La vedova Winchester, spettri all’assalto – La recensione
Il nuovo film dei fratelli Spierig: brividi horror e grande Helen Mirren con veri fantasmi vendicativi e oscuri segreti di famiglia
Sfrenato, elegante, terrorizzante e perfino istruttivo. La Vedova Winchester (in sala dal 22 febbraio, durata 100’) dei fratelli australiani Michael e Peter Spierig semina tracce di ottimo cinema gotico frugando negli angoli più bui delle cronache legate alla celebre industria d’armi.
All'epoca e nei luoghi di questa storia - siamo nel primo Novecento a San Jose, California - la fabbrica Winchester non produce soltanto i famigerati fucili ma anche dei pàttini. Così, tanto per diversificare. E magari per liberarsi la un po’ coscienza dai propri spari e relativo codazzo di cadaveri.
Quella dimora vittoriana delirante e “infinita”
Questo non impedisce, alle povere vittime che non abbiano ancora trovato pace nell’aldilà, di vendicarsi e trasformarsi in spettri infestando la dimora di famiglia. Vale a dire la cervellotica casa vittoriana che Sarah Winchester (Helen Mirren), erede della gigantesca fortuna aziendale e azionista di maggioranza della società, edifica – pare influenzata da menti occulte - trasformando una fattoria di otto camere in un delirante immane labirinto perennemente in progress, con centinaia di stanze aperte o sbarrate, scale cieche e trappole d’ogni risma.
Tanto stravagante la sua condotta, oltremodo rigata da asserite visioni fantàsmiche, da farla credere matta: specie agli occhi di azionisti e parentado i quali, paventando il rischio d’una débacle finanziaria decidono di metterle alle calcagna un medico per saggiarne la sanità mentale.
Presenze larvali in cerca di riposo eterno
Entra così in scena il dottor Eric Price (Jason Clarke), neppure lui troppo affidabile visto che tracanna laudano a tutto andare. Sicché, quando si stabilisce nella dimora e gli si para dinanzi una sarabanda di mostri urlanti, è il primo a credere che si tratti di allucinazioni indotte dalla droga ingollata. Salvo ricredersi, più in là e nel complice intrecciarsi del rapporto con Sarah, sulla natura davvero larvale di quelle apparizioni e, per così dire, sulle ragioni che spingono i fantasmi a cercare riposo eterno e uno straccio di giustizia da chi li ha ridotti in quello stato.
Una “casa stregata” per turisti in cerca di emozioni
Price ha una duplice funzione: da una parte, nella storia in sé, deve capire se Sarah Winchester è pazza o meno, optando per la seconda ipotesi nel furioso procedere degli eventi e nella loro innegabile evidenza; dall’altra parte, nella struttura del film e nell’articolarsi della sceneggiatura, ha ruolo di “narratore”, cioè di testimone di fatti realmente accaduti in quella bizzarra enorme magione, intrigante a vedersi da fuori, infernale da vivere dentro. Tanto da farla considerare, ancora adesso, “casa stregata” e mèta ambita di un turismo in cerca di brividi o, al più, di esperienze originali.
Terrore e follia nel mondo ribollente del “ghost”
Insomma, roba intrigante. Sulla quale i due Spierig si fiondano con la loro ormai assodata vocazione horror, mostrando di maneggiare la materia con grande confidenza e un tocco di follia: percuotendo gli strumenti classici del terrore come hanno già fatto in Saw: Legacy e in Predestination (e, ancora prima, nell’incredibile Undead che pochi hanno avuto la fortuna di vedere nel 2003) e affondando i colpi nel mondo ribollente del ghost con lo stesso inquietante piglio dei giapponesi maestri dell’arcano nel loro genere kwaidan.
Dunque fantasmi certificati, varianti demòniche, qualche balzo garantito sulla poltrona del cinema e felice messa a fuoco delle giuste evidenze ambientali e di rappresentazione. Poi c’è Helen Mirren. Luminosa, anzi abbagliante. Domina il film e lo schiude all’invasione delle tenebre.