Ferrari: Arrivabene, il Conte di Maranello
Il team principal del Cavallino potrebbe essere il valore aggiunto di una scuderia che con Vettel ha ritrovato il sorriso
Il segno che qualcosa è cambiato in casa Ferrari arriva pochi istanti dopo la (prima) tempesta perfetta che si scatena sulla posteriore sinistra di Kimi Raikkonen, storia del giro numero 17 sulla pista dell'Albert Park di Melbourne, capitolo numero uno del campionato 2015. Il pilota finlandese, sfortunato come Paperino alle prese con uno dei suoi tanti guai da fumetto, aveva già incassato una stoccata da Carlos Sainz Jr. alla prima curva della corsa, riuscendo tuttavia a recuperare terreno e a sistemarsi a breve distanza dagli scarichi della Williams del suo ex compagno di squadra, Felipe Massa. Poi, il pit-stop che non ti aspetti. Il bullone fa i capricci e Kimi-Paperino perde ai box 6 secondi 6, un'infinità per chi si gioca trionfi per centesimi. Raikkonen torna in pista e Maurizio Arrivabene, nuovo ministro del Cavallino per la Formula 1, scende dal seggiolino dei comandi e vola al box per chiedere conto ai suoi meccanici di quanto appena successo. Ha lo sguardo corrucciato l'Arrivabene di Brescia. Parla e ascolta. Dirige e sprona. Come un generale in battaglia. Pretende il massimo, da se stesso e da chi lo circonda.
A fine gara, lo squillo numero due. Mentre a Maranello si stappa lo champagne per una Ferrari sicuramente migliore di quanto ci si potesse aspettare dopo i lunghi sbadigli e scivoloni del campionato precedente, il team principal scelto da Sergio Marchionne spiega di essere felice a metà. Come nel post qualifiche. Perché Raikkonen, parole sue, aveva i numeri per concludere la corsa a braccetto con Sebastian Vettel, battezzato figliol prodigo a furor di popolo dopo settimane di sorrisi dolci e carichi di entusiasmo. Chi lo conosce bene, dice che al ritorno alla base modenese Arrivabene pretenderà spiegazioni in carta bollata per giustificare il flop ai box. Il bullone non va giù. Nemmeno a Kimi-Paperino, che infatti a corsa chiusa torna a sfoderare l'aplomb ineffabile e impenetrabile di vecchia memoria. Nulla di preoccupante. Visto come sono andate le cose negli ultimi tempi, Raikkonen pare che abbia finalmente (ri)trovato il piglio dei giorni migliori. Più che una speranza, un'intuizione da rivedere e confermare gara dopo gara.
L'indizio numero tre, quello che potrebbe cambiare l'inerzia di una scuderia vittima di mugugni e frizioni sedimentate nel profondo dell'anima per anni difficili e tormentati, prende forma prima del rompete le righe di Melbourne. Arrivabene e Vettel si incontrano nel paddock e si abbracciano con un trasporto che la dice lunga circa l'affetto che li lega. Sia chiaro, il terzo posto del quattro volte campione del mondo sul tracciato dell'Albert Park non determina, di per sé, una svolta epocale rispetto al passato. Perché la distanza che separa Maranello e Brackley, sede operativa della Mercedes, è ancora tutta da interpretare, perché la pista australiana propone insidie che altrove si leggono diversamente. E perché alla “prima” del 2014 Fernando Alonso tagliò il traguardo con 35 secondi di distacco dal vincitore Nico Rosberg, come Vettel su Hamilton un anno dopo. La differenza potrebbe essere tutta nel manico. Arrivabene è un motivatore, un trascinatore, l'allenatore che striglia ed esulta come un tifoso. Non cerca miglioramenti, vuole soluzioni. E non si accontenta mai, nemmeno quando i risultati gli danno ragione. Ecco, in queste e altre sfumature l'Arrivabene del nuovo corso Ferrari ricorda l'Antonio Conte della prima avventura al timone della Juventus. La variabile non ordinaria che trasforma e rinnova, stravolge e conquista. Per Maranello, la migliore notizia possibile.