Zucchero infiamma Caracalla con il suo blues da esportazione
Daniele Barraco
Musica

Zucchero infiamma Caracalla con il suo blues da esportazione

Il cantautore emiliano si è esibito ieri sera nel cuore di Roma nella prima data italiana del suo "World Wild Tour", accompagnato da una band straordinaria

La fiamma ardente del blues, una musica tradizionale ispirata ai canti degli schiavi afroamericani che lavoravano nelle piantagioni di cotone, è tenuta saldamente in vita oggi da Zucchero, singolare Dioniso emiliano, un po’ peccatore, un po’ predicatore, che è da anni l'artista italiano più conosciuto e apprezzato all'estero. Dalla tensione continua tra carne e spirito, tra irriverenza e introspezione, tra leggiadra ironia e dolorosa consapevolezza trae linfa la poetica di Zucchero che, grazie alla sua voce roca e passionale, al suo gusto melodico che ne addolcisce le asprezze e all'impatto dei suoi testi, ha accorciato i chilometri che separano il Delta del Mississippi, dove è nata questa musica, da Roncocesi, un paesino in provincia di Reggio Emilia dov'è nato il cantautore emiliano. Ieri sera si è tenuto il primo dei cinque concerti del World Wild Tour di Sugar alle Terme di Caracalla, prima di esibirsi il 9 e 10 giugno alla RCF Arena (Campovolo) di Reggio Emilia, due eventi speciali per lui, soprattutto alla luce della tragedia che ha investito la sua Emilia Romagna. Dopo l'introduzione dal sapore soul-gospel di Oma Jali, che sarebbe riduttivo definire semplicemente una corista, il micidiale uno-due di Spirito nel buio e Soul Mama, perfetta amalgama tra strumenti organici e cassa digitale, ha messo subito in chiaro la potenza di fuoco della sua affiatatissima band.

Zucchero è apparso fin dalle prime battute in grande forma fisica e con una voce che non ha nulla da invidiare a quella dei primi anni Novanta, una sorta di Faust del blues che ha stretto un patto con il diavolo lungo qualche incrocio polveroso dell’Emilia Romagna. È la volta, poi, di un terzetto di brani più morbidi e introspettivi: la ieratica e solenne Sarebbe questo il mondo, il crescendo de La canzone che se ne va, nella quale Zucchero allarga le braccia alla Modugno, fino a Quale senso abbiamo noi, sorretta da un solido muro di archi. Partigiano Reggiano, a giudicare dalla reazione entusiasta del pubblico di Caracalla, è ormai un classico del suo repertorio grazie a un ostinato riff di piano e ad una ritmica trascinante, con un testo che è un elogio alla libertà in tutte le sue forme, mentre 13 buone ragioni è un brano diretto e carnale in perfetto stile Zucchero, dove una birra e un panino al salame sono preferibili a una lei poco comprensiva e attenta (forse ispirata all'ex moglie del bluesman emiliano, con la quale i rapporti sono stati spesso burrascosi).

Atmosfere più delicate e sognanti caratterizzano Che si arrende, versione italiana di Streets Of Surrender (S.O.S.), arioso inno alla libertà, una canzone contro l’odio scritta da Bono Vox dopo il terribile attentato terroristico al Bataclan di Parigi, nel novembre del 2015. Pene è una canzone notturna, sensuale, ricca di doppi sensi, Facile è quasi un brano da chiesa, nel quale il cantautore emiliano si diverte a duettare con la voce soul di Oma. Nella sapiente alternanza di brani danzerecci e intense ballad, si rimane colpiti dalla straordinaria compattezza della band, autentico dream team guidato dal direttore musicale e bassista Polo Jones, storico collaboratore di Zucchero, affiancato da Kat Dyson (chitarre), Peter Vettese (hammond, piano and synth), Mario Schilirò (chitarre), Adriano Molinari (batteria), Nicola Peruch (tastiere), Monica Mz Carter (batteria e percussioni), James Thompson (fiati), Lazaro Amauri Oviedo Dilout (fiati), Carlos Minoso (fiati) e Oma Jali (backing vocals). In ogni concerto riuscito c'è sempre un "click", un momento esatto in cui la musica entra in perfetta consonanza con il pubblico: questo momento c'è stato alle prime battute di Vedo Nero, con le sue galvanizzanti tastiere alla Coldplay, che fa alzare tutti gli spettatori in piedi per ballare, allentandone i freni inibitori.

Una scena che si ripete anche nella scatenata Baila Morena, uno dei singoli di maggior successo nella lunga e fortunata carriera di Zucchero, che nel 2001 gli ha recato in dote una nuova generazione di fan. Uno dei momenti più intensi della serata è la lacerante Iruben me, in cui Sugar riesce a toccare le corde più recondite dell’anima con un’interpretazione magistrale, sofferta e vibrante, impreziosita da un assolo di chitarra ricco di pathos di Mario Schilirò. Zucchero si siede su una poltroncina messa a pochi metri degli spettatori delle prime file e racconta le sue emozioni: «Sono sincero, non mi aspettavo un'accoglienza del genere: non so mai cosa aspettarmi dal pubblico romano. Sono davvero emozionato di suonare per cinque serate alle Terme di Caracalla, un luogo magico, abituato a ospitare grandi eventi di musica classica e lirica. Per fortuna il tempo è stato clemente e ci siamo risparmiati le lacrime dal cielo, anche perchè di lacrime ne abbiamo già troppe in questo momento».

Sugar esegue da seduto Dune Mosse (un capolavoro reso tale anche dalla tromba magica di Miles Davis nella versione in studio) e Un soffio caldo, scritta per lui dal collega Francesco Guccini per l'album Chockabeck. «A volte leggo sui giornali giudizi del tipo "ma come mai Zucchero, che ha scritto dei brani sublimi come Dune Mosse, Celeste e Diamante, fa anche canzoni da osteria come Bacco Perbacco e Vedo nero?"», racconta il cantautore emiliano. «I maestri del blues, in realtà, parlavano di cose serie, ma la sensualità, il ritmo e il groove erano i pilastri dei pezzi di Muddy Waters. Dai, ragazzi, che si vive una volta sola!». La prima parte del concerto si chiude nel migliore dei modi con il connubio da brividi tra melodramma e canzone d’autore di Miserere, con Zucchero che duetta virtualmente, attraverso i maxischermi, con Luciano Pavarotti, a cui il pubblico di Caracalla tributa una lunga standing ovation. L'artista di Roncocesi si prende una meritata pausa e lascia il proscenio alla sua fenomenale band, che entusiasma gli spettatori con Stayin' Alive, Nutbush City Limits (omaggio alla compianta Tina Turner) e Honky Tonky Train Blues.

Nella seconda parte del concerto fa il suo ingresso, direttamente attraverso i corridoi delle gradinate di Caracalla, un coro gospel americano di 20 elementi, che dona pathos e potenza vocale a Overdose d'amore, Let it shine, Diamante (una perla uscita dalla penna di Francesco De Gregori) e Così celeste, servendo un poker di canzoni perfetto. Il finale del concerto è una pura esplosione di gioia e di divertimento, con una sequenza micidiale di brani tutti da ballare: Per colpa di chi, Diavolo in me e i tre generosi bis di Chocabeck, Con le mani e Solo una sana e consapevole libidine. Il concerto termina dopo quasi due ore e tre quarti (e 29 brani) con una lunga standing ovation: «Grazie Roma, che Dio vi benedica e vi perdoni: andate in pace!». I volti sorridenti degli spettatori che alla fine del concerto guadagnavano ordinatamente l'uscita, attraversando quella meraviglia di ingegno architettonico e idraulico delle più grandi terme dell'Antica Roma, raccontano meglio di tante parole un concerto tiratissimo, ricco di emozioni, di musica vera(senza loop, né basi preregistrate) suonata da professionisti con i fiocchi guidati da un carismatico capopopolo del blues che, alla non più verde età di 67 primavere, si diverte ancora come un matto a suonare la musica dell'anima e dei campi di cotone, conferendogli un inconfondibile pizzico di melodramma e di melodia tipicamente italiana.

La scaletta di Zucchero alle Terme di Caracalla di Roma (31/5/23)

Spirito nel buio
Soul Mama
Sarebbe questo il mondo
La canzone che se ne va
Quale senso abbiamo noi
Partigiano reggiano
13 buone ragioni
Ci si arrende
Pene
Facile
Vedo nero
Baila (Sexy Thing)
Iruben Me
Dune mosse
Un soffio caldo
Il volo
Miserere

Intermezzo musicale

Stayin’ Alive
Nutbush City Limits
Honky Tonk Train Blues

Overdose (d’amore)

Let It Shine
Diamante
Così celeste
X colpa di chi?
Diavolo in me

Chocabeck
Con le mani
Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica

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Gabriele Antonucci