La medicina «da remoto» ha fatto un balzo avanti durante la pandemia. Visite e consulti online sono, se ben utilizzati, un’occasione in più. Anche nel rapporto medico-paziente.
La storia insegna che eventi epocali quali pandemie e guerre hanno bruscamente accelerato cambiamenti tecnologici e culturali che stavano maturando nella società. La telemedicina, intesa come l’applicazione delle reti informatiche per la cura e gestione a distanza dei pazienti, aveva già visto importanti successi già prima dello scoppio della pandemia di Covid-19: reti telematiche per la condivisione di dati relativi ai pazienti, monitoraggio a distanza di patologie croniche, trasmissione via satellite di immagini diagnostiche e perfino interventi chirurgici da remoto sono solo alcuni dei molti progetti degli ultimi anni. La rivoluzione tecnologica non aveva però alterato nel profondo il rapporto medico-paziente, ancora ancorato a vecchi schemi, ossia le visite di persona con le naturali conseguenze: spostamenti, lunghe attese, differimenti. Ora, l’improvvisa necessità di diminuire i contatti di persona ha costretto ospedali e centri di cura a mutare radicalmente, adottando una telemedicina che va molto più a fondo nella pratica medica.
Lo mostrano le iniziative in corso in quasi tutti i settori. Nella cura di persone colpite da malattie neuromuscolari, il Centro clinico Nemo con il progetto #distantimavicini ha messo in piedi un poderoso servizio multidisciplinare che coinvolge numerose aree funzionali: da quelle respiratorie a quelle motorie e nutrizionali, con visite via videochiamata, riabilitazione e supporto psicologico a distanza, monitoraggio online. Nelle cure psichiatriche, la rete Neomesia ha creato uno sportello di ascolto telefonico che riconcepisce l’approccio clinico-assistenziale per i disturbi da stress o di ansia. Ancora: al Centro cardiologico Monzino di Milano le cure prevedono controlli telefonici programmati e strumenti di monitoraggio a distanza delle funzioni cardiache. Per aiutare le 6 mila persone ammalate di Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) l’Aisla ha attivato una piattaforma di videoconferenze e medici internisti, dermatologi, endocrinologi, fisiatri, ortopedici, gastroenterologi e molti altri specialisti che lavorano con i videoconsulti su un sito allestito dal Centro diagnostico italiano.
Questi progetti, solo per citarne alcuni, danno la misura del cambiamento in atto ma aprono anche questioni di non poco conto: se o meno il rapporto medico-paziente stia andando verso una relazione pienamente umana, se le nuove pratiche mediche potranno includere coloro che non hanno accesso a internet o come la stessa visita medica dovrà essere ripensata. «Se penso alle visite ai miei pazienti in video chiamata» dice Christian Lunetta, neurologo responsabile Area Sla del Centro clinico Nemo «rilevo come ci sia stato un miglioramento nella qualità del rapporto con il paziente. Credo che, vedendomi sullo schermo del suo computer, l’assistito abbia la sensazione che sono lì solo e soltanto per lui e che non ci sia nient’altro di più importante in quel momento. Non è come dal vivo, quando distolgo lo sguardo per vedere qualcosa al computer o scrivere una ricetta. E, d’altra parte, quando vedo il mio paziente in video-call mi rendo conto del contesto in cui vive e ciò mi aiuta a capirlo meglio».
Ci saranno sempre buone ragioni per incontri dal vivo, ma l’idea di visita medica andrà ripensata: «Il processo logistico che va dalla diagnosi alla cura dovrà essere diviso nelle sue varie fasi in maniera differente. L’opportunità di poter effettuare visite online riduce i tempi morti, fa risparmiare energia e tempo ai pazienti, consente incontri più frequenti e più brevi, se è il caso, permette di fissare gli appuntamenti con maggiore facilità, consente un monitoraggio più costante che aiuterà a prevenire meglio dele macchinose visite attuali» prosegue Lunetta. Per esempio, un medico potrebbe fare un colloquio lungo con un paziente avendo già tutti gli esami in mano, e magari uno brevissimo al ritiro di un esame importante che lo preoccupa; oppure potrebbe essere disponibile via WhatsApp e anche interagire direttamente con il medico di base. «Il tutto contando sulla diagnostica a distanza che ormai abbiamo a disposizione grazie ai progetti accumulati negli anni. E poi, se un paziente vede spesso un medico è più tranquillo e dunque risponde meglio alle cure» conclude l’esperto.
E chi non ha dimestichezza con le nuove tecnologie, per esempio gli anziani? Lee Schwamm, neurologo del Massachusetts General Hospital, intervenendo a una conferenza online della Harvard School sul ruolo della telemedicina all’epoca del Covid-19, propone di riservare spazi nelle biblioteche a tutti quei pazienti che non hanno accesso internet o non sanno muoversi molto bene in questo campo. Secondo Lunetta, in Italia si potrebbe potenziare la rete Adi, di assistenza domiciliare integrata, che doterebbe le persone delle tecnologie necessarie al loro telemonitoraggio. L’iniziativa dovrebbe essere inserita in un piano più generale per rendere accessibile a tutti la rete 5G. A livello burocratico bisognerà anche equiparare tutte le attività che prima si svolgevano dal vivo con quelle online dando la possibilità di scegliere in fase di prenotazione e stabilendo un sistema tariffario.
Interessante il caso delle cure psichiatriche, come riporta lo psicoterapeuta e direttore sanitario e qualità di Neomesia Cosimo Argentieri: «La continuità assistenziale è stata garantita grazie alle tecnologie informatiche. Sebbene il contatto umano resti imprescindibile, nelle visite in video ho potuto vedere l’assistito nel suo ambiente familiare e notare eventuali i cambiamenti nel tempo. Elementi importanti nell’assistenza psichiatrica. Non solo. Io stesso mi vedevo in video e ciò mi consentiva di fare autocritica su come mi ponevo, gesticolavo, mi esprimevo. Il nostro obiettivo è usare le nuove modalità per monitorare l’efficacia delle visite: il paziente sta meglio al termine di un processo terapeutico? È una domanda cui dobbiamo rispondere non solo valutando questionari, ma analizzando le registrazioni delle interazioni online».
Le videochiamate sono anche un’opportunità per raggiungere tutti coloro che hanno il timore di recarsi da uno psichiatra, preoccupati dello stigma sociale. Un colloquio online lo si può fare chiusi nella propria camera, diventa quasi un rapporto intimo con se stessi nel quale subentra lo psichiatra. Delle persone che soffrono di disturbi psichiatrici, gli specialisti vedono la punta dell’iceberg: si stima che nel mondo ci siano 300 milioni di soggetti con depressione, 60 milioni con disturbo affettivo bipolare, 50 con demenza. E il 10 per cento dei bambini, dicono le cifre, soffre di problemi della psiche. I teleconsulti online (secondo molti studi, altrettanto efficaci di quelli «dal vivo») permettono, potenzialmente, di arrivare a molti più pazienti. «Al momento in Italia ci sono 850 mila assistiti, occorre potenziare la rete sul territorio approfittando delle nuove tecnologie ma tenendo presente che la formazione del personale sarà cruciale» conclude Argentieri. Nella medicina come nell’istruzione e in altri settori ci sono opportunità immense ancora da sfruttare, sulla base di ciò che, nel bene e nel male, ci ha insegnato la pandemia.
