruirlo. La 5ª edizione dello studio “Sanità Digitale 2025 – Verso l’integrazione: di dati, processi, organizzazioni”, realizzato da NetConsulting cube, fotografa una sanità italiana in piena transizione: un sistema che passa dalla sperimentazione alla diffusione strutturata di tecnologie digitali e che individua nell’intelligenza artificiale il cardine per rendere il percorso di cura più predittivo, personalizzato e continuo.
“La sfida da vincere è la creazione di un ecosistema unico e integrato, che faccia leva su tecnologie sempre più interoperabili e sistemiche”, si legge tra le conclusioni dello studio. Una strada non priva di ostacoli, come sottolinea Annamaria Di Ruscio, amministratore delegato di NetConsulting cube: “L’Italia si trova in una fase di transizione importante: se da un lato stiamo recuperando terreno grazie agli investimenti del PNRR e a una crescente consapevolezza del valore strategico della sanità digitale, dall’altro restano ancora significativi margini di miglioramento rispetto ai benchmark europei e internazionali”. Il nodo centrale, osserva Di Ruscio, resta “una certa frammentazione organizzativa e tecnologica, con una carenza di interoperabilità semantica e una governance ancora non pienamente integrata tra ospedale, territorio e sociale”.
Gli investimenti: +90% in tre anni
I numeri raccontano un trend inequivocabile. La spesa in AI & Analytics nel settore sanitario italiano è salita da 120,9 milioni nel 2022 a 153,8 milioni nel 2023, fino a raggiungere 191 milioni nel 2024. Le previsioni per il 2025 parlano di 228,1 milioni: un balzo del 90% in soli tre anni. Segno che l’intelligenza artificiale non è più percepita come un progetto pilota, ma come una leva strategica per sostenibilità e trasformazione del Servizio sanitario nazionale.
“L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale sarà sempre più cruciale per la personalizzazione dei percorsi di cura e l’identificazione precoce delle esigenze assistenziali”, osserva ancora Di Ruscio. Nel mondo dell’ingegneria clinica, oltre l’80% dei professionisti riconosce l’impatto positivo dell’AI: dalla riduzione degli errori diagnostici e terapeutici, all’analisi automatica delle immagini radiologiche, fino alle piattaforme predittive in terapia intensiva che consentono interventi più tempestivi.
Dove si usa l’AI: amministrazione, liste d’attesa, diagnostica
Le Regioni del Nord guidano la trasformazione, mentre Centro e Sud avanzano con maggior lentezza. Ma il processo di diffusione è ormai sistemico: l’AI viene impiegata nell’automazione amministrativa (91%), nella simulazione della spesa sanitaria (60%), in diagnostica (57%), nella gestione delle liste d’attesa e nell’ottimizzazione degli acquisti (entrambe al 50%). I progetti più promettenti riguardano proprio la simulazione della spesa e la gestione dinamica delle attese, insieme agli strumenti che supportano la valutazione dell’appropriatezza prescrittiva.
Benefici già visibili, ma competenze insufficienti
Il 70% dei direttori generali segnala un impatto positivo dell’AI sulla rapidità decisionale, mentre l’80% degli ingegneri clinici evidenzia un miglioramento della qualità dell’assistenza. Eppure le barriere non mancano: carenza di competenze (indicate dal 73% dei direttori generali), costi elevati, frammentazione dei dati e timori legati alla privacy. Da qui l’urgenza della formazione e della creazione di team multidisciplinari capaci di governare tecnologie sempre più complesse. L’83% delle Regioni prevede piattaforme dedicate ad assistere i clinici nella scelta delle terapie più appropriate. Oltre l’80% intende estendere il Fascicolo Sanitario Elettronico ai dati genetici e ambientali, mentre alcune strutture – soprattutto private – stanno già realizzando data lake clinici, repository centralizzati di informazioni eterogenee utili a sviluppare modelli predittivi avanzati.
Robotica e telemedicina: la crescita 2025-2026
Lo studio segnala un’ulteriore spinta verso robotica medica e chirurgica per il supporto intraoperatorio (45%), monitoraggio remoto e telemedicina (27%), medicina personalizzata alimentata da analisi genomiche (21%). In aumento anche l’analisi automatizzata delle immagini (42%) e i sistemi di supporto decisionale clinico (27%). Un’evoluzione che trova negli ingegneri clinici i professionisti più pronti ad adottarla e guidarla. L’88% delle Regioni ritiene essenziale un Fascicolo Sanitario Elettronico comprensivo del PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale). Eppure, solo il 45% dei Chief Information Officer dichiara di avere PDTA pienamente digitalizzati o integrati nei flussi informativi. Il 76% delle Regioni e il 43% dei direttori generali auspicano anche piattaforme di telemedicina integrate con i percorsi assistenziali. In questo quadro, il ruolo del Garante della Privacy viene indicato come determinante per definire regole comuni e trasformare la protezione dei dati in fattore abilitante.
