George Michael, 3 anni senza: i 3 album indimenticabili
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Musica

George Michael, 3 anni senza: i 3 album indimenticabili

Troppo spesso si associa l'artista inglese agli anni Ottanta, mentre i suoi capolavori appartengono prevalentemente al decennio successivo

"Faith" resta il suo maggiore successo commerciale con 25 milioni di copie

George Michael, morto tre anni fa a 53 anni, è stato un artista libero, coraggioso, in grado di anticipare mode e tendenze musicali. Pensiamo a un brano fresco come Wham Rap! (Enjoy What You Do) del 1982, che mescolava con naturalezza pop e rap, una pratica diffusasi a macchia d’olio soprattutto negli anni Novanta.

L’album Songs from the Last Century del 1999, composto da cover in chiave jazzata di canzoni di Nina Simone, Police e U2, ha aperto la strada al successo pop di crooner come Michael Bublé, Jamie Cullum e Harry Connick.

Con Older e Patience, George ha virato verso un pop-jazz raffinato e maturo, pur senza rinunciare ad irresistibili brani dance, con sonorità modernissime, come Fastlove, Freeek! e Flawless (Go to the City). Troppo spesso si associa George Michael agli Wham! e agli anni Ottanta, dimenticandosi che i suoi capolavori appartengono prevalentemente al decennio successivo. 

Vediamo insieme i tre album più belli di George Michael, tre gemme incastonate all'interno di una carriera luccicante. [Cliccare sopra su Avanti]

1) Older (1996)

Se c’è un album in cui emerge compiutamente tutta la statura artistica di George Michael, quello è Older del 1996, il primo realizzato per la Virgin Records, un ulteriore passo in avanti rispetto al già eccellente Listen without prejudice realizzato sei anni prima. Anticipato dalla commovente bossa nova Jeus to a child, sei minuti di brividi caldi dedicati al compagno Anselmo Feleppa morto di Aids nel 1993, Older è un album straordinariamente coeso, denso, pervaso da un’atmosfera cupa e fumosa da jazz club degli anni Sessanta, ravvivato da elettronica, samples di batteria, sintetizzatori e programmazioni che conferiscono al disco un sound contemporaneo . Sarebbe davvero riduttivo bollare semplicemente come pop canzoni del livello di The Strangest Thing, To be forgiven, la title track Older e la splendida You have been loved, struggente ballad che oggi suona quasi come l’epitaffio vergato con le lacrime dai suoi fan. Non che manchino brani più movimentati, come l’irresistibile Fastlove, inno all'amore fugace in grado di galvanizzare ogni dancefloor, in perfetto equilibrio tra tradizione e modernità, la cadenzata Star People, che conferma l’idiosincrasia di George verso l’effimero mondo dello star system, e la jazzate Spinning the wheel e Move on, un invito ad andare sempre avanti, nonostante tutto, perché “la vita è così breve”.

2) Listen without prejudice vol.1 (1990)

Nel 1990, a tre anni dal trionfo mondiale di Faith, George Michael stupì tutti con un album scuro e introspettivo come Listen without prejudice vol.1 (Ascoltate senza pregiudizi), arrangiato, prodotto e scritto quasi totalmente dallo stesso George. Via il ciuffo mechato, l’orecchino a forma di croce e l’inseparabile giubbotto di pelle con le maniche jeans, George Michael si presentò in una nuova veste con lo splendida canzone di denuncia sociale Prayin’ for time corredata da  un video in cui non veniva mai inquadrato, così come nel successivo Freedom! ’90, diretto da un govane David Fincher, con protagoniste le supermodel Naomi Campbell, Christy Turlington, Cindy Crawford, Tatjana Patitz e Linda Evangelista. Allora anche i critici più feroci degli Wham e del suo album di debutto si accorsero delle sue doti vocali fuori dal comune, della sua capacità di scrittura e delle sue qualità di crooner, grazie a un pop raffinato e di spessore, che gli ha permesso di vendere in carriera 90 milioni di dischi e di orientarsi sempre più verso sonorità jazzy, come nel capolavoro Older del 1996 o nell’ultimo album Symphonica.  Listen Without Prejudice Vol. 1 rimane un disco senza tempo, composto da  brani fortemente autobiografici come Freedom! ’90 in cui George cantava: “C’è qualcosa di profondo dentro di me/c’è qualcuno che mi sono dimenticato di essere”. Nell'album troviamo influenze che vanno da Marvin Gaye a Stevie Wonder, dai Beatles ai Rolling Stones, dai Primal Scream a Martin Stephenson and The Daintees. In Cowboys and Angles troviamo quello swing che troverà il suo pieno compimento in Older, mentre in Heal the pain l'artista inglese mostra tutte le sue qualità come bassista, mostrando di avere più di un aspetto in comune con Paul McCartney. La critica ne fu entusiasta, ma l’album vendette molto meno di Faith, provocando la rottura con la Columbia.

3) Faith (1987)

Dalle note di organo di Faith, che suonano in modo ieratico Freedom degli Wham, introducendo così la contagiosa title track alla Bo Diddley, alle sensualissime Father figure e I want your sex, dal funky torrenziale di Monkey alla splendida ballad jazzistica Kissing a fool, George riuscì a dare a Faith un suono inconfondibile tra pop, dance e r&b, lanciandolo definitamente nell’empireo del pop accanto a Michael Jackson e Madonna. Dopo il concerto di addio di Wembley, davanti a 80.000 fan, George era ormai lanciatissimo nella sua carriera solista, ma forse neanche lui si aspettava un trionfo del genere: oltre 25 milioni di copie vendute, un Grammy Award come Album dell’anno e primo artista bianco a salire ai vertici della classifica americana di r&b.One More Try e Father Figure, due ballad a cui si devono migliaia di cuori trafitti da Cupido negli anni Ottanta, sono ancora oggi due classici del pop-soul, Hand to mouth strizza l’occhio a Billy Idol, Look At Your Hand è un omaggio al sound coevo di Elton John, ma il vero capolavoro del disco è la conclusiva Kissing a fool, magnifica torch song con voce, piano e contrabbasso in primo piano, che non avrebbe affatto sfigurato nel repertorio del grande Nat King Cole. "Quando ascolti un disco delle Supremes o dei Beatles -ha dichiarato George nel 1988- come fai a non capire che l'euforia di un buon disco pop è arte?". Un'euforia che ancora oggi, e probabilmente per molti anni a venire, promana dai solchi dei suoi dischi. 

 

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Gabriele Antonucci