Boss Doms Intervista
Ufficio stampa Coco District
Musica

Boss Doms: "Con il mio nuovo progetto solista vi farò ballare"

Il produttore, che tanto ha contributo al successo di Achille Lauro, ha pubblicato, dopo il primo singolo I want more, il remix di Back To My Bed di Elderbook con il featuring di Lauro

E disponibile da pochi giorni uno speciale remix della hit internazionale Back To My Bed di Elderbrook curato da Boss Doms, al secolo Edoardo Manozzi. Un remix avanguardistico e sperimentale, due caratteristiche che sono diventate ormai la cifra stilistica dell'eclettico produttore, affiancato anche qui dall'amico e collega Achille Lauro. Il singolo di Elderbrook, produttore e cantautore inglese nominato ai Grammy per la sua hit "Cola" realizzata in collaborazione con Camelphat, assume una veste dai toni romantici e introspettivi. Uno speciale remix, l'interpretazione di un brano internazionale fatta da due artisti così eclettici, che fanno ricorso a quella potente commistione di stili musicali eterogenei che li ha contraddistinti nei loro lavori. "Per me è stato un onore lavorare ad un brano di un artista del calibro di Elderbrook: uno degli act di musica elettronica più caldi del momento - racconta Boss Doms - Ho fatto 15 versioni diverse del remix, alla quindicesima tutti pensavamo che fosse quella giusta ma io non ne ero ancora convinto. Così, mi sono svegliato la mattina dopo, a soli due giorni dalla consegna, e in tempo da record ho chiuso la sedicesima versione, che è proprio quella che sentirete: quella giusta!".Back To My Bed giunge a pochi mesi dalla pubblicazione di I Want More, il primo singolo da solista di Boss Doms, uscito a fine luglio. Anche questo progetto si inserisce nel nuovo percorso da solista che il produttore ha intrapreso con lo scopo di rendere la musica techno fruibile a tutti.

Dopo il primo singolo I want more, come mai hai scelto, come tua seconda pubblicazione solista, il remix di Back to my bed di Elderbrook, produttore, polistrumentista cantautore inglese nominato ai Grammy per la sua hit "Cola"?
"Io amo infinatamente Elderbook, ci ho parlato anche recentemente e abbiamo fatto un'intervista insieme, mi ci trovo bene anche a livello di vibes, è un bravo musicista e anche una brava persona. Questo brano è uno statement, con il quale voglio dire alla gente che io faccio musica elettronica, che si fa sia con singoli che con i remix. Nella musica elettronica, quando ti piace una traccia la remixi, serve anche per rendere omaggio alla canzone stessa: significa che la senti tua e che vuoi dargli il tuo tocco, un po' come ha fatto Marylin Manson con Sweet Dreams. Il fatto che, dopo il mio primo singolo, sia uscito un remix, ti fa capire che sto andando verso la musica da club. Ho dei pezzi in canna che tu non hai idea, tracce club che non sto tirando fuori in questo momento perchè sono chiusi i club. Vorrei che la tutta la mia musica uscisse oggi, tutta insieme, ma devo pazientare"

Hai definito I want more un brano techno pop. Che cosa intendi esattamente?
L'ho chiamato techno pop non perché sia un genere, ma perché è una techno 'popizzata', gli ho dato una struttura più da canzone e meno da club, dove i brani durano anche 8 minuti. C'è un remix di Villalobos che dura 28 minuti: è un viaggio, una traccia pazzesca. La techno è difficile da ascoltare a casa, io te l'ho posta in modo da fartela ascoltare anche se non sei appassionato di techno o non sei uno ferrato del genere. Alcuni mi dicono che ricorda Children di Robert Miles, da cui ha in comune l'uso del piano, uno strumento che amo e che utilizzo. Negli anni 90 la dance ha preso piede anche in Italia, si è creata una scena con Gigi D'Agostino, Benny Benassi, Alex Gaudino, si è creata una scena che ha spaccato in tutto mondo".

Quali sono i dj che ti hanno maggiormente influenzato nella tua musica?
"In realtà non sono dj: penso a gruppi come Justice, Chemical Brothers, Daft Punk e Prodigy, che mi hanno fatto innamorare della musica elettronica e che mi hanno fatto capire che volevo prendere anch'io un'impronta crossover. Non voglio fare il dj come Martin Garrix, che ha fatto sempre un certo genere. Voglio fare roba strana, come mi pare".

Oggi i produttori sono sempre più importanti, sia nel rap che nella dance, tanto, a volte, da oscurare il nome del cantante che fa il featuring. Come te lo spieghi?
"Me lo spiego con il computer: da quando anche il produttore può fare musica totalmente da solo dentro casa, è cambiato tutto. Io da ragazzino suonavo la chitarra, venivo da un background rock in cui, per suonare, c'era bisogno del chitarrista, del bassista e del batterista. C'erano musicisti che erano diventati ancora più iconici del cantante, penso ad Angus Young, chitarrista degli AC/DC, e a Phil Collins, batterista dei Genesis. Poi, a 16-17 anni, sono andato a un rave, dove ho compreso che si poteva trascorrere una serata intera con musica fatta al pc. Allora non avevo la possibilità di affittare una sala prove, lo studio era troppo costoso, così mi scaricavo un programma crackato e facevo qualcosa da solo. Nella musica elettronica, posso mettere insieme tutti gli elementi di un brano e fare una canzone finita dentro casa mia. Ha dato la possibilità anche a personalità meno poetiche e più musicali di mettersi in luce, ritagliandosi il loro posto nella scena.

Nell'ultimo anno c'è stato un ritorno clamoroso della disco music, penso agli album di Dua Lipa, Kylie Minogue, Jessie Ware e Roisin Murphy e al successo del singolo Hypnotize di Purple Disco Maschine e Sophie and The Giants. Come te lo spieghi, in un anno che è drammatico per le discoteche, questo ritorno alla disco?

Ti sei risposto da solo: quando una cosa ce l'hai, la dai per scontata; quando ti vietano una cosa, è il momento che la vuoi. La disco, a giro, torna sempre, pensa all'ultimo album dei Daft Punk. La disco è una bomba, da lei è nato tutto, la cassa dritta, le sperimentazioni di Moroder e di Cerrone che univano il funk con i sintetizzatori. La musica ritorna sempre, ma come la interpreti è una questione di scelta: se io uso il vocoder in tutti i miei brani, quello diventa il mio marchio di fabbrica

Quale lato della tua musica non usciva completamente fuori nella tua collaborazione con Achille Lauro? Le vostre carriere continueranno a viaggiare in parallelo o adesso tu sei più concentrato sulla tua carriera solista?

"Chi può saperlo: non c'è nulla di scritto nero su bianco. Noi abbiamo sempre fatto musica sia da soli che insieme, siamo amici fraterni, ci conosciamo da una vita, non ci mettiamo a progettare 'questo sì, questo no'. Adesso io mi sento nella mia dimensione, faccio quello che mi esce spontaneo. Anche con Lauro facevo quello che mi usciva spontaneo, ma il mio obiettivo era che stesse bene su di lui. C'era lui al centro dell'attenzione, non facevo una cosa che a lui non piacesse o che potesse nuocere al suo progetto e alla sua visione. Adesso al centro della mia attenzione c'è il mio progetto, che deve rispecchiare determinate caratteristiche. La musica che sentirete da adesso in poi mi appartiene completamente
Quali sono le differenze che noti tra la scena musicale romana e quella milanese, visto che frequenti entrambe?
"Sono due focus molto diversi. La scena romana è molto genuina, "de panza", attenta alla credibility, mentre quella milanese è molto orientata ai social, alle tendenze, ai numeri di Spotify, allo stile e all'immagine. Milano è più tecnologica ed europea, Roma è rimasta più concentrata sulla pancia, sui brani che ti arrivano e ti smuovono, anche se sei vestito di merda"

In che modo pandemia e lockdown hanno influenzato sul tuo modo di lavorare?
"In realtà lavoro più di prima: ho lavorato in albergo, in tour, al mare, in treno, ovunque. A me non cambia niente: è l'anima che deve correre, il corpo può anche stare fermo se la mente corre"

Con Max Pezzali, Lodo Guenzi e Jake La Furia hai realizzato il brano Una canzone come gli 883, i cui ricavati sono stati devoluti a chi è in difficoltà. Questo periodo così particolare può essere davvero un momento di svolta, un anno zero in cui i musicisti superano in qualche modo le rivalità in nome del bene comune?

"È bello vedere che in un momento di difficoltà non si è pensato a fare i fighi, ma a fare gioco di squadra tra di noi e di questo sono veramente contento. Significa che, in fondo, siamo brave persone

Il concerto in streaming può davvero essere il futuro della musica o è solo una necessità del momento, che sparirà nel momento del ritorno alla normalità?
"Spero tanto di no: un concerto dal vivo è un'esperienza ineguagliabile rispetto a vederla su uno schermo della tv. Quanti concerti hai visto in tv di Jimi Hendrix? E quanto avresti voluto vederlo dal vivo? è un'altra storia. In streaming si possono fare tante cose, che possono andare in parallelo. Se non hai la possibilità di andare un live perchè è in America, allora va bene. Negli ultimi quattro anni ho visto l'Ultra Music Festival di Miami in streaming, è una gran cosa, ma ciò non sostituisce il fatto che non vedo l'ora di andarci dal vivo. Adesso lo streaming ci mantiente in contatto, ci fa vivere la scena, anche se attraverso un filtro, e la mantiene viva"

Il formato album, da ascoltare dall'inizio alla fine, è stato soppiantato, a causa della fruizione sempre più importante dello streaming, dal formato playlist, in cui ogni brano ha una sua vita autonoma, non legato agli altri brani dell'artista. L'album rischia di sparire nei prossimi anni?
"Forse rischia di sparire, ma dipende molto dal singolo artista: io, ad esempio, voglio farli. L'album è un viaggio, dalla canzone numero 1 alla numero 16 tu racconti varie sfaccettature di te, del tuo modo di vedere la vita, il tuo percorso musicale. La tracklist la fai sempre con un senso, perché voglio che prima senti questa canzone e solo dopo quest'altra. Da amante della musica, io gli album li ascolto dall'inizio alla fine, come ho fatto per l'ultimo lavoro di Sfera Ebbasta, per capire che cosa stai cercando di dirmi".

Facciamo finta che finalmente la pandemia sia sconfitta, tu sei in console ed è la tua prima serata in un grande locale:quali sarebbero i primi 5 brani che metteresti per festeggiare il ritorno alla normalità?
"Ma che ne so, io faccio tutto in freestyle quando salgo sul palco: l'unica cosa che ho un po' di preparato è l'introduzione, che poi collego a una traccia randomica. Salgo e, a seconda di quello che ho davanti agli occhi, scelgo sul momento il brano da mettere. Sono sicuro che quelle persone che oggi sono tristi per la chiusura dei locali, quando riapriranno i club, si divertiranno da matti. Ci manca la discoteca, ma torneremo, dobbiamo credere nel genere umano, dobbiamo fare gioco di squadra tutti quanti, essere l'uno la forza dell'altro. Vedrai, ci sarà una rinascita stupenda del clubbing, la gente sarà contenta di ballare. Sarà bellissimo, sono supergasato all'idea di quel momento"

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Gabriele Antonucci