Fabri Fibra
Mattia Guolo
Musica

Fabri Fibra mette ordine nel suo "Caos" con un grande album

Il decimo disco del rapper di Senigallia, ricco di ospiti illustri, è uno dei suoi lavori più ambiziosi, riusciti e sinceri

«Molti mi hanno fatto notare che non esce un mio disco da cinque anni. Io ringrazio ogni singolo giorno di questi cinque anni perché sono serviti a darmi gli stimoli e le idee per scrivere nuovi testi». Parola di Fabri Fibra, al secolo Fabrizio Tarducci, che oggi torna nei negozi fisici e digitali con l'attesissimo Caos, il decimo album della sua fortunata carriera (il primo per la Epic Records/Sony Music), a cinque anni di distanza dal precedente Fenomeno. Considerato il punto di congiunzione tra la old school e la nuova era del rap in Italia, grazie alla schiettezza dei suoi testi e alla capacità di tradurre in rime icastiche la complessità e la brutalità della vita di un'intera generazione, Fibra, dopo aver venduto un milione di dischi, dimostra di avere in Caos ancora molto da dire e da dare alla scena rap.

«La gente ogni tanto mi dice hai 45 anni e ancora rappi? A me dà sempre più gusto, perché in realtà divento sempre più bravo», ha dichiarato il rapper di Senigallia in un video per Spotify. Fibra, oltre a una tecnica prodigiosa e a una sincerità artistica rara nella scena rap, ha sempre avuto uno spiccato gusto per l’iperbole e per la provocazione, attirandosi per questo veementi critiche per le sue canzoni. In realtà si sono spesso fraintesi i testi di Fibra, nei quali si descrivono in modo crudo e diretto gli aspetti meno edificanti della società contemporanea proprio per mettere in guardia i più giovani, che costituiscono il nocciolo del suo pubblico. I brani del rapper di Senigallia sono oggi meno duri e arrabbiati rispetto a quelli dei tempi di Mr.Simpatia, guadagnando però in saggezza e profondità narrativa.

La cover di Caos, con il rapper fotografato di spalle mentre cammina su una spiaggia deserta e senza sole, mette plasticamente in chiaro il mood dell'album: Fibra è solo, molti suoi colleghi con cui ha iniziato a rappare oggi fanno altro, ma lui va avanti lo stesso per la sua strada, incurante delle mode del momento. La lista degli ospiti di Caos è impressionante (Guè Pequeno, Marracash, Salmo, Neffa, Madame, Lazza, Colapesce e Dimartino, Ketama 126, Francesca Michielin e Maurizio Carucci), ma, a differenza di tanti album-playlist, si avverta una certa coerenza nel suono e nei testi. Già solo con l'eccellente Intro dell'album, che campiona Il cielo in una stanza di Gino Paoli e che racconta in breve le tappe principali della sua carriera, Fabri Fibra, in poco più di due minuti, con le sue barre funamboliche manda a dormire e rimbocca le coperte alla maggior parte dei trapper monocordi e biascicanti di oggi. Il livello resta alto con la cupa e potente Goodfellas, impreziosita dal coinvolgente ritornello di Rose Villain, nella quale Fibra critica i colleghi che gli fanno i complimenti in privato e che gli chiedono di partecipare ai loro dischi, salvo, poi, non dichiarare mai pubblicamente la loro stima per lui. Una tematica non troppo lontana da quella di Sulla Giostra, con un'irresistibile ritmica reggae e la voce inconfondibile di Neffa, uno dei padri putativi del rap italiano, che cura anche la produzione del brano. Due pezzi che hanno tutti gli ingredienti per diventare successi radiofonici sono Propaganda con Colapesce e Dimartino, uno dei brani più politici e ironici di Caos, e Stelle, con la voce di Maurizio Carucci (Ex-Otago) e la produzione scintillante di Dardust, una canzone che, su una base da piano house vintage, racconta la solitudine di un cantante di successo.

L'anticonformismo di Fibra risulta evidente in un pezzo spiazzante come Fumo: mentre la scena rap, dai Cypress Hill e Snoop Dogg fino a oggi, ha sempre esaltato le virtù terapeutiche della "maria", il rapper di Senigallia, che non fuma più da sei mesi, mette in guardia gli ascoltatori, in modo parossistico, dai possibili effetti dell'abuso di sostanze psicotrope, benché leggere. Gli amanti del rap hardcore troveranno pane per i loro denti in brani potenti e diretti come Demo nello stereo, El Diablo, Cocaine (con Gué e Salmo) e Noia (con Marracash): quest'ultimo, grazie alla sapiente produzione di Ketama 126 che campiona Miles Davis e cita Charles Bukowski, è sicuramente una delle vette artistiche di Caos. Nessuno, tra rap e cantato, è un lento e inquietante racconto di un duplice omicidio commesso da un folle stalker, sopra una strumentale dominata da una chitarra acustica: un saggio di bravura delle doti di narratore di Fibra, che non giudica, ma racconta anche gli aspetti più torbidi e malati della società. L'album si chiude con la sincerità disarmante di Liberi, un pop-rap con Francesca Michielin nel doppio ruolo di voce e produttrice, e Outro, quasi un flusso di coscienza sopra una ipnotica strumentale, senza ritornelli, tra ricordi lontani, affreschi di vita privata e ringraziamenti a chi ha reso possibile il disco, non ultimi i suoi fedeli fan: «E qui voglio fare i ringraziamenti/ A tutti gli artisti che mi hanno aiutato a creare questo progetto, questo disco/A tutto il mio team/A tutti voi che state ascoltando/E soprattutto a me stesso/Grazie a me stesso/Se sono ancora qui, vaffanculo».

Mentre buona parte del rap italiano contemporaneo corre sempre più sulle autostrade dei social e si alimenta di like, di brand del lusso e di collaborazioni forzate, Fabri Fibra, che cavalca da oltre vent'anni la scena hip hop quando era ancora un fenomeno quasi carbonaro, è tornato per ribadire, con un album riuscito e ambizioso come Caos, che il rap è soprattutto messaggio, narrazione, riflessioni, emozioni, flow e tecnica. Ingredienti che funzionano sempre, sia ai tempi di Tube Giovanili e Mr.Simpatia che nella società di oggi, stremata da due anni di pandemia e dalla minaccia di una guerra globale, per la quale l'arte della parola di Fibra è sempre un rifugio sicuro.

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Gabriele Antonucci