Elton John, le sette vite di Rocketman
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Musica

Elton John, le sette vite di Rocketman

Il biopic nelle sale racconta molto ma non tutto della straordinaria carriera di Mister Piano Man

"Ok, sono un alcolizzato, un cocainomane sex addicted, bulimico e in preda allo shopping compulsivo". Si presenta così Rocketman, con un'inquadratura spietata sul momento più drammatico della parabola umana di Elton John. Un colpo allo stomaco per lanciare al mondo un messaggio chiaro ed inequivocabile.

Rocketman non fa sconti, non nasconde la polvere sotto il tappeto. Sul grande schermo c'è molto della vita reale di Sir Elton John, molta più vita reale di quella raccontata in Bohemian Rhapsody, intrigante ma anche edulcorato ritratto della storia dei Queen e di Freddie Mercury. Un gran bel film (girato in parte dallo stesso regista di Rocketman, Dexter Fletcher), un best seller mondiale, musicalmente ineccepibile, ma che però volutamente sorvola sugli aspetti più hard e controversi di ‘Freddie The King’. 

Non ho avuto una vita V.M. 13...

"Avrei anche potuto soprassedere su alcune storie di sesso e droga e rendere il biopic adatto a un pubblico di tredicenni. Ma c'è un dettaglio: io non ho avuto una vita V.M.13. questa è la pura verità: come avrei potuto far credere a qualcuno che dopo uno show bevevo un bicchiere di latte e andavo a letto?” ha scritto di suo pugno Sir Elton in una lettera-articolo a The Guardian.

In alcune scene sono disgustoso e insopportabile, ma nei momenti peggiori ero proprio così”. O meglio, era diventato così. In tre sole settimane. Aveva ottenuto solo qualche discreta recensione in Inghilterra, Elton, quando nell’agosto del 1970 salì su un aereo per Los Angeles. Destinazione Trobadour, il music club più importante della West Coast. Non c’era un vero pubblico per lui, ma una una platea selezionata di addetti ai lavori, tra cui il producer più influente di sempre, Quincy Jones, che nel 1983 produrrà Thriller, il capolavoro di Michael Jackson.

Una volta sul palco, Elton, accompagnato da due soli musicisti, si trasforma in un rocketman e sfodera una performance incendiaria da spericolato acrobata del pianoforte. Le recensioni del giorno dopo sono unanimi: “Questo inglese piccolo e dai grandi occhiali è il nuovo messia del rock”. In una sera, quel che era un musicista semisconosciuto, oltre che un ragazzo frustrato per il complicato rapporto con il padre Stanley, pilota della Royal Air Force, contrario a qualsiasi  ipotesi di carriera musicale per il figlio, diventa il futuro della musica.

Tornato in Inghilterra, dopo aver avuto la prima relazione gay della sua vita, inizia a scrivere una delle più formidabili sequenze di hit di sempre: Rocket Man, Tiny dancer, Daniel, Crocodile rock, Candle in the wind, Saturday night’s alright (for fighting), Don’t let the sun go down on me. Per cinque anni Elton perde qualsiasi punto riferimento, la sua vita diventa un rollercoaster tra sesso, droga, concerti, alcol, ansiolitici e una corte dei miracoli che gli ronza intorno senza soluzione di continuità.

Blackout

Quando tocca li punto di non ritorno, nel 1975, mette in scena un teatrale tentativo di suicidio: inghiotte decine di pillole di un sedativo e si tuffa nella piscina della sua casa di Los Angeles davanti ad amici e parenti urlando: “morirò entro un’ora”. Sei anni prima, nel 1969, sentendosi intrappolato in una relazione con una fanciulla che lo voleva assolutamente sposare, mise un cuscino nel forno, ci appoggiò la testa e aprì il gas. Lasciando però tutte le finestre di casa aperte… Lo trovo così Bernie Taupin, il paroliere, l’uomo che ha contribuito più di qualunque altro all’irresistibile ascesa di Mr. John. E che dopo la ‘scena del forno' scrisse uno dei suoi testi più ispirati: Someone saved my life tonight.  Quel qualcuno che aveva salvato il cantante non era però lo stesso Taupin, bensì il musicista inglese, Long John Baldry, che lo aveva convinto a rompere il fidanzamento. 

Si è commosso Elton John a Cannes, guardando se stesso magistralmente interpretato dall’attore gallese Taron Egerton (che oltre a recitare canta eccezionalmente bene tutti i classici del suo repertorio), e dopo gli interminabili applausi che hanno accolto la première del film. Con lui c’era il marito David Furnish, i suoi occhi e le sue orecchie sul set del biopic durante le infinite session di riprese. Con tutta probabilità, rivedendosi al cinema di fianco al suo compagno, sarà tornato con la memoria a quel giorno del 1976, quando, davanti a un giornalista di Rolling Stone, dichiarò: “Non credo ci sia niente di sbagliato nell’andare a letto con una persona del tuo stesso sesso. Penso che in fondo ciascuno di noi sia un po’ bisessuale”. 

Esagerato, eccessivo, autodistruttivo, capace di spese folli: questo è stato Elton John fino all’inizio degli anni Novanta, un genio della musica, straordinariamente prolifico, che trasformava in realtà ogni suo desiderio, ogni suo capriccio. Compresi trecento paia di occhiali dalle forme più stravaganti spesso tempestati di brillanti e pietre preziose. Una causa in tribunale, andata in scena nel Duemila, che lo vedeva contrapposto alla società che si era occupata del suo management, svelò che tra l’inizio del 1996 e la fine del 1997 aveva dilapidato 293 mila sterline in fiori e piante… Spendeva come se non ci fosse un domani, a metà degli anni Novanta, ma la partita con alcol e cocaina era finalmente e definitivamente chiusa.

Dancing Queen

Tanto che il più popolare e controverso rapper del nostro tempo, Eminem, non ha esitato a chiedergli aiuto per disintossicarsi da droga e antidolorifici. E la Regina Elisabetta II gli ha conferito il titolo di Cavaliere per i servigi resi alla musica, alla cultura inglese e alla beneficenza (la Elton John Aids Foundation ha raccolto 150 milioni di dollari in pochi anni). Rocketman racconta molto dell’incredibile vita di Elton, ma non tutto.

Per farlo ci sarebbe voluto un film lungo dieci ore e soprattutto un accesso illimitato al mitico diario dove Elton scrive tutto, ma proprio tutto, dall’inizio degli anni Settanta. Forse, tra quelle pagine, ci sono tutti i dettagli di un momento cult che non ha nulla a che fare con le sbronze e gli stupefacenti, quando nel mezzo di un party reale al Windsor Castle, la regina Elisabetta si alzò e, dopo avergli chiesto se poteva unirsi alle danze, si mise a ballare con lui sulle note di Rock Around The Clock. “In quel momento ho pensato: quante possibilità ci sono che un ragazzo della periferia nord ovest di Londra si trovi di fronte alla Regina d’Inghilterra che si dimena a tempo di rock? Nessuna. Ma a me è successo”. 

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Gianni Poglio