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Economia

Vantaggi e svantaggi dello stato sociale

Perché assistenza sanitaria e sostegni mirati possono funzionare meglio del reddito di cittadinanza

Il dibattito sulle nuove forme di stato sociale non riguarda solo l'Italia, appena uscita da una campagna elettorale in cui le parole d'ordine sono state quelle della redistribuzione fiscale, del salario minimo e del reddito di cittadinanza, ma la maggior parte degli Stati avanzati. Un contributo del periodico statunitense The Atlantic offre spunti di riflessione interessanti che possono valere anche nel nostro Paese.

Lo stato sociale non ci rende più pigri

Secondo il giornalista americano Derek Thompson, occorre innanzitutto compiere un salto culturale e superare la nozione secondo cui il welfare renda indolenti, che negli Stati Uniti risale agli anni in cui il pensiero conservatore si opponeva alle grandi politiche di assistenza lanciate da Franklin Delano Roosevelt. Secondo questa vulgata, lo stato sociale risponderebbe solo all'imperativo morale di assistere chi è più povero e inciderebbe negativamente sui comportamenti individuali, demotivando gli assistiti dalla ricerca di un lavoro.

Assistenza sociale e ricerca autonoma di un lavoro

Gli studi citati dall'articolo proverebbero invece l'assenza di qualsiasi evidenza empirica di un rapporto di causa-effetto tra interventismo pubblico e propensione al lavoro. Anzi, sarebbe dimostrata, a particolari condizioni, una correlazione opposta. In altre parole, alcune categorie di assistiti si troverebbero facilitati e avrebbero più successo nella ricerca di un lavoro proprio in quanto aiutati dallo Stato. In particolare, le ricerche cui fa riferimento Thompson hanno dimostrato, ad esempio, che gli americani le cui famiglie avevano ricevuto assistenza sanitaria sin dalla loro più tenera età hanno tassi più bassi di obesità, tassi più alti di scolarizzazione e redditi più alti degli altri. In altre parole, crescere senza il pericolo di essere tagliati fuori dalla società di cui si è parte migliore le possibilità di successo nella vita, a beneficio non solamente proprio ma anche e soprattutto di quella comunità che non dovrà farsi poi carico dei costi per aiutare chi non ce l'avrà fatta.

Il welfare induce a lavorare di più

Secondo altre ricerche, anche il tentativo di ridurre il numero di ore lavorate può avere un impatto molto positivo nella società, perché, statisticamente, il "tempo libero" acquisito non viene speso per giocare al computer, ma per trascorrere più tempo con la famiglia (abitudine che comporta effetti positivi a catena sul benessere dei figli), e frequentare corsi di formazione, che permettono all'individuo di riqualificarsi per poi cercare di ottenere un lavoro migliore. La conclusione dell'autore è riassumibile in uno slogan: Welfare helps people work (Lo Stato sociale aiuta a lavorare), molto attuale nel particolare contesto degli Stati Uniti, dove persino l'accesso alla sanità di base viene contestato. Purtroppo, gli studi empirici sulle conseguenze dell'impatto del reddito di cittadinanza sono ancora troppo pochi per essere statisticamente rilevanti, e non è detto che un intervento di così ampia portata possa avere gli stessi effetti positivi di assegni mirati ad aumentare il benessere delle famiglie.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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