La Resistenza compie 70 anni. In un’occasione così speciale consigliamo una lettura altrettanto speciale, come Racconti partigiani, il nuovo libro di Giacomo Verri, edito da Edizioni Biblioteca dell’Immagine.
Verri vive e lavora come insegnante di Lettere a Borgosesia, comune piemontese della provincia di Vercelli. È anche collaboratore per le pagine culturali de L’Unità e Satisficion, oltre che curatore della rubrica Radici e Dedali sulla rivista letteraria Zibaldoni e altre meraviglie. Noi lo abbiamo conosciuto qualche anno fa, grazie a Partigiano Inverno (Nutrimenti), il suo incantevole romanzo d’esordio finalista al Premio Calvino nel 2011.
A quattro anni di distanza eccolo ritornare in libreria, di nuovo sul tema delle Resistenza, con un libro dal titolo programmatico. Racconti partigiani è una piccola e commovente raccolta di storie ispirate e dedicate a chi si impegnò nella liberazione dal nazifascismo. Come nel suo precedente lavoro, anche qui Verri rievoca il passato attraverso un uso magistrale della lingua e dell’invenzione narrativa.
Usando le parole di Francesco Permunian, che ha firmato l’introduzione, il discorso di Verri con i suoi racconti non è tanto “la Resistenza in sé e per sé, argomento di studio e riflessione per chi fa di mestiere lo storico, bensì il tramonto dell’epopea resistenziale con la sua definitiva archiviazione”. Un tramonto a cui lo scrittore piemontese si ribella “come un giovane partigiano della penna”.
Non sono eroi irraggiungibili i protagonisti delle storie di Racconti partigiani. Sono uomini e donne, come potremmo essere tutti noi, che di fronte alla scelta tra la rassegnazione e la ribellione hanno virato verso l’opzione più dura e difficile, ma anche la più sapida di libertà e umanità. La cornice è quella cara al Verri, ossia i luoghi montani del suo Piemonte. Ma ciò che traspare di più sono i luoghi interiori di questi personaggi, le lotte interne, rese con un grande uso dei dialoghi e dei monologhi. Non è un libro di storia, ma il tentativo, a parer nostro riuscito, di restituire i meccanismi umani che hanno spinto Aldo, Augusto, Dora, Claudia, don Gianni, Gino, Vincenzo e tanti, tanti altri a riprendere in mano, spesso dolorosamente, la propria libertà.
