Eliminare la volgarità di apparecchiature approssimative, esaltare il valore delle pietanze con i piatti e i contenitori più consoni all’occasione, restituire alla degustazione dei vini il giusto tono «liturgico», avvolgere di calore la ritualità del convivio. Il volume Galatime. Atto secondo racconta come trasformare la tavola in un palcoscenico di eleganza.
Ricordate Aggiungi un posto a tavola? Erano gli anni del boom e i commediografi Pietro Garinei e Sandro Giovannini la misero in scena traendola da Dopo di me il diluvio di David Forrest: una commedia musicale che ha fatto epoca. Tracce di quell’Italia riemergono dopo la clausura forzata da Covid qua e là nei ristoranti dove però v’è stata, forse causa crisi, una mutazione: un piatto in due, vino a bicchiere, prenotazione last minute. Esigenza di risparmio? Certo, ma anche dispersione della felice ritualità della ristorazione. Ci sono state molte polemiche quest’estate per gli scontrini definiti folli. Chi gestisce le tavole cerca di ripararsi da richieste che sviliscono il proprio mestiere: la mezza porzione, la torta divisa in due, il vino portato da casa. C’è forse bisogno di recuperare l’eleganza del gesto, lo spessore del Convivio.
Per massimizzare la profittabilità dell’esperienza gastronomica al ristorante (e non solo) ecco il libro perfetto: Galatime. Atto secondo. La vita come palcoscenico di eleganza in libreria da qualche giorno da Maretti editore. Già lo scorso anno, gli autori Petra Carsetti, maestra di galateo, e Carlo Cambi (sempre per Maretti editore) con Galatime avevano proposto il galateo riveduto e attualizzato come antidoto al solipsismo post-Covid invogliando all’incontro. Oggi tornano sull’argomento concentrandosi su quello che potremmo definire il galateo sociale. E per farlo partono dal ristorante, anzi da uno in particolare: l’Osteria del Viandante di Rubiera.
È una sorta di prototipo della buona accoglienza dove ottima cucina di tradizione si sposa con una cantina eccelsa e un servizio officiato da una squadra giovanissima secondo però i dettami della classicità. Scrisse nel 1825 il gastronomo francese Jean Anthelme Brillat-Savarin nell’imprescindibile Physiologie du goût: «La qualité la plus indispensable du cuisinier est l’exactitude: elle doit être aussi celle du convié» (La qualità indispensabile di chi cucina è l’esattezza, deve essere anche quella del convitato). La traduzione di «exactitude» è un’approssimazione per difetto, ché in realtà significa attitudine e precisione, o se si preferisce modo appropriato. Galatime. Atto secondo parte da lì: dalla necessità di eliminare dalla tavola la volgarità di apparecchiature approssimative, di esaltare il valore delle pietanze con contenitori acconci, di restituire alla degustazione dei vini il giusto tono «liturgico», di avvolgere il piacere del cibo, la ricchezza dell’incontro, la ritualità del convivio in una morbida sciarpa di cachemire e seta per rendere carezzevole e caldo l’incontro.
Di avere l’opportunità di trasformare la vita in un palcoscenico di eleganza. È, per dirla con uno che se ne intendeva e cioè il filosofo e antropologo Claude Lévi-Strauss, una sorta di eso-galateo che va a completare e arricchire l’endo-galateo che è stato l’oggetto di Galatime. Si replica in questa nuova accezione, si potrebbe dire: a grande richiesta. I due autori Petra Carsetti – docente di Galateo e già campionessa mondiale di apparecchiatura della tavola – e Carlo Cambi – saggista, giornalista e gastronomo e firma di Panorama – hanno scelto la cifra della narrazione per occasione. Se si va al ristorante, se si riceve a casa, se si offre o si degusta un grande vino, se si apre la casa a un pubblico incontro vi sono sì delle norme che rimandano al mai superato precetto di monsignor Giovanni della Casa, ma servono degli aggiustamenti per dare al Galateo del ricevimento (in questo senso è da intendersi l’ eso-Galateo) la compiutezza che sostanza «l’exactitude».
Non a caso il libro è nato dall’incontro dell’editore – Manfredi Niccolò Maretti – con i due autori e il fotografo dell’arte culinaria Lido Vannucchi attorno al tavolo dell’Osteria del viandante di Rubiera. È lì che ha preso forma l’idea di aggiungere al successo di Galatime una seconda lettura sociale e conviviale del comportamento empatico. L’empatia è peraltro il filo rosso che lega la narrazione di Galatime atto secondo dove alle parole si affianca il linguaggio delle immagini che non è meramente descrittivo, ma è iconico e al tempo stesso narrativo. La scelta di soffermarsi sugli oggetti della tavola, sui bicchieri così come sugli attori dell’azione gastronomica – dai cuochi a chi orchestra la sala – è dettata dalla necessità di sostanziare «l’excatitude». Galatime atto secondo è un libro che probabilmente sarebbe molto piaciuto a Brillat-Savarin. E molto piacerà a chi affida alla convivialità l’efficacia della relazione, a chi coltiva uno stile del ricevere che genera armonia attraverso le note che sono la degustazione, l’eleganza della tavola, lo spessore del conversare, l’opzione alimentare, la scelta della cantina. È un libro che ha uno spessore narrativo e al tempo stesso un’indispensabile utilità: può essere usato come il manuale dell’arte di ricevere. Perché in fin dei conti la buona vita va agita sul palcoscenico dell’eleganza.
