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Cuore fa rima con… cervello: così si tengono in forma l’un l’altro

Cuore fa rima con… cervello: così si tengono in forma l’un l’altro

Un nuovo studio del Massachusetts General Hospital rivela che il battito cardiaco influisce direttamente sull’attività cerebrale, aprendo nuove prospettive per la salute mentale

Non è “solo” fondamentale per la nostra sopravvivenza, e quindi indice di buona salute cardio-vascolare: il battito cardiaco, un cuore che batte regolarmente aiuta il cervello a mantenersi in forma. È il risultato di uno studio appena pubblicato sul Journal of the American Heart Association e curato dagli scienziati dei reparti di Terapia intensiva e Medicina del dolore del General Hospital del Massachusetts e dal Brigham and Women’s Hospital di Boston, coordinati dal professor Peng Li. Secondo i ricercatori, la connessione tra i due organi non risiede solo nella relazione indiretta del flusso sanguigno, ma in un rapporto bi-direzionale, dove il cuore invia segnali neurali che influenzano l’attività cerebrale in tempo reale.

Gli autori dello studio hanno preso in considerazione una caratteristica ben specifica del battito cardiaco, e cioè la variabilità della frequenza cardiaca (complexity of pulse rate): in pratica il modo in cui il ritmo del nostro cuore si adatta a tutti gli stimoli interni ed esterni, variando appunto la sua frequenza. Una buona variabilità è segno di un muscolo cardiaco in buona salute, mentre avere un indice basso indica che il cuore non risponde adeguatamente ai segnali che arrivano dal nostro organismo o dal mondo esterno. Lo studio statunitense, che si è basato sull’osservazione di oltre 500 individui con un’età media di 82 anni che per quasi 5 anni sono stati monitorati ogni notte con i pulsossimetri, ha ora fatto ipotizzare – con test cognitivi ripetuti ogni anno- che la bassa variabilità potrebbe essere anche legata a un maggiore declino cognitivo e quindi potrebbe predisporre alle demenze. Questi studi sul legame cuore-cervello aprono scenari promettenti per la prevenzione e il trattamento di numerose condizioni neurologiche e psichiatriche, come l’ansia, la depressione, l’insonnia. Ma anche le patologie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer potrebbero essere influenzati da alterazioni nella comunicazione cuore-cervello. “Il nostro lavoro suggerisce che intervenire sul ritmo cardiaco, ad esempio attraverso tecniche di respirazione controllata, esercizi di biofeedback o stimolazione del nervo vago, potrebbe modulare positivamente l’attività cerebrale,” spiega il professor Li. “È un approccio non invasivo e potenzialmente molto efficace per sostenere la salute mentale.”

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