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Sanità digitale, ecco come l’intelligenza articiale diventerà il medico del futuro

Sanità digitale, ecco come l’intelligenza articiale diventerà il medico del futuro

L’Italia entra nella fase decisiva della trasformazione digitale della sanità: l’Intelligenza Artificiale cresce del 90% in tre anni, le Regioni puntano su PDTA digitali, Fascicolo Sanitario Elettronico avanzato, robotica e medicina di precisione. Ma competenze, interoperabilità e governance restano le vere sfide da superare.

L’impressione, ascoltando i dati e le voci emerse alla 9ª Digital Health Conference, è quella di un settore che ha smesso di parlare al futuro e vuole costruirlo. La 5ª edizione dello studio Sanità Digitale 2025 – Verso l’integrazione: di dati, processi, organizzazioni”, realizzato da NetConsulting cube, fotografa una sanità italiana in piena transizione: un sistema che passa dalla sperimentazione alla diffusione strutturata di tecnologie digitali e che individua nell’intelligenza artificiale il cardine per rendere il percorso di cura più predittivo, personalizzato e continuo.

“La sfida da vincere è la creazione di un ecosistema unico e integrato, che faccia leva su tecnologie sempre più interoperabili e sistemiche”, si legge tra le conclusioni dello studio. Una strada non priva di ostacoli, come sottolinea Annamaria Di Ruscio, amministratore delegato di NetConsulting cube: “L’Italia si trova in una fase di transizione importante: se da un lato stiamo recuperando terreno grazie agli investimenti del PNRR e a una crescente consapevolezza del valore strategico della sanità digitale, dall’altro restano ancora significativi margini di miglioramento rispetto ai benchmark europei e internazionali”. Il nodo centrale, osserva Di Ruscio, resta “una certa frammentazione organizzativa e tecnologica, con una carenza di interoperabilità semantica e una governance ancora non pienamente integrata tra ospedale, territorio e sociale”.

Gli investimenti: +90% in tre anni

I numeri raccontano un trend inequivocabile. La spesa in AI & Analytics nel settore sanitario italiano è salita da 120,9 milioni nel 2022 a 153,8 milioni nel 2023, fino a raggiungere 191 milioni nel 2024. Le previsioni per il 2025 parlano di 228,1 milioni: un balzo del 90% in soli tre anni. Segno che l’intelligenza artificiale non è più percepita come un progetto pilota, ma come una leva strategica per sostenibilità e trasformazione del Servizio sanitario nazionale.

“L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale sarà sempre più cruciale per la personalizzazione dei percorsi di cura e l’identificazione precoce delle esigenze assistenziali”, osserva ancora Di Ruscio. Nel mondo dell’ingegneria clinica, oltre l’80% dei professionisti riconosce l’impatto positivo dell’AI: dalla riduzione degli errori diagnostici e terapeutici, all’analisi automatica delle immagini radiologiche, fino alle piattaforme predittive in terapia intensiva che consentono interventi più tempestivi.

Dove si usa l’AI: amministrazione, liste d’attesa, diagnostica

Le Regioni del Nord guidano la trasformazione, mentre Centro e Sud avanzano con maggior lentezza. Ma il processo di diffusione è ormai sistemico: l’AI viene impiegata nell’automazione amministrativa (91%), nella simulazione della spesa sanitaria (60%), in diagnostica (57%), nella gestione delle liste d’attesa e nell’ottimizzazione degli acquisti (entrambe al 50%). I progetti più promettenti riguardano proprio la simulazione della spesa e la gestione dinamica delle attese, insieme agli strumenti che supportano la valutazione dell’appropriatezza prescrittiva.

Benefici già visibili, ma competenze insufficienti

Il 70% dei direttori generali segnala un impatto positivo dell’AI sulla rapidità decisionale, mentre l’80% degli ingegneri clinici evidenzia un miglioramento della qualità dell’assistenza. Eppure le barriere non mancano: carenza di competenze (indicate dal 73% dei direttori generali), costi elevati, frammentazione dei dati e timori legati alla privacy. Da qui l’urgenza della formazione e della creazione di team multidisciplinari capaci di governare tecnologie sempre più complesse. L’83% delle Regioni prevede piattaforme dedicate ad assistere i clinici nella scelta delle terapie più appropriate. Oltre l’80% intende estendere il Fascicolo Sanitario Elettronico ai dati genetici e ambientali, mentre alcune strutture – soprattutto private – stanno già realizzando data lake clinici, repository centralizzati di informazioni eterogenee utili a sviluppare modelli predittivi avanzati.

Robotica e telemedicina: la crescita 2025-2026

Lo studio segnala un’ulteriore spinta verso robotica medica e chirurgica per il supporto intraoperatorio (45%), monitoraggio remoto e telemedicina (27%), medicina personalizzata alimentata da analisi genomiche (21%). In aumento anche l’analisi automatizzata delle immagini (42%) e i sistemi di supporto decisionale clinico (27%). Un’evoluzione che trova negli ingegneri clinici i professionisti più pronti ad adottarla e guidarla. L’88% delle Regioni ritiene essenziale un Fascicolo Sanitario Elettronico comprensivo del PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale). Eppure, solo il 45% dei Chief Information Officer dichiara di avere PDTA pienamente digitalizzati o integrati nei flussi informativi. Il 76% delle Regioni e il 43% dei direttori generali auspicano anche piattaforme di telemedicina integrate con i percorsi assistenziali. In questo quadro, il ruolo del Garante della Privacy viene indicato come determinante per definire regole comuni e trasformare la protezione dei dati in fattore abilitante.

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