Bob Marley 40 anni senza
Bob Marley / Ansa
Musica

Bob Marley: 40 anni senza il profeta del reggae

Morto l'11 maggio del 1981 a causa di un melanoma, "Tuff Gong" è ancora oggi uno degli artisti più amati e ascoltati. La sua raccolta Legend è da 13 anni consecutivi nella classifica degli album più venduti negli Stati Uniti

A quarant'anni dalla sua morte, causata da un melanoma l'11 maggio del 1981, quando aveva solo 36 anni, Bob Marley è ancora oggi uno dei brand più forti della musica mondiale. Chissà come sarebbe oggi, se fosse ancora vivo, a settantasei anni. Definirlo semplicemente un cantante è riduttivo dell'influenza politica, sociale e spirituale che "Tuff Gong" ha avuto in Jamaica, dove è venerato quasi come una divinità. Un ruolo scomodo, di cui era stato rivestito contro la sua volontà: "Sono solo un uomo" -era solito dire- "non sono un profeta. Conosco alcune parole e so come usarle". Marley è stata la prima star mondiale proveniente dal Terzo Mondo, diffondendo ovunque il suo messaggio di unità e di fratellanza, un perfetto esempio di artista glocal, saldamente ancorato alle sue radici e al tempo stesso universale. Nessun artista è riuscito a incidere profondamente e a diffondere in tutto il mondo un genere musicale come lui. Impossibile pensare al reggae senza associarlo immediatamente a Marley. Il reggae derivava dallo ska, anche se si è sviluppato principalmente come variante del rocksteady. Esso incorpora anche elementi della musica popolare giamaicana, in particolare del mento e del calypso, ma soprattutto dagli influssi R&B e soul nordamericani in voga negli Stati Uniti: ecco perché è stato subito accolto con entusiasmo negli Usa. In origine sostenuto da rude boy e skinhead, insomma tipi poco raccomandabili, il reggae divenne poi simbolo del culto religioso giamaicano chiamato rastafarianesimo. Nella cultura Rastafarian la marijuana non è considerata una sostanza illegale ma, anzi, uno strumento per accrescere spiritualità e consapevolezza.

A tal proposito Marley amava ripetere: "Più la gente fuma erba, prima Babilonia cadrà". Da piccolo Robert leggeva , con ottimi risultati, la mano alle amiche di sua madre. Un giorno disse: "Non farò più questa cosa. Farò il musicista". Una previsione decisamente azzeccata, a partire dall'album di debutto The Wailing Wailers del 1965 con gli Wailers e, ancora più, da Natty Dread del 1974, il primo disco pubblicato con il nome "Bob Marley & The Wailers", senza Peter Tosh e Bunny Livingston. Il successo musicale di Marley andò di pari passo con la sua generosità. Chris Blackwell, illuminato boss della Island Record, dichiarò che in Jamaica, negli anni Settanta, c'erano almeno tremila persone che vivevano, direttamente o indirettamente, grazie a Bob Marley. Quando il cantante comprò una BMW qualcuno storse il naso, dicendo che era una macchina per ricchi, non da lui. Marley rispose che in realtà BMW stava per Bob Marley Wailers. Quando girava per Kingston con la sua BMW fiammante era tranquillo e la lasciava parcheggiata sempre aperta. Era semplicemente impensabile che qualcuno pensasse solo di rubare la macchina di Bob Marley. Una delle più grandi passioni di Marley era il calcio. Il suo giocatore preferito era Osvaldo Ardiles, centrocampista argentino di gran classe. Nel 1977, quando Marley viveva a Londra, andava spesso a vedere le partite del Tottenham Hotspur, squadra di cui Ardiles era l'indiscusso capitano. Per questo il re del reggae verrà celebrato nella prossima stagione dalla squadra olandese dell'Ajax, di cui una delle maglie ufficiali sarà dedicata a Marley con i suoi colori rosso, giallo e verde su sfondo nero.

Una delle canzoni più memorabili del cantautore resta Redemption song, composta nel 1980, pochi mesi prima di morire, mentre combatteva contro il cancro. Nelle prime versioni della canzone che Marley registrò erano presenti anche i Wailers. Chris Blackwell, boss della Island Record, disse che erano buone, ma che c'era qualcosa che non andava. Fui lui a suggerire a Bob di registrarla solo con la chitarra acustica: quello che si dice, un consiglio azzeccato. La canzone, uno dei vertici dell'album Uprising, suona ancora oggi come un testamento artistico e un monito: "Emancipatevi dalla schiavitù mentale/ Solo noi stessi possiamo liberare la nostra mente/ Non aver paura dell'energia atomica perché nessuno di loro può fermare il tempo". L'8 maggio del 1984, tre anni dopo la sua scomparsa, è stata pubblicata la raccolta Legend, contenente 14 tra i suoi maggiori successi: Is This love, No Woman No Cry, Three Little Birds, Get Up Stand Up, Buffalo Soldier, Exodus, I Shot the Sheriff, Stir it Up, One Love, Redemption Song, Jamming e Waiting in Vain. Legend ha venduto negli anni quasi 30 milioni di copie, diventando di gran lunga il disco reggae più venduto di sempre, inoltre, 37 anni dalla sua pubblicazione, è diventato il secondo album a raggiungere i 13 anni consecutivi nella classifica Billboard 200, seguendo le orme di The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd. La fondazione Bob Marley ha siglato alcuni anni fa un accordo con Privateer Holding, società di private equity, per lanciare il primo brand globale di cannabis a uso ricreativo: Marley Natural. A partire dalla fine del 2015 è entrata in commercio un'intera linea di prodotti ispirati all'erba: creme, burro di cacao, vaporizzatori e, in alcuni stati, la stessa cannabis. La sua eredità artistica, all'insegna di "pace, amore e felicità", è portata avanti dai suoi figli, in particolare da Stephen, Damian e Julian Marley, che hanno dato recentemente il loro sostegno all'album benefico Music For Love vol.1. Il disco, distribuito in Italia e a livello internazionale da Music for Love e Maqueta Records, coinvolge 29 artisti provenienti da 8 paesi, tra cui i nostri Fabrizio Bosso, Stefano De Donato, Simona Bencini e Rossano Gentili dei Dirotta su Cuba, Riccardo Onori, Gianluca Petrella, Mario Rosini e Alberto Marsico. Cantabile di Michel Petrucciani, il remix della versione originale di Speak Life di Damian Marley e il brano dedicato a Miles Davis, Dreaming Miles, sono tre dei brani contenuti nell'album, a cui hanno preso parte anche i rapper americani Kayo Bracey e Sonny King, il cantautore portoghese-americano Hugo Ferreira, la mezzosoprana russa Anastasia Boldyreva, l'artista turco Muhlis Berberoglu, il musicista senegalese Ismaila Mbaye, la cantautrice brasiliana Cecy Santana, il produttore americano Chuck Alkazian e tanti altri. L'intero ricavato dalla vendita del disco sarà infatti donato alla Fondazione Fabrizio Meoni Onlus e alla Ghetto Youths Foundation, organizzazione senza scopo di lucro fondata dai fratelli Stephen, Damian e Julian Marley. I più giovani non possono ricordare la data del 27 giugno del 1980, il giorno in cui Bob Marley, accompagnato dagli inseparabili Wailers, si esibì allo Stadio di San Siro (che allora aveva solo due anelli) nel suo primo concerto italiano. Una giornata indimenticabile per i 100.000 spettatori giunti da ogni parte d'Italia per ammirare dal vivo il re del reggae, che si spense l'anno dopo per un tumore.

Alle 16 il prato era già completamente gremito, mentre il primo anello aveva ancora pochi posti liberi, nonostante il caldo afoso. Roberto Ciotti, allora ancora poco conosciuto nonostante due album eccellenti come Supergasoline Blues e Bluesman, iniziò puntuale a suonare la sua chitarra, dimostrando davanti a 60.000 spettatori che si poteva essere dei bluesman di razza anche se si è nati alla Garbatella e non nel Delta del Mississippi. Ciotti, di cui restano indimenticabili le colonne sonore per i film di Gabriele Salvatores, è scomparso l'ultimo giorno dell'anno del 2013. Un anno e pochi giorni dopo è morto anche Pino Daniele, che si esibì subito dopo l'artista romano. Daniele, fresco di pubblicazione del suo capolavoro Nero a metà, entusiasmò il pubblico con il suo sound meticcio, a cavallo tra Mediterraneo e Stati Uniti, accompagnato da una superband in cui spiccavano, tra gli altri, James Senese e Toni Esposito. I say 'i sto cca', Nun me scoccià, A me me piace o'blues e, naturalmente, Je so' pazzo furono cantate in coro da decine di migliaia di persone, venute per Bob Marley, ma che apprezzavano la genuinità e l'originalità di questo artista, così diverso sia dai cantautori impegnati degli anni Settanta che dai cantanti sanremesi. Quarantuno anni dopo quel leggendario concerto, tre dei loro protagonisti non sono più tra noi, mentre la loro musica continua a vivere attraverso i nostri ricordi.

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Gabriele Antonucci