La serie tv Painkiller racconta lo scandalo dell’Oxycontin, il farmaco oppiaceo che negli Usa ha creato un’epidemia di dipendenze. E in Italia? Abbiamo il problema opposto: questo tipo di medicinale, efficace e sicuro se usato senza eccessi, viene prescritto troppo poco. Intanto in America, per paura di conseguenze penali, i medici non lo utilizzano quasi più e i malati sono abbandonati alle loro sofferenze.
La serie tv più vista in Italia tra quelle distribuite dalla piattaforma Netflix, anche se narra di dolore e morte, dipendenze, famiglie distrutte: storie terribili, quelle di Painkiller, in compagnia delle quali migliaia di telespettatori hanno trascorso la seconda metà di agosto, con sei puntate che tolgono il fiato. La serie, tratta dall’omonimo libro di Barry Meier, racconta la storia dell’Oxycontin, farmaco antidolorifico contenente ossicodone che negli Stati Uniti si stima abbia causato, tra fine anni Novanta e oggi, la morte di circa 300 mila persone: un’epidemia di pazienti resi di fatto tossicodipendenti dall’uso di un medicinale prescritto con estrema disivoltura dai medici per contrastare il dolore. Ma l’oppiode induceva dipendenza (negata dall’azienda produttrice) e la scelta dei pazienti era troppo legata a dinamiche corruttive.
La Purdue Pharma, la casa farmaceutica della potente famiglia Sackler, ha subìto un lungo processo conclusosi con la bancarotta e un patteggiamento che prevede il pagamento di sei miliardi di dollari di risarcimento ai parenti delle vittime: pochi giorni fa, però, la Corte suprema americana ha bloccato l’accordo, in attesa di una revisione. In Italia, potremmo rischiare prima o poi un’«epidemia di dipendenza» simile? Al momento, pur essendo l’ossicodone disponibile su ricetta del medico di base per curare il dolore severo, specialmente nei pazienti oncologici, la situazione è assai diversa. «Mai visti casi di crisi di astinenza da ossicodone. Purtroppo, invece, vediamo spesso in Pronto soccorso pazienti che avrebbero bisogno di farmaci oppiacei e non li ricevono» afferma Fabio De Iaco, presidente Simeu (Società italiana medicina d’emergenza e urgenza). «Non vengono trattati con oppiacei dai medici di base, perché il terrore della dipendenza e delle conseguenze medico-legali ha paralizzato a lungo la gestione corretta del dolore: e continua a farlo. L’ossicodone è un ottimo farmaco, noi nei Ps lo usiamo molto: certo, va impiegato con perizia, ma può migliorare radicalmente la vita dei malati, alleviando dolori e sofferenze inutili».
Altro che abuso: nei nostri ospedali arrivano ancora le vittime di un indeguato trattamento del dolore, sul quale l’Italia è troppo arretrata rispetto agli altri Paesi: solo nel 2010 – grazie alla legge n. 38 – la prescrizione degli oppiacei è stata resa più semplice, con il passaggio dal complicato ricettario a ricalco in triplice copia alle nuove disposizioni, che permettono di prescriverli su ricetta dematerializzata; questo ha permesso un miglioramento delle cure, soprattutto nel fine vita. «Rimaniamo, comunque, molto indietro» sostiene Diego Pavesio, medico di medicina generale a Moncalieri. «Da noi il numero di prescrizioni di oppiacei è tra le più basse in Europa. Il rapporto Osmed 2021 parla di 7,7 dosi giornaliere su mille abitanti, rispetto a oltre 20 in Germania o Austria. E si badi bene: in nessuno di questi Paesi si sono verificati particolari fenomeni di abuso o dipendenza». Come si spiega, allora, quanto successo negli Stati Uniti? Innanzitutto là esiste un distorto utilizzo dei servizi sanitari, un sistema dove mancano controlli, in cui il paziente è visto come cliente più che come malato, ed è facile per le aziende farmaceutiche trovare campo libero per esercitare pressioni sui medici.
Inoltre, oltreoceano il mercato clandestino dell’ossicodone ha raggiunto vette importanti, oltre che diventare – complici i media – un prodotto estremamente di moda, citato anche da artisti celebri: basti pensare ai testi di Eminem. Mercato, quello clandestino, che ha toccato anche l’Italia, ma solo per l’esportazione estera: nel maggio 2021 la Direzione distrettuale antimafia siciliana ha disarticolato un’organizzazione criminale che – grazie a medici compiacenti in provincia di Siracusa – aveva iniziato un ingente traffico internazionale di ossicodone: grazie a 3 mila prescrizioni di medicinali, a nome di pazienti inconsapevoli o deceduti, riusciva a vendere negli Usa grandi quantità di principio attivo truffando il sistema sanitario italiano. «Da noi i casi di abuso sono stati estremamente residuali» afferma Matteo Pacini, psichiatra esperto in dipendenze. «Esiste qualche canale attraverso cui si crea un mercato grigio che coinvolge persone spesso già dipendenti da eroina o altre sostanze. Ma sono episodi molto circoscritti, e non riguarda chi assume l’ossicodone per il dolore».
Quando si parla di oppiacei, è bene poi sottolineare come il pericolo non venga solo dall’Oxycontin: dal punto di vista della mortalità, il rischio deriva soprattutto dal Fentanyl – della cui dipendenza si parlava già nella serie tv E.R. negli anni Novanta – come di un altro oppiaceo, il Vicodin (di cui abusava il televisivo Dr. House) sostanza che può essere letale già a bassi dosaggi. «Per quanto riguarda, invece, i farmaci a base di ossicodone» continua Pacini «in Italia sono spesso schermati dal fatto di contenere già l’antagonista, cioè il naloxone. Questo toglie, a chi volesse usarlo per sballarsi e non per cura del dolore, tutto il “piacere” tossico dell’ossicodone puro. Inoltre la presenza del naloxone fa sì che se il farmaco viene assunto non per bocca, ma tramite fumo, inalazione (come si vede spesso fare nella serie tv, ndr) o e per via endovenosa, l’effetto dopante risulta smorzato».
Controllo e selezione dei pazienti, correttezza dei medici che lo prescrivono, preparazioni che lo rendono inadatto a un uso non strettamente medico: basterebbe poco, per fare dell’ossicodone, così come di altri oppiacei, un alleato nella lotta contro il dolore. Intanto, lo scandalo del farmaco ha creato negli Stati Uniti un «effetto paradosso» con conseguenze drammatiche, come racconta un recente articolo su Newsweek: a causa della forte pressione che i medici e i farmacisti ricevono adesso per arginare gli strascichi dell’epidemia (in Wyoming e Alabama alcuni dottori sono stati arrestati a causa delle prescrizioni) i circa otto milioni di pazienti che – secondo i dati dei Cdc americani – dovrebbero assumere oppioidi per contenere dolore cronico o oncologico invalidante, vanno incontro a forti difficoltà nel farselo dare, e quindi a un netto peggioramento della qualità di vita. Da troppo a niente: come afferma, in un’intervista al settimanale americano Keith Humphries, professore di Psichiatria all’Università di Stanford, già consigliere di George Bush e Barack Obama: « Negli Stati Uniti, il dolore era trattato in modo insufficiente durante gli anni Ottanta, prima che si iniziasse a prestare attenzione al problema. Oggi, ancora una volta stiamo fallendo».
