Una madre che sognava di fare la popstar e un padre truffatore seriale: non proprio una famiglia tradizionale quella di Megan Jovon Ruth Pete, in arte Megan Thee Stallion, ovvero «la Giunonica», che in due anni, ha bruciato le tappe del music business internazionale.
La madre in studio di registrazione a incidere brani rap e lei in strada a sfidare i ragazzi della periferia di Houston in gare di «freestyle». Sfornava rime a getto continuo nei parcheggi dei centri commerciali del profondo Texas, Megan Jovon Ruth Pete quando aveva 15 anni: i piedi sull’asfalto bollente e i pensieri che ambivano la «mansion» a Hollywood o agli Hamptons, con un unico obiettivo dichiarato: diventare come Queen B, ovvero Beyoncé, anche lei nata e cresciuta a Houston.
«Il profondo sud degli Stati Uniti non è esattamente il paradiso della musica» racconta Megan Thee Stallion. «L’evento dell’anno erano i concerti delle Destiny’s Child (la prima band di Beyoncé, ndr) nei Rodeo center, tra cavalli, cowboy e fiumi di birra: un crash allucinante. Da lì la vetta delle classifiche e i red carpet sembrano puntini nell’infinito, ma poi internet accorcia le distanze e ti porta dove mai avresti immaginato di arrivare». Non era il prototipo della tradizionale famiglia texana la sua: la madre (nome d’arte Holly-Wood) sognava di diventare una popstar mettendo in fila rime farcite di espressioni da gangster del ghetto, mentre il padre, un truffatore seriale, entrava e usciva di galera a intervalli regolari. Per contrasto, Megan ha sempre guardato altrove, per nulla affascinata dalla retorica del rapper che si traveste da criminale.
«Mia madre, che purtroppo adesso non c’è più, era esterrefatta dai testi delle mie canzoni, che parlavano di outfit, autostima e sensualità estrema. Lei aveva un immaginario ispirato a I Guerrieri della notte (il film-cult del 1979 ambientato tra le gang di New York, ndr), io ero concentrata su di me, sul mio fisico e su quel soprannome, Stallion, che nello slang degli Stati del sud viene affibbiato alle donne giunoniche ma molto alte. Almeno un metro e ottanta, come me. I video di twerking realizzati con un paio di amiche sono diventati un must per tutti i nostri compagni di scuola…» ha svelato di recente a un paio di giornali.
Nella generazione di Megan, nata nel 1995, gli spartiti, le lezioni di canto o di pianoforte sono orpelli di un passato molto remoto. Oggi si diventa star globali scrivendo brani con le basi musicali del pc di casa, affinando uno slang personale, meglio se un po’ sexy e sopra le righe, e investendo molto sugli aspetti peculiari del proprio corpo. In poche parole, lo spartito di questi tempi si chiama… specchio.
«Passare molto tempo davanti al “vanity mirror” è essenziale, perché la prima regola per piacere agli altri è comprendere che cosa ti piace di te stessa. Una volta che ti è chiaro, lavori duro su quello fino a quando non ti viene naturale dire: ehi, sei davvero bellissima» spiega. Il resto lo fanno Youtube, Spotify, Instagram e TikTok dove le sue canzoni, Hot girl summer, Savage remix (con la partecipazione di Beyoncé), Cash shit e Girls in the hood hanno fatto sfracelli in termini di clic e visualizzazioni. Funziona così il music business di oggi: in meno di due anni si passa da zero a tutto, dalla cameretta di Houston alla fama globale con una manciata di brani trendy. La sfida, poi, è non rimanere impantanati nel girone infernale delle meteore che dopo aver toccato il cielo con un dito sprofondano nell’anonimato. «Io faccio parte degli artisti di questa generazione che verranno ricordati» ha dichiarato a New Musical Express.
In attesa che la profezia si avveri, lei usa il suo nome d’arte come un brand per sostenere la causa di Black Lives Matters, per aiutare le famiglie che non possono finanziare gli studi dei figli e, naturalmente, per ampliare la sua sfera d’influenza nell’entertainment.
Come fan di anime e di film horror, ha prodotto Hottieween, una serie vampiresca visibile su Youtube, in cui anche recita, ed è diventata giudice del format della Hbo, Legendary, dedicato alle sale da ballo della comunità Lgbt. Un’irresistibile ascesa fatta finora di luci senza alcuna ombra. Fino al 12 luglio, quando è stata ricoverata a Los Angeles con i piedi crivellati da colpi d’arma da fuoco. Lo ha rivelato su Instagram senza aggiungere altri dettagli rilevanti, fatta eccezione per un’immagine che mostra il gigantesco bouquet di fiori che Rihanna le ha fatto recapitare in ospedale. Inconvenienti da «hot star».