Iggy Pop
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Musica

Iggy Pop: i 3 album fondamentali dell'Iguana del rock and roll

Il leggendario artista americano, tra i più iconici e influenti nella storia del rock, ha inciso insieme ai Måneskin una nuova versione di I wanna be your slave

Pochi artisti, nella storia del rock, hanno avuto l'impatto e il carisma di James Newell Osterberg, universalmente conosciuto come Iggy Pop e soprannominato l'Iguana, nato a Muskegon il 21 aprile del 1947. Le performance eccessive ed altamente teatrali (è stato uno dei primi a praticare lo stage diving, tuffandosi coraggiosamente in mezzo al pubblico) ne hanno fatto un iconoclasta innovatore del rock, che ha ispirato artisti del calibro di Joy Division, Nick Cave, Queens Of The Stone Age, IDLES, Fontaines DC, R.E.M., Depeche Mode e N.I.N. Dagli esordi alla batteria, suonata nella roulotte in cui è cresciuto, ai trascorsi nella band The Iguanas, il gruppo con cui ha suonato nella prima metà degli anni Sessanta, fino al periodo irripetibile con The Stooges, dal 1967 al 1974 (oltre alla reunion della band, con una nuova formazione, nel 2003), passando per numerosi album solisti, che hanno attraversato generi ed epoche diverse con intatto vigore.

Iggy Pop vanta sodalizi indimenticabili come quello con David Bowie (insieme al quale ha condiviso la stessa casa a Berlino nella seconda metà degli anni Settanta) e con altre pietre miliari della musica dei più diversi generi, dai Simple Minds ai Green Day, da Alice Cooper ai New Order, Ryuichi Sakamoto e Queens of the Stone Age. Per questo ieri ha fatto il giro del mondo la notizia della collaborazione dei nostri Måneskin con una leggenda del rock come Iggy, insieme al quale hanno registrato una versione straordinaria di I wanna be your slave (titolo chiaramente ispirato all'iconica I wanna be your dog dell'Iguana, contenuta nell'album d'esordio degli Stooges), che uscirà venerdì 6 agosto.

Contemporaneamente alla release digitale, verrà pubblicato anche un vinile 45 giri in edizione limitata contenente I wanna be your slave with Iggy Pop (lato A) e la traccia originale (lato B). Iggy Pop, a proposito della band romana, ha dichiarato: «Måneskin gave me a big hot buzz» («i Måneskin mi hanno dato un grande entusiasmo»). «È stato un onore lavorare con Iggy Pop» raccontano i Måneskin «Sentirlo cantare I wanna be your slave, sapere che gli piace la nostra musica e vedere un artista del suo calibro così disponibile nei nostri confronti è stato emozionante». Vediamo quali sono i 3 album fondamentali della carriera di Iggy Pop, nei quali non può mancare, naturalmente, l'album d'esordio con The Stooges.


The Stooges (1969)
«Nessun'altra band della storia del rock 'n' roll può competere con la combinazione di pulsazioni primordiali, la psichedelia pungente, il blues-a-billy grind, completati da testi succinti e tormentati e dal ringhio da leopardo di un front man che incarna in qualche modo Nijinsky, Bruce Lee, Harpo Marx e Arthur Rimbaud. Non ci sono precursori per The Stooges, mentre le band che si sono ispirate a loro sono ormai una legione». Parole di Jim Jarmush, regista dell'indimenticabile documentario Gimme danger del 2016 sulla nascita e sull'influenza della band americana. Nato nella città di Ann Arbor, in Michigan, proprio nel periodo in cui si affermava la controcultura giovanile, lo stile potente e aggressivo del rock 'n' roll di The Stooges capitanati da Iggy Pop rappresentò una novità esplosiva nel panorama musicale della fine degli anni Sessanta. Aggredendo il pubblico con una miscela di rock, blues, R & B e free jazz, la band pose infatti le basi per quello che sarebbe stato chiamato nei decenni successivi il "punk rock alternativo" e venne così inserita dalla rivista Rolling Stone nella lista degli artisti immortali. L'eponimo disco d'esordio del 1969 non ebbe un grande successo di vendita (raggiunse all'epoca solo 35.000 copie vendute),ma, grazie a brani leggendari come No Fun, 1969 e soprattutto I wanna be your dog, è entrato fortemente nell'immaginario collettivo per la sua cruda energia.

The Idiot (1977)
Gli album dell'era berlinese di Iggy Pop, Lust For Life e The Idiot, pubblicati entrambi nel 1977 a 5 mesi di distanza l'uno dall'altro, offrono una straordinaria visione dell'affascinante alchimia creativa che ha definito il post punk della era berlinese, attraverso un sound che ha plasmato la cultura della musica popolare per i decenni a venire. The Idiot e Lust For Life sono considerati ancora oggi due degli album più significativi mai realizzati nel rock, il cui DNA sonoro continua ad influenzare ed ispirare le nuove generazioni di musicisti fino ai giorni nostri. Dopo lo scioglimento degli Stooges, Iggy e Bowie si trasferirono a Berlino Ovest nel 1977 per iniziare a lavorare all'album di debutto da solista di Iggy. Ispirato dall'epoca della Guerra Fredda, e dedicato al romanzo dello scrittore russo Fyodor Dostoevsky, L'Idiota, la realizzazione dell'album allontanò Iggy dalle sonorità heavy punk degli Stooges, inserendo per la prima volta sonorità oscure ed elettroniche. L'album ebbe un ottimo successo di critica e pubblico, con importanti hit tra cui China Girl (ripresa da Bowie nell'album Let's dance), Nightclubbing, Funtime e Sister Midnight.

Lust for life (1977)
Sull'onda del fervore creativo, il duo tornò in studio poche settimane dopo il tour promozionale di The Idiot, registrando il secondo album solista di Iggy, Lust For Life, riportando in primo piano il rock'n'roll più grezzo. Lust For Life contiene due dei più grandi successi del cantante, il brano che intitola l'album, utilizzato in una delle scene più memorabili di Trainspotting, oltre a The Passenger e Tonight. Con David Bowie alla tastiera e ai cori, il gruppo che ha inciso l'album includeva tre quarti dei futuri Tin Machine. La foto di copertina fu opera di Andy Kent, autore anche di quella, altrettanto celebre, di The Idiot. Riguardo all'album, Iggy Pop ha dichiarato: «Io e David eravamo decisi a registrare quell'album in maniera molto veloce, cosa che facemmo, mixaggio compreso, in appena otto giorni, e dato che l'avevamo fatto così velocemente, ci avanzarono un sacco di soldi, che ci dividemmo».
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Gabriele Antonucci