L'album del giorno: Prince, Sign O' The Times
Prince, Sign O' The Times
Musica

L'album del giorno: Prince, Sign O' The Times

Preceduto dalla pubblicazione del memorabile singolo omonimo, Sign O' the Times è un doppio album straordinario, che spazia dal rock al soul, dal funk alle ballad spirituali

Il 1987 è un anno che è rimasto impresso nella memoria di tutti i fan di Prince, uno dei più grandi musicisti e compositori degli ultimi quarant'anni, in grado di conquistare la stima di mostri sacri della musica come, tra gli altri, Miles Davis. L'artista di Minneapolis era reduce dalla pubblicazione di tre album di grande successo a nome Prince & The Revolution, la band di incredibili musicisti e performer che lo affiancava live e in studio.

Dopo aver conquistato la vetta delle classifiche con la colonna sonora del film Purple rain (1984), aver pubblicato a seguire il suo album più colorato e variopinto Around the world in a day (1985) e concluso la trilogia dei Revolution con l'album Parade (1986), colonna sonora del film Under the cherry moon nella quale è contenuta la hit planetaria Kiss, Prince sorprende tutti tornando alla ribalta con un doppio album inciso quasi da solo e destinato a diventare uno dei suoi massimi capolavori.

Sign O' the Times è considerato universalmente una delle pietre miliari degli anni Ottanta, tanto è creativo, visionario, avanguardistico e radicale. Preceduto dalla pubblicazione del memorabile singolo omonimo, Sign O' the Times è il disco che contiene il suo più grande sforzo in termini di songwriting, spaziando attraverso diversi generi musicali, dal rock al soul, dal funk alla ballad spirituale.


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I testi sono un condensato di tutte le principali tematiche della sua poetica - sesso, spiritualità, amore, gelosia, rimpianti, paura, speranza - incrociate al racconto di un decennio, quello degli anni 80, che è sullo sfondo di tutta la narrazione. Un viaggio all'interno dei segni del tempo psichedelico e futuribile, catartico e imprevedibile, in cui si alternano l'apocalittica title track, la straordinaria If I was your girlfriend, il funk torrenziale di Housequake, le deliziosamente vintage Slow Love e la malinconia di I could never take the place of your man.

Il 1987 è anche l'anno in cui Prince decide, per la prima volta, di venire a suonare in Italia e lo fa per quattro concerti, il 7, 8, 9 e 11 giugno al Palatrussardi di Milano. Il tour di Sign o' the times ha un dresscode preciso: "Vestitevi tutti color pesca… o nero", chiede l'artista, e il suo pubblico risponde con entusiasmo alla richiesta.

Nello stesso anno Sign o' the time diventa un film-concerto, che mette eloquentemente a fuoco quale fossero la carica vitale, la forza d'impatto musicale e il carisma da entertainer del "folletto di Minneapolis". Sostenuto da una band nuova di zecca (con la ballerina Cat Glover, la tastierista Boni Boyer, il bassista Levi Seacer Jr., il chitarrista Miko Weaver, la batterista Sheila E. e il tastierista Dr. Fink, già membro dei Revolution), Prince propone il meglio del doppio album inframmezzandolo a jam session e omaggi (come quello al jazzista Charlie Parker) che hanno al proprio centro un amore a 360 gradi per la musica e per la performance.

Se cercate un album per accostarvi all'arte di Prince, senza passare dalle strettoie del greatest hits, Sign O' the Times è la scelta giusta per apprezzare al meglio tutta la sua traboccante genialità.

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Gabriele Antonucci