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Pirati all’arrembaggio del diritto d’autore

Pirati all’arrembaggio del diritto d’autore

Il leaks di Game of Thrones e le minacce di HBO impongono di ripensare le regole sul diritto d’autore. O diventeremo tutti pirati

La HBO si sta trasformando nell’FBI.
Da canale via cavo a bureau investigativo, il passo è breve.
La cronaca è semplice: prima che andasse in onda la prima puntata della quinta – attesissima, imperdibile – stagione di Game of Thrones (12 aprile) un clamoroso leak ha portato alla pubblicazione in rete dei primi quattro episodi.

Chi è stato, chi non è stato

La casa di produzione indaga tra giornalisti e interni, ma il punto della questione è che a quanto pare la HBO ha deciso di non prenderla alla leggera come aveva fatto Netflix (un caso analogo era avvenuto anche per House of cards ma, si vocifera, fosse questione di marketing). Pare infatti pare stia tracciando tutti gli indirizzi IP degli utenti che hanno visto illegalmente gli episodi.

Arriva l’uomo nero

Addirittura (con tanto di screenshot), in queste ore gira su internet un avviso via mail ricevuto da diversi utenti come spauracchio in grado di far tremare i molti con la coda di paglia.
Sarà vero? Bah.

Se fosse vero, si tratterebbe di un’azione di aperta lotta contro la cosiddetta pirateria.

L’uomo nero di tutti gli smanettoni: la persecuzione legale di tutti gli utenti dello streaming illegale, tutti i colpevoli di aver aggirato la via ufficiale della pay tv per godersi una delle loro serie preferite, tutti quelli che scaricano impunementei.

Leggende metropolitane di inquisiti girano da anni, ognuno ha un amico di un amico di un amico che…

In diversi articoli che riportano la notizia si leggono frasi tipo: “I vari provider contatteranno gli iscritti interessati e intraprenderanno delle azioni adeguate rispetto al reato commesso”, o allusioni come “al momento sembrano esclusi provvedimenti sotto l’aspetto penale” .
Ripetiamo, bah.

L’acqua diventa rossa

Anche dovessero essere sanzionati un po’ di utenti a caso si tratterebbe solo dell’equivalente 2.0 dei corpi esposti dei bucanieri sui pontili nelle città di porto, un monito, che dovrebbe scoraggiare simili comportamenti in futuro.

Un po’ come le dicerie da piscina, che dovrebbero scoraggiare dal farla nella vasca pena misteriose reazione chimiche che colorano l’acqua. Chiunque sia stato in piscina può farsi un esame di coscienza e predire il funzionamento di simili tecniche.Come se non bastesse, ci si mettono pure le app.

All’orizzonte, Periscope, recente app di Twitter che permette lo streaming video in tempo reale, si annuncia come ulteriore nemico del diritto d’autore, visto che in molti l’hanno usata proprio per trasmettere in diretta il primo episodio della quinta stagione di Game of Thrones (visto legalmente in tv). I termini di utilizzo dell’app manlevano, ipocritamente, l’azienda, con questa formula: “la compagnia rispetta i diritti di proprietà intellettuale di altri e si aspetta che gli utenti facciano lo stesso”.

Sì, certo, come no.

Forse l’HBO deve assumere un novello Hedgar Hoover ossessionato dai pirati come il direttore dell’FBI lo era dai “comunisti”.

Una guerra persa in partenza

Anni, fa, chi utilizzava lo streaming già allora ricorderà benissimo, fu arrestato il patron di Megavideo e vennero contestualmente chiusi, niente popò di meno che dall’FBI, diversi siti che fornivano servizi analoghi (chi andava sui soliti indirizzi trovava una minacciosa aquila ad attenderlo).

Panico tra gli utenti.

Ci si domandava: e adesso?

Pochi giorni di disorientamento e via, nacquero nuovi siti, tutto il materiale che c’era prima, ricaricato.

Anche la Guardia di Finanza italiana non volle essere da meno. Non molti mesi fa, alcuni dei maggiori siti italiani di streaming sono stati oscurati. Di nuovo, un certo senso di panico degli utenti. Poche ore dopo, meno di 24, e tutto era tornato alla normalità, i siti hanno modificato leggermente i loro domini, punto e a capo.
Si potrebbe discutere per ore a proposito del diritto d’autore, dell’importanza o della non importanza della sua tutela, ma basta guardare alla realtà musicale per capire che il nostro modo di usufruire dei prodotti culturali sta cambiando radicalmente e cambierà sempre di più investendo prodotti come i libri, che nei loro supporti cartacei diventeranno l’equivalente dei vinili di oggi, etc, etc, serie tv comprese.

Sbagliata la legge, trovato l’inganno

La questione è complessa, ma può essere semplificata così: guardare le serie senza pagare è illegale. Ma, se la legge si oppone a qualcosa che fanno tutti, forse è sbagliata la legge e non quello che fanno tutti.

Nel mondo delle serie tv la faccenda oltretutto è emblematica: a più pirateria è corrisposta più qualità, e nonostante queste cagnare mediatiche non sembra che attori, produttori, registi e compagnia delle serie più scaricate muoiano di fame. Anzi.

I soldi sono importanti.

Ma dovranno essere trovati nuovi modi per rendere remunerativi i lavori creativi, perché il futuro è questo: guarderemo tutto quello che vorremo esattamente quando lo vorremo e dove vorremo.
Punto.

Se proprio si dovrà pagare, bene, si paghi alla radice, pagando internet, che dovrebbe essere illimitato e costante.

In fondo, se paghiamo il canone RAI per ottenere indietro un servizio di una qualità raccapricciante, perché non dovremmo pagare un canone HBO?

Si dirà, molti non pagano il canone.

La questione dell’evasione del canone non è diversa dall’evasione delle tasse.

Il punto è che non si può sottostare a una ridicola programmazione televisiva o all’acquisto di prodotti di volta in volta. Vogliamo tutto, quando ci pare e piace e lo avremo, dovessimo trasformarci tutti in pirati.

Di fronte ai puerili strepiti di HBO, e di tutti gli sciocchi romanticoni che vogliono ignorare i dati di fatto, cioè che i prodotti più piratati sono anche quelli che incassano di più e tendenzialmente anche quelli qualitativamente più ambiziosi, non possiamo che alzare le spalle e gridare forte e chiaro: all’arrembaggio!

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