vente-privee: così abbiamo trasformato le vendite in eventi
Economia

vente-privee: così abbiamo trasformato le vendite in eventi

Parla Jacques-Antoine Granjon, creatore del sito di flash sales che dalla Francia punta a conquistare tutta Europa

Un gorilla ci accoglie con aria minacciosa, ma capiamo quasi subito che è innocuo. Il gigantesco scimmione non è fortunatamente in carne ed ossa, ma una riproduzione in grandezza naturale realizzata dall’artista scozzese David Mach con centinaia, forse migliaia, di grucce appendiabiti.

No, non siamo in una galleria di arte contemporanea, ma nel quartier generale di vente-privee, il più importante sito di ecommerce di Francia, da qualche anno presente anche in Italia con una versione localizzata. Qui, a Plaine Saint Denis, a nord di Parigi, un tempo giravano le rotative di Le Monde, quasi un contrappasso per quella che è oggi una delle più importanti fabbriche digitali del Pianeta: 1,7 miliardi di euro di fattuato nel 2014, 24 milioni di iscritti in Europa, una media di 10.000 nuove registrazioni al giorno, 3,5 milioni di visitatori unici al giorno.

Quando la giacenza diventa una risorsa
La presenza delle opere di David Mach all’ingresso della sede dell’azienda non è casuale. Il fondatore, nonché Presidente e Direttore Generale di vente-privee, Jacques-Antoine Granjon, è un grosso appassionato d’arte, senza contare che di grucce appendiabiti, nella sua vita, ne ha viste parecchie.

JAG, così lo hanno ribattezzato in patria, era ancora un giovane studente di economia quando iniziò a comprare e rivendere stock di vestiti girando in motorino per il decimo arrondissement di Parigi. Poi venne Internet e da qui l’intuizione di far evolvere quel mestiere in un business su scala globale.

"È un modello di business molto particolare che ho creato per smaltire le giacenze di magazzino, prodotti non venduti", ci spiega lo stesso Jacques-Antoine Granjon. "Siamo partiti con l’idea di offrire un servizio ai grandi brand e vogliamo continuare su questa strada. Solo così possiamo costruire un margine soddisfacente, che ci permetta di avere profitto".

C'è chi raccoglie soldi, e chi li fa
Le parole di Jacques-Antoine Granjon suonano quasi come una mezza stoccata a tutte le piccole e grandi realtà dell’e-commerce che in questi anni hanno provato a copiare il business di vente privee, con risultati in molti casi evanescenti.

"Ci sono tante altre società che praticano le flash sales nel mondo ma nella maggior parte dei casi si tratta di player che non fanno soldi, si limitano a raccoglierli. Il fatto è che hanno cambiato, anche se di poco, il modello di business, fanno flash sales solo per vendere abiti. Noi non ci riconosciamo in questo approccio, vendiamo giacenze di brand, possono essere vestiti, vini, esperienze di intrattenimento o qualsiasi altra cosa, ma il punto è soprattutto uno: valorizzare l’inventario, qualcosa di raro e prezioso, qualcosa che non puoi acquistare a qualsiasi prezzo, a meno che tu non voglia snaturare il modello di business, riducendo il tuo margine o vendendo a prezzi più alti".

Gli investimenti? Vanno nella digital factory
Se il modello di business è rimasto pressoché invariato nel tempo, l’esperienza d’acquisto si è evoluta - e parecchio - grazie anche ai progressi del Web e delle nuove tecnologie. Oggi più della metà del fatturato di vente-privee è generato dal mobile e il 70% del traffico europeo arriva proprio dai dispositivi portatili.

"Il mio obiettivo - spiega il CEO della società francese - è portare sulla piattaforma 3 milioni di nuovi utenti ogni anno. Se progrediamo a questo ritmo, fra 10 anni potremmo avere 57 milioni di soci, il che significa generare da 5 a 10 milioni di vendite ogni giorno.

Jeff Bezos è un genio, un mago dell’innovazione, ha compreso ogni cosa dell’ecommerce

Numeri ambiziosi, non c’è che dire, soprattutto se si pensa che la società non spende un cent in pubblicità né ha mai pensato di far transitare le proprie offerte su Google.

Buona parte degli investimenti vengono qui dirottati nella cosiddetta digital factory, il campus tecnologico nel quale vengono ideate e realizzate le "vendite evento": 3600 metri quadri di spazi in cui lavorano senza sosta coordinatori delle operazioni di vendita, motion designer, sound designer, web designer, webmaster, fotografi, truccatori, parrucchieri, responsabili shooting e fotoritoccatori; c’è persino una band di tre musicisti che lavora giorno e notte per comporre da zero la musica giusta per ogni campagna.

“Le vendite evento su vente-privee hanno una durata limitata che va da 3 a 5 giorni ma dietro ogni campagna c’è un lavoro certosino che dura quasi un mese e coinvolge tutti i dettagli dell’esperienza di vendita”, ci spiega Pierre, uno dei responsabili del settore Artistic Design. "Abbiamo 60 postazioni fotografiche e 80 designer grafici che lavorano per creare campagne uniche ed esclusive per ciascun marchio. Lavoriamo di fatto come un’agenzia creativa che deve comprendere a fondo qual è il modo migliore per presentare i prodotti".

Quando l'acquisto nasce dalla sorpresa
Il tutto deve tradursi in quello che da queste parti si chiama effetto sorpresa, in quella capacità di generare bisogni anche laddove non ci sono o non sono manifesti. "Le persone vanno su vente-privee con la stessa curiosità con cui cercano le notizie sui giornali", ci spiega Granjon, "vogliono sapere cosa c’è di nuovo, quali sono gli sconti del giorno, può essere una borsa di Dolce e Gabbana, un viaggio, del vino, un prodotto alimentare, un’esperienza ricreativa.

Il desktop è morto, oggi gli utenti fanno acquisti mentre aspettano il bus o la metropolitana, abbiamo qualche minuto se non qualche secondo per colpire la loro attenzione

Ma, è bene precisarlo, non è il tentativo di creare un’alternativa europea ad Amazon. “Loro hanno inventato il commercio elettronico", puntualizza Granjon, "Jeff Bezos è un genio, un mago dell’innovazione, ha compreso ogni cosa dell’ecommerce. Il loro mestiere però è un altro: essere il più grande negozio digitale del mondo, il posto in cui l’utente può trovare qualsiasi cosa e riceverla in casa nel minor tempo possibile. Noi lavoriamo sulle giacenze. Questo non significa che non ci siano dei punti di contatto: abbiamo compreso molte cose da Amazon, penso ad esempio alla qualità del servizio, a quella delle consegne".

Basta l'Europa
L’espansione di Amazon, soprattutto fra i confini nazionali, è probabilmente uno dei motivi che hanno portato vente-privee a rinunciare quasi subito al sogno americano. "Ho deciso di abbandonare il mercato USA dopo avere perso circa 50 milioni di dollari, ho preferito fermarmi e concentrarmi sull’Europa. Credo che sia un mercato più che sufficiente per fare grandi cose, ci sono scenari molto differenti ma anche molto vicini fra loro".

Tutto, sottolinea il responsabile, si giocherà sulla creatività, sulla capacità di portare i prodotti davanti agli occhi degli utenti nel modo più efficace possibile. "Il desktop è morto, oggi gli utenti fanno acquisti mentre aspettano il bus o la metropolitana, abbiamo qualche minuto se non qualche secondo per colpire la loro attenzione".

"Certo", ammette il responsabile, "sarebbe tutto più facile se le regole e soprattutto le tasse fossero davvero uguali in tutta Europa”. Ma questa è un’altra storia. 

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Roberto Catania

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