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Immagine del film "Captain Fantastic" (Foto: Good Films)
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5 film davvero belli sul papà, con padri lucenti e controversi

Per celebrare i papà, imperfetti e luminosi, ecco 5 film d'autore per nulla scontati, con personaggi di poche parole ma cuori grandi, oppure controcorrente e sognanti, da Captain Fantastic a Father and son

Padri di pochissime parole e cuori gonfi. Poco avvezzi a smancerie, ma pronti a sacrifici grandi. Oppure luminosi e sognanti un futuro diverso per i loro figli. Paternità tormentante, intense, brucianti. In occasione della Festa del papà, ripercorriamo dei film davvero belli, tutti film d'autore e per nulla scontati, con dei toccanti rapporti padre-figlio/a.

Come un tuono (2012) di Derek Cianfrance

Ryan Gosling, con carisma tragico e magnetico, in Come un tuono è "Luke il bello", motociclista stuntman da luna park, spericolato e inquieto, che passa di città in città, di ragazza in ragazza. Finché non scopre che una sua ex (Eva Mendes) ha da poco partorito di nascosto suo figlio. Per Luke, cresciuto senza padre, quel figlio diventa subito il perno: vuole amarlo ed esserci, incondizionatamente, è luce pura nell'oscurità della sua esistenza. Si muove così un dramma famigliare sul potere della paternità che è anche thriller e poliziesco, dinamico e intenso, che si compone in un trittico affascinante. La forza dell'amore può essere molto pericolosa. E le eredità di sangue, volente o nolente, tracciano, indirizzano, segnano.

Nel cast anche Bradley Cooper, Mahershala Ali, Dane DeHaan. Dopo Come un tuono, che segue l'esordio molto degno di nota Blue Valentine, lo statunitense Derek Cianfrance si è perso con La luce sugli oceani per ritrovarsi ora, con una nomination all'Oscar 2021, per la sceneggiatura di Sound of Metal.


Immagine del film "Light of my life" (Foto: Notorious Pictures)

Light of my life (2019) di Casey Affleck

Storia di sopravvivenza, Light of my life è soprattutto un amore tenero, devoto e assoluto tra padre e figlia. E viceversa. Opera seconda di Casey Affleck, che l'attore statunitense dirige, sceneggia e interpreta, è ambientato in un mondo distopico, ma il fulcro solido e viscerale non è il racconto di un futuro incattivito e alla deriva, che sembra così vicino all'oggi, bensì la complessità morale del magnifico rapporto tra padre (Affleck) e figlia (Anna Pniowsky), che eleva una trama di per sé neanche troppo originale.

Con zaini, tenda e aria guardinga, i due si aggirano circospetti tra i boschi del Midwest americano: lei, Rag, ha undici anni e tante domande per cui pretende risposte sincere. Suo padre ha la missione di proteggerla, prevedendo ogni rischio, e intanto la addestra perché possa cavarsela anche da sola.

Captain Fantastic (2016) di Matt Ross

Cosa insegna ai suoi sei figli (di età circa tra i 6 e i 20 anni) Ben Cash, padre sulle righe interpretato in barba e capelli lunghi (e pure in un nudo integrale) da Viggo Mortensen? Caccia con frecce e arco, corse in montagna, prove di resistenza nella natura, letture di filosofia e linguistica, romanzi russi (uno dei fratelli più piccoli legge niente meno de I fratelli Karamazov) e Noam Chomsky (non festeggiano il Natale ma la «Giornata di Noam Chomsky», perché Ben vuole che i ragazzi credano in un personaggio reale e non in uno «di fantasia»).

Nel cuore delle foreste del Nord America, lontano dalla società, questo padre fuori dal comune dedica la sua vita a fare dei suoi figli degli adulti straordinari. Finché una tragedia li costringerà a lasciare quel paradiso, per imbattersi nel mondo esterno e mettere in dubbio tutto quel meraviglioso e anticonvenzionale percorso educativo.
Leggerezza e riflessioni profonde si intrecciano tra colori, sorrisi e un'idea di vita finalmente splendidamente diversa.
Opera seconda per lo statunitense Matt Ross.


Immagine del film "Father and son" (Foto: Bim Distribuzione)

Father and son (2013) di Hirokazu Kore'eda

La paternità è legame di sangue o legame di amore e tempo condivisi? Quand'è che un padre diventa veramente padre?
Ryota (Masaharu Fukuyama), imprenditore di successo che si sente infallibile e vincente, si vede messo di fronte a una prova più dura di tutte le altre quando scopre che Keita (Keita Ninomiya), suo figlio di sei anni verso cui ha sempre preteso tanto, in verità non è il figlio biologico: c'è stato uno scambio di culle in ospedale. Colpito dall'attaccamento che la moglie dimostra nei confronti del piccolo anche dopo aver saputo la verità, e conoscendo la famiglia più umile rozza ma affettuosa e allegra che ha cresciuto il suo «vero» figlio, l'uomo comincia a interrogarsi se è mai stato un vero padre in tutti quegli anni.

La premessa dello scambio di neonati al cinema non è una novità, ma Hirokazu Kore'eda, regista giapponese Palma d'oro con l'indimenticabile Un affare di famiglia (2018), sa esplorare gli animi umani con acume e sottigliezza, evitando tutti i cliché che accompagnano questo tipo di dramma familiare.

Nebraska (2013) di Alexander Payne

In un road movie padre-figlio delicato, con il bianco e nero che esalta la preziosa semplicità dei suoi personaggi, Nebraska indaga i rapporti famigliari e la paternità, affidandosi a un Bruce Dern favoloso (premiato a Cannes) nei panni di un vecchio taciturno testardo e un po' rimbambito del Montana, convinto di aver vinto un milione di dollari. In realtà è solo vittima di una mezza truffa, ma non si rassegna a recarsi a Lincoln, Nebraska, luogo in cui ritirare la presunta vincita.
Il figlio minore (Will Forte), rassegnato ma forse anche speranzoso di avvicinarsi a quel padre sempre un po' distante, cede e decide di accompagnarlo.

Il viaggio strampalato si trasforma in una ricerca di comprensione reciproca, un tempo apparsa impossibile. Padre e figlio, dapprima freddi e quasi ostili, si fanno sempre più prossimi, ma senza sentimentalismi fluorescenti, con sobrietà esemplare. Ora con tratto comico, ora commovente, emerge pian piano il desiderio del figlio di conoscere il passato di un padre di cui non sa niente e la voglia di restituirgli un po' di dignità.
Lo statunitense Alexander Payne ha già esplorato la paternità in Paradiso amaro (2011) con George Clooney (Oscar per la sceneggiatura), ma qui fa meglio.

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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