La storia di Tito, il levriero che non vuole correre

La storia di Tito, il levriero che non vuole correre

Oggi parliamo di levrieri, quei cani bellissimi, eleganti aggraziati, quelli che corrono, per intenderci. Oggi ne parliamo con Tito (nella foto qui sopra con me), che è un levriero e che mi ha raccontato la sua storia: una …Leggi tutto

Oggi parliamo di levrieri, quei cani bellissimi, eleganti aggraziati, quelli che corrono, per intenderci. Oggi ne parliamo con Tito (nella foto qui sopra con me), che è un levriero e che mi ha raccontato la sua storia: una storia di corse, di cinodromi e di allevamenti ma anche di tanta sofferenza. La storia di Tito è iniziata in un allevamento in Inghilterra e poi è continuata in Italia, con un bel lieto fine, per fortuna. Eccola.

Come sei arrivato in Italia?
Sono arrivato dall’Inghilterra su un camion pieno di levrieri. Eravamo stati esclusi dalle corse e destinati all’adozione. Avevo circa 5 anni e fino ad allora non avevo mai avuto rapporti affettivi con l’uomo. Nella mia vita c’erano soltanto le corse e l’allenamento.

Che vita è quella del levriero da corsa?
Una vita militaresca: orari fissi, molto allenamento, non ci sono le “coccole” come per gli altri cani, ma al massimo qualche massaggio, per preparare i muscoli a correre. E poi: gare. Tantissime gare. Prima di arrivare in Italia, non sapevo cosa fosse una famiglia: c’erano solo il mio allevatore e gli allenatori. Non sapevo cosa fosse una casa. Ero un po’ alienato dalla vita che ero costretto a fare.

E l’impatto con una vita in famiglia com’è stato?
Appena arrivato, ho cambiato nome. Il mio nome da corridore era Eastpark Troy, ma in realtà nessuno l’aveva mai usato. E così sono diventato Tito, per tutti. Ci è voluto un po’ di tempo perché mi fidassi: la sola presenza di estranei, per strada o in casa, mi faceva rizzare il pelo, tenevo la coda fra le gambe e le orecchie abbassate. Ora, a distanza di sei dall’adozione sono più sereno: gioco, mi piace essere accarezzato e mi avvicino agli estranei (anche se ancora con un po’ di circospezione).

Che fai ora che non ti preoccupi più delle corse?
A differenza di quello che si possa pensare, i levrieri sono molto pigri. Anche se quando corriamo sembriamo nati per fare questo, in realtà non amiamo follemente la corsa, almeno non più di altri cani. Perciò, ora che le gare non sono più il mio primo pensiero, mi piace starmene per conto mio, riposare il più possibile.

Sei un tipo solitario?
Sì, in effetti sono poco socievole con gli altri cani. Quando ero un corridore la pressione competitiva era molto forte: correvamo con le museruole perché non ci mordessimo fra noi. Vedevo gli altri cani come avversari, non come amici.  Non sono un tipo paziente e non gioco volentieri con i cani più giovani. Poi detesto “fare la lotta”, anche per gioco: non sopporto che mi saltino addosso. Sai, ho la pelle molto sottile e basta pochissimo perché anche giocando mi faccia davvero male. Per questo cerco di evitare il contatto con gli altri cani.

Ecco perché quando ci siamo incontrati hai fatto finta di non vedermi!
Lo so, faccio così a volte. Pur di non farmi notare, divento un camaleonte: fermissimo e poi, nel caso scappo via velocissimo, seminando in un batter d’occhio ogni cane.

Sembri tutto serio, magro ed elegantissimo, ma scommetto che c’è qualcosa di buffo in te che non mi stai ancora dicendo…
Sì, in effetti, c’è una cosa davvero buffa di me… Quando sono felice rido, sul serio. Hai mai visto un altro cane farlo? Sbatto i denti in una specie di sorriso.

Mandatemi le vostre storie, e vi intervisterò qui come Tito nel mio blog!

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Hashtag

Sono un filosofo, un blogger. E sì, anche un cane. Vi racconto la mia vita: quello che faccio (e penso), senza peli sulla lingua. Sono arrivato dalla Sicilia a Milano sul sedile di un' automobile, sdraiato sulle gambe di un'amica, avevo 4 mesi. Credo di essere nato sui Monti Iblei. La mia amica l'avevo trovata fra gli ulivi e mi ha portato nelle braccia della mia nuova famiglia. Voglio bene a tutti loro anche se a volte ancora non li capisco. Certo, mi hanno insegnato a scrivere e io dopo due o tre giorni ho capito dove dovevo fare la pipì. Mi chiamo Hashtag e sono il primo cane blogger del web.

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