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Economia

Uber, tutti i guai del 2017

Aver insabbiato il furto di dati è solo l’ultimo avvenimento di un anno segnato da molte tappe negative

L'amministratore delegato di Uber, Dara Khosrowshahi ha ammesso che l'azienda è stata vittima nell’ottobre dello scorso anno di un maxi hackeraggio di dati relativi a 57 milioni di autisti e passeggeri. Per evitare la divulgazione dell’informazione, Uber ha pagato un riscattoda 100mila dollari ai pirati. La notizia fatto il giro del mondo, perché la legislazione di molti paesi prevede che i cittadini siano informati nel caso di violazione dei dati personali e, infatti, Stati Uniti, Regno Unito, Australia e Filippine hanno già aperto inchieste in proposito. Se non succederà nient'altro entro il 31 dicembre, per Uber si tratta dell'ultimo scandalo in un annus horribilis.

Gennaio: gli utenti cancellano l’app

 Il 2017, sottolinea il Guardiansi è aperto con la campagna #DeleteUber lanciata dagli utenti dopo che la società di ride sharing ha cercato di bloccare lo sciopero dei tassisti che protestavano all'aeroporto John F. Kennedy di New York in solidarietà con le persone affette dal bando sull’immigrazione siglato dal nuovo presidente Donald Trump. 

Febbraio: scoppia il caso Fowler

Nel mese di febbraio, è la volta del blog di Susan Fowler. L'ingegnere ed ex-dipendente dell’azienda, infatti, ha raccontato la propria esperienza nell'azienda e ha accusato Uber di una cultura fatta di goliardia, molestie e discriminazione di genere. Il post ha catalizzato commenti analoghi e ha acceso i riflettori sulla realtà del dietro le quinte di Uber. 

Marzo: lo scandalo Greyball

Poche settimane più tardi, il New York Times ha rivelato l'uso la parte di Uber del software Greyball che ha permesso di evitare controlli da parte delle forze dell'ordine nelle città dove il servizio veniva esercitato in violazione alle leggi e ai regolamenti esistenti. Fra i mercati coinvolti ci sono Stati Uniti, Francia, Italia, Australia e Corea del Sud.

Maggio: autisti sottopagati

Nel mese di maggio, Uber ha ammesso di aver sottopagato i suoi autisti di New York trattenendo commissioni più alte di quanto previsto. Gli autisti, dunque, hanno perso guadagni nell'ordine di circa 900 dollari ciascuno, per un totale di decine di milioni di dollari. L'azienda è stata chiamata in tribunale per i risarcimenti del caso.

Giugno: l’addio di Kalanick

Lo scandalo innescato dal blog di Fowler porta alle dimissioni del fondatore Travis Kalanick. Insieme a lui, se ne vanno anche altri manager e azionisti accusati di molestie sessuali. Come se non bastasse, si moltiplicano i casi di processi innescati in diversi paesi del mondo da clienti e dipendenti molestati. L’azienda si mette alla ricerca di un nuovo amministratore delegato.

Agosto: Singapore sotto i riflettori

Un’inchiesta del Wall Street Journal evidenzia debolezze del servizio anche sotto il punto di vista della sicurezza. Il quotidiano americano, infatti, riferisce che Uber ha acquistato mille Honda Vezel per il suo programma di leasing a Singapore, consapevole del fatto che si trattasse di un modello difettoso che, pochi mesi prima, aveva preso fuoco. 

Settembre: Londra blocca il servizio

È proprio per la mancanza le responsabilità aziendale che Uber ha perso la possibilità di rinnovare la licenza per operare a Londra, in scadenza a fine settembre. Si tratta di una decisione contro la quale Uber ha già fatto appello e che chiama in causa 40mila autisti e 3,5 milioni di passeggeri

Novembre: l'hackeraggio potrebbe costare caro

Infine, Joe Sullivan, chief security officer di Uber, è stato rimosso dall'incarico e, nonostante le scuse del ceo, la decisione di insabbiare il furto di dati potrebbe costare molto cara all’azienda che oggi è valutata 68miliardi di dollari. "Di solito le sanzioni sono collegate al numero di persone vittime del furto di dati”, spiega Gus Hurwitz, co-direttore presso l’Università del Nebraska del programma di legge in telecomunicazioni, spazio e digitale.

Per saperne di più:

- Uber: perché l’amministratore delegato se ne è andato

- Cosa succederebbe se Uber fallisse?


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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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